Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15614 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. II, 04/06/2021, (ud. 18/03/2021, dep. 04/06/2021), n.15614

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27368/2019 R.G. proposto da:

T.L., rappresentato e difeso dall’avv. Paola Nardini, e

dall’avv. Luciano Alberini, con domicilio eletto in Roma, Viale

Carso n. 77.

– ricorrente –

contro

TERNA – RETE ELETTRICA NAZIONALE S.P.A., in persona del legale

rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovanni

Gentile, Iolanda Gentile, Francesca Covone ed Elena Buson, con

domicilio eletto in Roma, Via Po n. 25/B.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 2529/2015,

pubblicata in data 29.10.2015.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 18.3.2021 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

T.L., proprietario di un fondo agricolo ricadente nel territorio dei Comuni di Cappella Maggiore e Fregona (in catasto al fl. (OMISSIS), alla particella (OMISSIS)), e situato in zona sismica di seconda categoria, ha convenuto in giudizio l’Enel s.p.a. (ora Terna s.p.a.) dinanzi al tribunale di Venezia, esponendo che la società convenuta aveva realizzato – a confine tra i mappali (OMISSIS) – un traliccio che fungeva da sostegno di tre linee di alta tensione, provocando fenomeni franosi e la distruzione di una carrareccia utilizzata per l’accesso alla part. (OMISSIS); che l’attore aveva ricostruito a proprie spese altra carrareccia, che l’Enel aveva iniziato ad utilizzare abusivamente per giungere alla zona ove era installato il traliccio.

Ha chiesto di ordinare alla convenuta la rimozione del traliccio o la messa in sicurezza dell’area, con condanna al pagamento della metà delle somme occorse per la realizzazione della nuova strada di accesso al traliccio.

L’Enel si è costituita in giudizio, contestando la domanda e proponendo riconvenzionale per il risarcimento del danno patito a causa degli impedimenti frapposti dall’attore all’esercizio della servitù sulla part. (OMISSIS).

Espletata c.t.u. ed esaurita la trattazione, il tribunale ha rigettato tutte le domande, compensando le spese.

La pronuncia, impugnata da entrambe le parti, è stata confermata in appello, ma con sentenza n. 17999/2010 questa Corte ha cassato la decisione in accoglimento del primo motivo del ricorso proposto dal T., rimettendo al giudice del rinvio il compito di effettuare le verifiche di stabilità generale non effettuate nei precedenti gradi di causa, dichiarando assorbite le altre censure.

Riassunta la causa, la Corte distrettuale di Venezia ha disposto la rinnovazione della c.t.u., nominando l’ing. M.. Il c.t.u., riconvocato per chiarimenti, ha rinunciato all’incarico e in sua vece è stato nominato altro tecnico, l’ing. G., che ha successivamente depositato una relazione integrativa.

All’esito, con sentenza n. 2529/2015, il giudice del rinvio ha respinto tutte le domande avanzate dal T., regolando le spese di giudizio.

Qualificata l’azione del ricorrente come denuncia di danno temuto e precisato che tutte le domande, incluse quelle proposte in via subordinate, si fondavano sull’asserita pericolosità del traliccio, la Corte territoriale ha ritenuto insussistente qualsivoglia pericolo di crollo del traliccio e di danno conseguente.

In particolare, respingendo i rilievi critici mossi alla relazione, la sentenza ha dato atto che il consulente tecnico d’ufficio aveva eseguito i calcoli di verifica statica e che i risultati ottenuti divergevano da quelli dei tecnici di parte non già per la diversità dei software utilizzati, ma esclusivamente per il fatto che era stata diversa la considerazione dello stato stratigrafico del terreno.

Con riferimento alla richiesta di pagamento di una quota dei costi necessari per la realizzazione della nuova carrareccia, ha invece considerato ostativo il fatto che il T. non avesse dimostrato di essere proprietario della part. (OMISSIS) su cui era stata realizzata la strada, precisando che la domanda di pagamento delle somme impiegate dal ricorrente non poteva essere accolta neppure in base alla previsione del R.D. n. 1775 del 1933, art. 123, norma che riguarda le indennità che competono per l’asservimento del fondo su cui è posto il traliccio, non spettando alcuna indennità per le limitazioni imposte sui fondi contigui.

