Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15615 del 11/06/2019

Cassazione civile sez. lav., 11/06/2019, (ud. 27/03/2019, dep. 11/06/2019), n.15615

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Presidente –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2354/2015 proposto da:

Nam Costruzioni S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 70,

presso lo studio dell’Avvocato GIOVANNA PANSINI, unitamente

all’Avvocato CRISPINO IPPOLITO che la rappresenta e la difende in

virtù di delega in atti;

– ricorrente –

contro

F.L.E.;

– intimata –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, ESTER ADA SCIPLINO, EMANUELE DE

ROSE, GIUSEPPE MATANO, LELIO MARITATO.

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2807/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 20/12/2013 R.G.N. 1873/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio dal

Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

Fatto

RILEVATO

che, con la sentenza n. 2807/2013, la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della pronuncia resa il 14.6.2010 dal Tribunale di Termini Imerese, ha dichiarato che: a) F.L.E. aveva prestato attività di lavoro subordinato in favore di Nam Costruzioni srl nel corso di due distinti rapporti di lavoro, il primo dei quali si era svolto dal 19.1.2005 al 30.9.2006 ed il secondo dal luglio 2007 al gennaio 2008; b) che la Nam Costruzioni srl era obbligata al pagamento, nei confronti della F., dell’importo di Euro 7.170,45, a titolo di differenze retributive e di TFR per il rapporto intercorso dal 19.1.2005 al 30.9.2005, comprensivi di accessori fino al novembre 2013; dell’importo di Euro 6.992,86 a titolo di differenze retributive e di TFR per il rapporto di lavoro intercorso tra le parti, dal 21.7.2007 al 10.1.2008, sempre a titolo di differenze retributive e di TFR, comprensivi di accessori fino al novembre 2013; c) la Nam Costruzioni srl era creditrice nei confronti della F. dell’importo di Euro 2.800,00, compensando la detta somma con quelle dovute dalla società e condannando quest’ultima al pagamento dell’importo residuo nonchè a corrispondere, in favore dell’INPS, le relative differenze retributive, con riguardo ai sopra indicati rapporti di lavoro, con le sanzioni civili e gli ulteriori accessori;

che avverso la decisione di 2 grado ha proposto ricorso per cassazione la Nam Costruzioni srl affidato a due motivi; che F.L.E. e l’INPS, quest’ultimo resistente con mandato, non hanno svolto attività difensiva;

che il PG non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso per cassazione, in sintesi, si censura:

1) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata e del procedimento di appello per la mancata trattazione di parte dei motivi di appello nonchè la contraddittorietà della sentenza, per avere la Corte di merito omesso di effettuare una valutazione complessiva sull’attendibilità dei testi S. e C., che si imponeva in relazione alla macroscopica e massima incongruenza comune alle due deposizioni con riguardo a specifici punti della controversia;

2) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2730 e 2734 c.c., nonchè la violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116 e 117 c.p.c. e degli artt. 2094, 1363, 1366 e 2697 c.c., perchè, sugli stessi fatti storici su cui le deposizioni dei testi avrebbero dovuto essere valutate in relazione alla loro attendibilità, erano stati male interpretati ed accertati dalla Corte di merito, in modo illogico ed isolando non correttamente, da un punto di vista giuridico, alcune affermazioni testimoniali, senza attribuire alle stesse il loro effettivo significato;

che il primo motivo è inammissibile.

In primo luogo va esclusa la denunziata nullità della sentenza perchè la Corte territoriale ha effettuato in più occasioni una adeguata e congruamente motivata valutazione sull’attendibilità di un teste anzichè di un altro, ponendo a base di tale accertamento riscontri oggettivi individuati sulla più lunga esperienza lavorativa, sulle modalità di conoscenza delle circostanze ovvero sulla acquisizione diretta o de relato dei fatti. In secondo luogo, deve sottolinearsi che il giudizio di attendibilità dei testi, come la scelta tra le varie risultanze probatorie di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad una esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (cfr. Cass. 4.7.2017 n. 16467; Cass. 2.8.2016 n. 16056);

che il secondo motivo è, invece, infondato perchè, da un lato, giova precisare che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa – come si evince dalla stessa formulazione della censura – sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. 22.9.2014 n. 19881); dall’altro, va rilevato che le censure, ancorchè svolte sotto il profilo della violazione di legge, si sostanziano in una critica sulla ricostruzione dei fatti operata dalla Corte di merito che è stata adeguatamente motivata: con la proposizione del ricorso per cassazione, infatti, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento di fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito (Cass. 7.4.2017 n. 9097; Cass. 6.4.2011 n. 7921).

Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha offerto motivatamente una propria versione dei fatti oggetto della lite e, in particolare sulla data dell’inizio del primo rapporto lavorativo e ha argomentato di conseguenza esaminando le risultanze istruttorie, cosicchè, sotto tale profilo, risulta incensurabile in questa sede;

che, alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato;

che nulla va disposto in ordine alle spese di lite non avendo l’intimata e l’INPS svolto attività difensiva; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 27 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2019

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