Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15620 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 04/06/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 04/06/2021), n.15620

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17764-2019 proposto da:

O.G., nella qualità di tutore di O.G.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CIRCONVALLAZIONE CORNELIA 65,

presso lo studio dell’avvocato PASQUALE GUARIGLIA, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato CLEMENTINA PULLI,

che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati PATRIZIA

CIACCI, MANUELA MASSA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 652/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata i129/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA

DE FELICE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte d’appello di Salerno, in sede di rinvio, previo espletamento di nuova CTU medico legale, ha confermato la sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore, negando a O.G., titolare di pensione di inabilità, il beneficio dell’indennità di accompagnamento;

la Corte territoriale ha accertato che il ricorrente, affetto da patologia di natura psichiatrica, era comunque in grado di attendere agli atti essenziali della vita quotidiana, e che l’impegno giornaliero che si richiedeva alla persona eventualmente delegata a supervisionare talune attività, tra cui l’assunzione quotidiana di farmaci, si limitava a un tempo minimo giornaliero;

la decisione ha ribadito che il presupposto legale dell’indennità di accompagnamento consiste non già nella mera difficoltà di compiere gli atti della vita quotidiana, bensì nell’impossibilità di por mano agli stessi;

la cassazione della sentenza è domandata da Giuseppe O., nella qualità di tutore di O.G., sulla base di un unico motivo;

l’Inps ha depositato controricorso;

il Ministero dell’Economia e Finanza è rimasto intimato;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con un unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente contesta la violazione o falsa applicazione della L. n. 18 del 1980, art. 1 e della L. n. 508 del 1998, art. 1;

parte ricorrente censura la sentenza impugnata per aver erroneamente valutato le conseguenze derivanti dalla grave patologia psichica da cui è affetto O.G., ritenendo comprovata la capacità di questi di attendere alle attività quotidiane della vita sulla base del solo indicatore relativo alla possibilità di assunzione dei farmaci giornalieri senza ausilio;

contesta alla Corte territoriale di non aver tenuto conto della ratio solidaristica, di matrice assistenziale, sottesa all’istituto dell’accompagnamento, diretto ad alleviare le sofferenze dei nuclei familiari con soggetti affetti da gravi infermità, i quali necessitano di un continuo controllo, al tempo stesso consentendo ai medesimi di permanere all’interno della famiglia;

il motivo è inammissibile;

nel caso che ci occupa, la valutazione del giudice del merito, resa sulla base delle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, ha tenuto conto di quanto affermato da questa Suprema Corte circa i presupposti utili a beneficiare dell’indennità di accompagnamento, consistenti nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore e nell’impossibilità di compiere gli atti della vita quotidiana, non ritenendo sufficiente la mera difficoltà nel realizzarli;

la Corte territoriale ha accertato che O.G. è in grado di provvedere alla propria igiene personale, di soddisfare i propri bisogni fisiologici, vestirsi e svestirsi, assumere i pasti, effettuare in sufficiente autonomia tutto quanto attiene alle necessità minime essenziali della quotidianità; che l’eventuale aiuto da parte del familiare o di persona delegata a supervisionare la corretta assunzione della terapia farmacologica (attesa la totale capacità di O. di provvedervi in autonomia), somministrata con cadenza non giornaliera bensì al bisogno, non comporta di certo un impegno di tempo continuativo, là dove l’accompagnamento presuppone la necessità di far ricorso all’aiuto di terzi nella giornata ogni qual volta il soggetto debba compiere una determinata attività quotidiana senza la cui assistenza essa non sia materialmente attuabile;

anche con riguardo al tipo di patologia psichica da cui è affetto il ricorrente, la Corte territoriale ha accertato, sempre sulla scorta delle risultanze peritali, che essa non sia di gravità tale da far ritenere necessario l’accompagnamento, non possedendo le caratteristiche della psicosi cronica che si manifesta con allucinazioni e delirio, per la quale è stato giudicato ammissibile il beneficio in questione;

si tratta di un giudizio compiutamente formulato, logicamente e tecnicamente corretto, nonchè in linea con le norme di legge nell’interpretazione offertane da questa Corte, sicchè nessuna violazione delle stesse è, nel caso in questione, riscontrabile;

in realtà, le prospettazioni del ricorrente deducono solo apparentemente una violazione di legge, là dove mirano, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito; esse si infrangono, perciò, di fronte al principio secondo cui, nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali e assistenziali derivanti da malattie dell’assicurato, l’apprezzamento del giudice di merito basato sui risultati dell’indagine peritale, nonchè la valutazione in ordine alla obiettiva esistenza delle infermità, alla loro natura ed entità, costituisce un tipico accertamento di fatto, sindacabile in sede di legittimità solo per vizio di motivazione (Cass. n. 18931 del 2019, Cass. n. 1652 del 2012, Cass. n. 569 del 2011, Cass. n. 9988 del 2009), ed ora deducibile unicamente nei ristretti parametri indicati dall’art. 360 c.p.c., n. 5, nell’interpretazione datane dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. Un. 8053 del 2014);

al di fuori da tale ambito, le censure costituiscono un mero dissenso diagnostico non attinente ai vizi del processo logico che sorregge la decisione e si traducono in un’inammissibile richiesta di rivalutazione del merito del convincimento del giudice;

va, pertanto, nel caso in esame, data attuazione al costante orientamento di questa Corte, che reputa “…inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito” (cfr. ex multis, Cass. n. 18931 del 2019, Cass. n. 18721 del 2018, Cass. n. 8758 del 2017);

in definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile;

non si provvede alle spese del presente giudizio per la sussistenza della dichiarazione di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c., avente ad oggetto l’esenzione dal pagamento delle spese, competenze e onorari nei giudizi per prestazioni previdenziali in capo al soggetto che versi nelle condizioni reddituali per poterne beneficiare (D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11 conv. con modifiche nella L. n. 326 del 2003), il cui scopo è quello di non scoraggiare la proposizione di domande giudiziali attinenti alla materia della previdenza/assistenza (Cass. n. 15659 del 2019);

in considerazione dell’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

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