Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1562 del 20/01/2017
Cassazione civile, sez. VI, 20/01/2017, (ud. 06/12/2016, dep.20/01/2017), n. 1562
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20070-2015 proposto da:
D.I.G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CASSAZIONI, rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO
CHIUSOLO giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
S.E., S.A.G.M., elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA SARDEGNA 29, presso lo studio dell’avvocato
ALESSANDRO FERRARA, rappresentati e difesi dall’avvocato SILVIO
FERRARA giusta mandato in calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1022/2015 del TRIBUNALe di BENEVENTO
dell’8/5/2015, depositata il 22/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
06/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LUCIANA
BARRECA;
udito l’Avvocato Vincenzo Chiusolo difensore della ricorrente che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato Marina Rossi (delega avvocato Silvio Ferrara)
difensore dei controricorrenti che si riporta al controricorso.
Fatto
PREMESSO IN FATTO
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“a seguito di ordinanza con la quale la Corte d’Appello di Napoli ha dichiarato inammissibile l’appello ai sensi degli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c., viene qui impugnata l’ordinanza di inammissibilità.
Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che l’art. 348 ter c.p.c. prevede che, quando è pronunciata l’inammissibilità ai sensi degli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c., l’impugnazione si propone contro il provvedimento di primo grado. Questa Corte ha già affermato che l’ordinanza d’inammissibilità dell’appello ex art. 348 ter c.p.c., emessa nei casi in cui ne è consentita l’adozione, cioè per manifesta infondatezza nel merito del gravame, non è ricorribile per cassazione, neppure ai sensi dell’art. 111 Cost., trattandosi di provvedimento carente del carattere della definitività, giacchè il terzo comma del medesimo art. 348 ter consente di impugnare per cassazione il provvedimento di primo grado (così Cass. ord. n. 19944/14; cfr. anche Cass. ord. n. 7273/14 e ord. n. 8940/14 e numerose altre).
Il principio è stato ribadito dalle Sezioni Unite con la recente sentenza n. 1914/2016, con la quale si è affermato che l’ordinanza di inammissibilità dell’appello resa ex art. 348 ter c.p.c. è ricorribile per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, limitatamente ai vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale (quali, per mero esempio, l’inosservanza delle specifiche previsioni di cui all’art. 348 bis c.p.c., comma 2, e art. 348 ter c.p.c., comma 1, primo periodo e comma 2, primo periodo), purchè compatibili con la logica e la struttura del giudizio ad essa sotteso, ma resta non impugnabile per profili attinenti alla pronuncia di merito.
Nella specie, il provvedimento è stato emesso per infondatezza nel merito del gravame.
Il ricorso concerne, per la gran parte, il merito della decisione. Anche gli asseriti vizi di omessa pronuncia o di motivazione contraddittoria, cui si fa cenno nell’illustrazione del ricorso, attengono a questioni di merito, sulle quali il giudice di appello non si è soffermato, proprio perchè ha ritenuto che il gravame non avesse ragionevoli probabilità di essere accolto.
Il ricorso per cassazione avrebbe dovuto essere proposto avverso la sentenza di primo grado. Non è perciò ammissibile l’impugnazione della sola ordinanza.”.
La relazione è stata notificata come per legge.
Parte resistente ha depositato memoria.
Diritto
RITENUTO IN DIRITTO
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto della relazione.
Perciò il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Non sussistono i presupposti per la condanna della ricorrente per responsabilità processuale aggravata, come richiesto dai resistenti con la memoria conclusiva. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono invece i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida, in favore dei resistenti, in solido, nell’importo complessivo di Euro 15.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese processuali, IVA e CPA come per legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta civile – 3 della Corte suprema di cassazione, il 6 dicembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2017