Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15623 del 27/07/2016
Cassazione civile sez. I, 27/07/2016, (ud. 26/05/2016, dep. 27/07/2016), n.15623
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –
Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PROME S.A.S. DI M. & C., M.E. elettivamente
domiciliati in Roma, via G. Palumbo, n. 3, nello studio dell’avv.
Francesco Borgese, che li rappresenta e difende unitamente all’avv.
Enrico Manè, giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
I.C.A.S. – INDUSTRIA CANAVESANA ATTREZZATURE SPECIALI S.P.A., GEFIN
S.R.L. elettivamente domiciliate in Roma, via Maria Adelaide, n. 8,
nello studio dell’avv. Roberto Minutillo Turtur, che le rappresenta
e difende, unitamente all’avv. Andrea Trinchera, giusta procura
speciale a margine del controricorso;
– controricorrenti –
per revocazione avverso la sentenza della Corte di cassazione n.
4739, depositata in data 31 gennaio 2012;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26 maggio 2016 dal Consigliere relatore Dott. Pietro Campanile;
Viste le richieste del Procuratore Generale, il quale ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 30 marzo 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.:
“Letto il ricorso indicato in epigrafe, con il quale viene impugnata per revocazione la decisione sopra specificata, deducendosi i seguenti motivi:
1 – Violazione degli artt. 134, 176, 377 in relazione agli artt. 395 c.p.c., comma 4 e art. 391-bis c.p.c., per omessa comunicazione dell’avviso di fissazione della pubblica udienza al domiciliatario della ricorrente, che aveva trasferito altrove il proprio studio;
2 – Violazione degli artt. 111 e 24 Cost., in relazione agli artt. 378, 379 e art. 395, n. 4, per non essersi consentito alla parte lo svolgimento di alcuna attività difensiva;
3 – Errore di fatto circa l’anteriorità di meccanismi inerenti al brevetto n. (OMISSIS), risultanti, in relazione ai disegni e una macchina c.d. Schneider, risalente all’anno 1980, anche da successive pronunce del Tribunale di Torino e del tribunale di Milano;
Letto il controricorso di ICAS S.p.a. e GEFIN S.r.l.;
OSSERVA:
Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, ravvisandosi la ricorrenza degli estremi, per le seguenti ragioni, per rilevare la sua inammissibilità.
Quanto ai primi due motivi, che per la loro intima connessione possono essere esaminati congiuntamente, va richiamato il costante orientamento di questa Corte secondo cui la violazione inerente all’omessa comunicazione dell’avviso di fissazione della pubblica udienza (art. 377 c.p.c., comma 2 e art. 135 disp. att. c.p.c.) da parte della cancelleria – non è riconducibile nella previsione dell’art. 395 c.p.c., n. 4 e art. 391-bis c.p.c. Infatti è stato affermato che la mancata notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione costituisce un error in procedendo, che non può dar luogo a revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione, per mancanza del requisito della decisività, non sussistendo un nesso causale diretto fra l’omessa notificazione dell’avviso dell’udienza di discussione e il contenuto della sentenza adottata dalla Suprema Corte (Cass., 18 luglio 2006, n. 16361; Cass., 22 luglio 2009, n. 17077; Cass., 16 luglio 2010, n. 16615, Cass., 22 dicembre 2011, n. 28280; Cass., 15 maggio 2012, n. 7625; Cass., 20 novembre 2015, n. 23832).
Con riferimento al terzo motivo, giova premettere che in tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, l’errore revocatorio si individua nell’errore meramente percettivo, risultante in modo incontrovertibile dagli atti del giudizio di legittimità e tale da aver indotto la stessa Corte di cassazione a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (od esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (od escluso) nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale, e non anche nella pretesa errata valutazione di fatti esattamente rappresentati (Cass., Sez. un., 30 ottobre 2008, n. 26022; Cass., 12 dicembre 2012, n. 22868; Cass., 9 dicembre 2013, n. 27451).
La configurabilità dell’errore di fatto, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, n. 4, presuppone che la decisione appaia fondata, in tutto o in parte, esplicitandone e rappresentandone la decisività, sull’affermazione di esistenza o inesistenza di un fatto che, per converso, la realtà obiettiva ed effettiva (quale documentata in atti) induce, rispettivamente, ad escludere od affermare, così che il fatto in questione sia percepito e portato ad emersione nello stesso giudizio di cassazione, nonchè posto a fondamento dell’argomentazione logico-giuridica conseguentemente adottata dal giudice di legittimità (Cass., 31 gennaio 2012, n. 1383): dall’ambito della revocazione resta esclusa qualunque erroneità della valutazione di fatti storici o della loro rilevanza ai fini della decisione.
Va, infine, rimarcata la necessità che l’errore revocatorio cada su di un fatto materiale: e per di più, quando oggetto della revocazione siano i provvedimenti di questa Corte, di un fatto materiale interno al giudizio di legittimità ed afferente ai suoi stessi atti.
Nel ricorso in esame la circostanza che sarebbe stata erroneamente esclusa viene indicata nell’esistenza di un meccanismo c.d. Schneider, che non viene affatto esaminata nella decisione di questa Corte impugnata per revocazione. Per il vero, l’unico accenno alla questione inerente alla predivulgazione del trovato di cui alla rivendicazione n. 5 è contenuto nell’esame del quarto motivo, dichiarato inammissibile – senza che sul punto siano avanzate in questa sede censure – “non rinvenendosi nel testo della sentenza alcun cenno in proposito”. La deduzione, per come proposta, affastellandosi rilievi desunti da decisioni emesse successivamente dai Tribunali di Milano e di Torino, sembra voler introdurre una nuova valutazione delle questioni di merito, senza tuttavia indicare l’errore di percezione che si sarebbe verificato nell’ambito del giudizio di legittimità.
Da quanto esposto sembra emergere in maniera abbastanza chiara la manifesta inammissibilità del ricorso”.
Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380-bis c.p.c.;
Rilevato che non sono state presentate memorie o, comunque, avanzati rilievi;
che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna le ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali, che liquida in complessivi Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 26 maggio 2016.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2016