Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15616 del 22/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 22/06/2017, (ud. 09/05/2017, dep.22/06/2017),  n. 15616

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1913 2016 proposto da:

S.T., elettivamente domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE

CLODIA 80, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO PROSPERINI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.R., GENERALI ITALIA SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 8371/2015 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 05/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

depositata del 09/05/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA

BARRECA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

con la sentenza impugnata il Tribunale di Napoli ha rigettato l’appello proposto da S.T. nei confronti di D.R. e la S.p.A. Generali Italia, in nome e per conto della S.p.A. CONSAP F.G.V.S., avverso la sentenza del giudice di pace che aveva dichiarato prescritto il diritto al risarcimento del danno fatto valere dal S. in riferimento ad un incidente stradale accaduto il (OMISSIS);

il Tribunale ha ritenuto che la prescrizione fosse stata interrotta, ma che l’attore non avesse dato prova dei fatti costitutivi delle ragioni reclamate, reputando inammissibile la prova per testimoni così come richiesta con l’atto di citazione in appello; ha perciò rigettato il gravame, e quindi la domanda risarcitoria, con compensazione delle spese dei due gradi;

il ricorso è proposto dal S. con due motivi;

gli intimati non si difendono;

ricorrendo uno dei casi previsti dall’art. 375 c.p.c., comma 1, su proposta del relatore della sezione sesta, il presidente ha fissato con decreto l’adunanza della Corte, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

il decreto è stato notificato come per legge;

il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

col primo motivo, il ricorrente, deducendo “violazione degli artt. 2943 c.c., comma 1, e art. 2945 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, riproduce gli argomenti con i quali aveva contestato la dichiarazione di prescrizione contenuta nella sentenza di primo grado;

il motivo è inammissibile per carenza di interesse poichè il giudice di secondo grado, accogliendo le ragioni dell’appellante, ha reputato che la prescrizione fosse stata validamente interrotta e quindi il diritto al risarcimento del danno non fosse prescritto;

col secondo motivo, il ricorrente, deducendo “violazione dell’art. 244 c.p.c., dell’art. 163 c.p.c., n. 5, dell’art. 359 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, censura la decisione di inammissibilità della prova testimoniale;

il ricorrente sostiene che questa sarebbe stata validamente dedotta in appello mediante il richiamo dei numeri 1) e 2) della premessa dell’atto introduttivo del primo grado; che il giudice non avrebbe potuto rilevare d’ufficio l’inammissibilità della prova testimoniale; che l’art. 359 c.p.c., richiamato in sentenza, non si applicherebbe nel caso in cui il primo grado si sia svolto dinanzi al giudice di pace; che il principio di autosufficienza dell’atto di impugnazione (cui ha fatto riferimento il Tribunale) si applicherebbe al ricorso per cassazione, non anche all’appello;

il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato;

è inammissibile nella parte in cui richiama il contenuto dell’atto di appello senza riportarlo espressamente in ricorso (non essendo sufficiente alla scopo la sintesi di cui alle pagine 4 e 8, perchè generica sul punto specifico concernente le modalità del richiamo del contenuto dell’atto introduttivo del primo grado di giudizio e perchè non risultano riportate le relative conclusioni);

è infondato nella parte in cui assume che il giudice non avrebbe il potere di rilevare d’ufficio l’inammissibilità della prova testimoniale, poichè l’art. 244 c.p.c. gli attribuisce esattamente la relativa delibazione;

è altresì infondato nella parte in cui assume che l’art. 359 c.p.c. non si applicherebbe all’appello dinanzi al Tribunale, poichè trattasi di norma applicabile a tutti i giudizi che si svolgano in fase di gravame;

il ricorso va perciò rigettato;

non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità poichè gli intimati non si sono difesi;

ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione sesta civile – 3 della Corte suprema di cassazione, il 9 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2017

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