Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15620 del 22/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 22/06/2017, (ud. 09/05/2017, dep.22/06/2017),  n. 15620

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7787-2016 proposto da:

CENTRO SPORTPIU’ CENATE SOTTO SPORTIVA DILETTANTISTICA SRL, (già NEW

FIT SPORTIVA DILETTANTISITCA SRL), in persona dell’amministratore

unico pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO PETRETTI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO BONOMI;

– ricorrente –

contro

POLEDIL SRL, in persona del legale rappresentante, elettivamente

domiciliato in ROMA, C.SO VITTORIO EMANUELE II 229, presso lo studio

dell’avvocato RAFFAELE BONFIGLIO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FRANCESCO FUGAZZOLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1254/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 16/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/05/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA

BARRECA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Brescia ha rigettato l’appello proposto da Centro Sportpiù Cenate Sotto Sportiva Dilettantistica s.r.l. (già New Fit Sportiva Dilettantistica srl) contro la sentenza del Tribunale di Bergamo, che – rigettando l’opposizione a decreto ingiuntivo avanzata dalla stessa società nei confronti della Poledil srl – aveva confermato il decreto ingiuntivo col quale era stata condannata a pagare in favore della Poledil srl la somma di Euro 58.300,00, quale corrispettivo per la realizzazione di tribune di allenamento ed allungamento tribuna del campo principale in comune di (OMISSIS);

la Corte, dato atto che la società opponente aveva contestato di avere commissionato i lavori oggetto della fattura posta a base del decreto ingiuntivo, ha ritenuto, così come il primo giudice, che “dalle tavole 4, 7 e 10 consegnate dal ctp di parte opponente al ctu”, emergesse come committente fosse proprio la società opponente; ha peraltro aggiunto:

– a) che risultava dagli atti di causa che la stessa difesa di New Fit (oggi Centro Sportpiù) aveva ammesso che le tavole erano state prodotte dal proprio consulente tecnico di parte ed aveva rilevato che “le tavole suddette era state elaborate al solo fine di ottenere il collaudo finale dell’intero Centro Sportivo (…)” e che sarebbero state successive alla fattura predetta;

– b) che quest’ultima dichiarazione dimostrava che le opere in contestazione erano state inserite nel collaudo finale, e che perciò si dovesse ritenere che erano state commissionate dalla New Fit e che questa ne avesse ricevuto il pagamento da parte del Comune;

ha perciò concluso per la fondatezza della pretesa di Poledil srl di ottenere il pagamento delle dette opere;

il Centro Sportpiù Cenate Sotto Sportiva Dilettantistica s.r.l. (già New Fit Sportiva Dilettantistica S.r.l.) propone ricorso con un motivo;

Poledil s.r.l. si difende con controricorso;

ricorrendo uno dei casi previsti dall’art. 375, comma 1, su proposta del relatore della sezione sesta, il presidente ha fissato con decreto l’adunanza della Corte, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

il decreto è stato notificato come per legge;

tutte e due le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con l’unico motivo di ricorso, deducendo “violazione e falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c., comma 4, art. 198 c.p.c. e art. 1659 c.c.”, la ricorrente riproduce il motivo d’appello col quale aveva contestato l’acquisizione delle “tavole” delle opere in base alle quali già il primo giudice aveva ritenuto che committente fosse la società Centro Sportpiù s.r.l., all’epoca opponente al decreto ingiuntivo notificato da Poledil s.r.l. per il pagamento del loro corrispettivo;

in particolare, ripropone la censura per la quale – poichè si tratta di documenti consegnati dal consulente tecnico della stessa parte opponente al consulente tecnico d’ufficio, oltre i termini preclusivi fissati per le produzioni documentali e comunque senza il tramite del procuratore – i documenti stessi non avrebbero potuto essere utilizzati;

il motivo non coglie la ratio decidendi della sentenza: il giudice ha equiparato detta produzione documentale a tutti gli effetti a “proprie (id est, della società opponente) produzioni della cui valenza non ha poi titolo per dolersi, nè ha titolo per lamentarne la tardività”, non solo perchè effettuata dal consulente tecnico di parte, ma anche e soprattutto perchè riconosciuta come propria ed utilizzata a sostegno di argomenti difensivi dalla stessa difesa della società, per come detto sopra sub a);

poichè nè questa affermazione del giudice nè quella ulteriore che sorregge la decisione (pure sopra riportata sub b) sono censurate, il ricorso va dichiarato inammissibile;

giova peraltro aggiungere che gli argomenti difensivi della ricorrente sono privi di fondamento giuridico sol che si consideri l’art. 157 c.p.c., u.c., per il quale, tra l’altro, “la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa”. Orbene, qualora si assuma che la sentenza sia viziata per essere fondata su documenti inutilizzabili, altro non si deduce, appunto, che la nullità della sentenza, e del relativo procedimento di acquisizione della prova. Ne consegue che -contrariamente a quanto si legge sia in ricorso che in memoria- non è affatto indifferente la provenienza della produzione documentale effettuata oltre i termini di legge: infatti, in applicazione dell’art. 157 c.p.c., comma 3, non è legittimata a dedurre la nullità della sentenza basata su documenti tardivamente prodotti, la stessa parte che abbia effettuato siffatta produzione documentale, anche per il tramite del proprio consulente tecnico di parte;

le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;

sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.500,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta civile – 3 della Corte suprema di cassazione, il 9 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2017

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