Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15618 del 27/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 27/07/2016, (ud. 12/07/2016, dep. 27/07/2016), n.15618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 11423 del ruolo generale dell’anno

2012, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

domicilia;

– ricorrente –

contro

s.p.a. Centrale Immobiliare, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al

controricorso, dagli avvocati Angela Maria Odescalchi e Antonio

Michele Caporale, elettivamente domiciliatosi presso lo studio del

secondo in Roma, alla via Sardegna, n. 38;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, sezione 26, depositata in data 31 ottobre

2011, n. 113/26/2011;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data

12 luglio 2016;

uditi per l’Agenzia l’avvocato dello Stato Bruno Dettori e per la

società l’avv. Angela Roveda, per delega dell’avv. Angela Maria

Odescalchi;

udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore

generale DEL CORE SergiO, che ha concluso per il rigetto dei primi

due motivi e l’accoglimento dei restanti.

Fatto

In relazione all’anno d’imposta 2004, l’Agenzia delle entrate ha emesso nei confronti della s.r.l. Beta, incorporata poi dall’odierna controricorrente, un avviso di accertamento col quale ha recuperato maggiori ires, irap ed iva, facendo leva sullo scostamento dei ricavi dichiarati rispetto alle risultanze dello studio di settore rielaborati mediante la compilazione dei righi da D31 a D33 e da D37 a D59 del quadro “elementi specifici dell’attività”, precedentemente non compilati, e sul conseguente incasellamento dell’attività della società in cluster diversi da quello originario, sull’inquadramento del quale era stato sollecitato e si era svolto il contraddittorio.

La società ha impugnato l’avviso, ottenendone l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale. Quella regionale ha rigettato l’appello dell’ufficio, considerando che le peculiarità dell’attività svolta dalla società, consistente nell’acquisto alle aste fallimentari di immobili di norma non di pregio, giustificano lo scostamento dalle risultanze statistiche, escludendo la possibilità d’incasellare la società in uno specifico cluster dello studio di settore. A tanto ha aggiunto che gli elementi indiziari dall’ufficio non sono contrassegnati da precisione, gravità e concordanza.

Avverso questa sentenza propone appello l’Agenzia delle entrate per ottenerne la cassazione, che affida a quattro motivi, cui la società reagisce con controricorso.

DIRITTO 1.- Benchè correttamente formulato (contrariamente a quanto sostenuto in controricorso, in cui fumosamente se ne sollecita la dichiarazione d’inammissibilità), il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, col quale l’Agenzia si duole della nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., rimarcando l’omessa pronuncia, giacchè il giudice d’appello si sarebbe limitato a controllare la correttezza della motivazione di primo grado, senza esaminare nel merito le questioni devolute alla sua attenzione, è infondato.

Va richiamato al riguardo il principio già affermato da questa Corte (vedi, in particolare, tra le tante, Cass. 27 maggio 2011, n. 11710), secondo il quale non adempie il dovere di motivazione il giudice che non formuli alcuna specifica valutazione dei fatti rilevanti di causa, e, dunque, non ricostruisca la fattispecie concreta ai fini della sussunzione in quella astratta. Soltanto al cospetto della mancanza di valutazione il sillogismo, che distingue il giudizio, finisce per esser monco della premessa minore, e dunque necessariamente privo della conclusione razionale.

1.1.-Nel caso in esame, di contro, la Commissione tributaria regionale ha preso posizione sulle questioni in esame, ritenendo per un verso ingiustificata l’applicazione delle risultanze dello studio di settore e per altro verso affermando l’inidoneità degli elementi indiziari addotti dall’ufficio ad assurgere al rango di presunzioni.

2.-Inammissibile è poi il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, col quale l’ufficio si duole della nullità della sentenza, lamentando la ultrapetizione relativa alla carenza della motivazione dell’avviso di accertamento.

La censura non è difatti congruente con la decisione, che si fonda sull’inapplicabilità alla società dello studio di settore, in relazione alla quale la “carenza” dell’avviso di accertamento è argomento meramente servente.

3.-Sono, invece, fondati il terzo ed il quarto motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente, perchè strettamente connessi, con i quali l’ufficio lamenta che il giudice d’appello ha anapoditticamente escluso la mancanza di giustificatezza dello scostamento dell’attività della contribuente dalle risultanze dello studio di settore (terzo motivo), nonchè che altrettanto anapoditticamente ha escluso che gli elementi addotti dall’Agenzia a fondamento dell’accertamento siano privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (quarto motivo).

3.1.-Emerge dalle stesse difese spese dalla società in controricorso, nonchè dal testo dell’avviso di accertamento, integralmente riprodotto in ricorso, che l’avviso di accertamento è scaturito dall’incasellamento dell’attività della contribuente in cluster diversi da quello originario, in ordine all’inquadramento nel quale si era sollecitato il contraddittorio, che aveva avuto compiuto svolgimento. In particolare, l’avviso di accertamento richiama gli argomenti addotti a contrastare le considerazioni svolte dalla società nel corso del contraddittorio, concernenti l’inserimento di essa all’interno di un gruppo quotato.

Di tali argomenti, calibrati su precise circostanze di fatto e potenzialmente decisivi, non c’è traccia alcuna nella sentenza impugnata.

3.2.-Come nessuna traccia v’è degli ulteriori elementi addotti dall’Agenzia, consistenti, tra l’altro, nella modestia della percentuale di ricarico, nella circostanza che alcuni immobili risultavano ceduti sottocosto o con ricarico dell’8%, nel fatto che il margine sulle vendite arrivava appena a coprire le spese per i servizi prestati dalla controllante e dalle società collegate, gli oneri di gestione e quelli finanziari, nel fatto che, benchè fossero stati stipulati contratti preliminari, a fronte dei quali erano stati versati acconti o caparre, nessuna fattura era stata emessa, se non al momento dei rogiti definitivi, nella divergenza tra i prezzi convenuti e le quotazioni rilevate dall’osservatorio del mercato immobiliare, nel fatto che le perizie di stima redatte da società appartenente al medesimo gruppo ipotizzavano margini di guadagno sensibilmente superiori a quelli ottenuti.

4.-Occorre quindi che la fattispecie sia riesaminata alla luce di queste circostanze.

Il ricorso va in conseguenza accolto in relazione a questi profili e la sentenza cassata, con rinvio, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia.

PQM

La Corte:

rigetta il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo, accoglie il terzo ed il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2016

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