La cassazione della sentenza è chiesta da T.L. con ricorso in cinque motivi, illustrato con memoria.

La Terna s.p.a. resiste con controricorso e memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia la violazione delle disposizioni della L. n. 64 del 1974 e del D.M. 21 gennaio 1981, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Secondo il ricorrente, la normativa antisismica impone l’effettuazione di una serie di verifiche, destinate a confluire nella relazione geologica e geotecnica, che devono necessariamente precedere la realizzazione di eventuali costruzioni. Invece, nello specifico, il traliccio era stato realizzato senza previa effettuazione delle indagini sulla stabilità del pendio, per cui il giudice del rinvio era tenuto a disporne l’abbattimento, non potendo sanare ex post l’illegittimità della struttura.

Il motivo è infondato.

L’effettuazione delle verifiche di stabilità generale dell’area ove era collocato il traliccio era stata prescritta dalla stessa sentenza di cassazione con rinvio n. 17999/2010, sull’implicita premessa che l’eventuale demolizione della struttura dipendesse non dalla mera omissione dei controlli preventivi di stabilità, ma dal riscontro di un effettivo rischio di crollo del traliccio e della pericolosità della struttura per i fondi circonvicini.

Dalla pronuncia di appello non era – difatti – dato evincere “se la sismicità della zona e l’omissione delle necessarie verifiche di stabilità generale fossero state compiutamente valutate in relazione a tutti i profili affrontati nella presente controversia e tanto, a fronte di una inosservanza della legislazione antisismica che dalle conclusioni del CTU appariva certa”, essendo assolutamente preliminare e preminente, a fronte di una denuncia di nuova opera e di danno temuto, porsi il problema relativo al se, nella prognosi conclusivamente non infausta del CTU circa il pericolo attuale di crollo, sia stata convenientemente tenuta presente l’elevata sismicità della zona e la mancanza di verifiche di stabilità generale prescritte obbligatoriamente dalla legislazione speciale” (cfr. sentenza di legittimità n. 17999/2010, pag. 3 e ss.).

Deve ribadirsi che dall’inosservanza delle prescrizioni tecniche volte a prevenire le conseguenze dannose del sisma deriva una presunzione di instabilità e, quindi, una situazione di pericolo permanente da rimuovere senza indugio (Cass. 10325/2008), ma la demolizione deve essere disposta solo ove non sia possibile eliminare il pericolo di crollo (Cass. s.u. 7396/1998; Cass. 6392/1999; Cass. 7670/2000; Cass. 4454/2019) e sempre che tale rischio sia in concreto sussistente.

Ogni qual volta i mezzi apprestati dalla tecnica consentano di rimuovere la situazione d’instabilità della nuova opera, non vi è alcuna ragione per disporre la demolizione: una tale misura si risolverebbe in sacrificio non necessario per la salvaguardia dell’integrità dell’immobile vicino (Cass. s.u. 7396/1998; Cass. 24141/2007) e non sarebbe – a fortiori – ammissibile in totale assenza di situazioni di rischio del rischio di danni.

Escluso in fatto qualsivoglia pericolo per la proprietà del ricorrente, la sentenza ha correttamente respinto la richiesta di demolizione o di messa in sicurezza dell’area, non trattandosi di sanare ex post un’opera illegittima, essendo insussistenti ab origine le violazioni dell’altrui proprietà denunciate in primo grado.

2. Il secondo motivo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo

per il giudizio e il vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, contestando al giudice del rinvio di non aver considerato che, nel corso delle operazioni svolte dal primo c.t.u. ing. M., anche i consulenti di parte avevano segnalato il rischio di crollo in situazione di particolare piovosità e imbibizione del suolo, suggerendo l’adozione di particolari cautele ed interventi di adeguamento e consolidamento di una nicchia.

La censura è infondata.

Nella pronuncia impugnata è effettivamente dato atto che il c.t.u. ing. M., pur escludendo il rischio di crollo del traliccio, aveva tuttavia prescritto, in accordo con i tecnici di parte, l’adozione di accorgimenti efficaci ad evitare in modo permanente una imbibizione inadeguata d’acqua del terreno di posa del manufatto (cfr. sentenza pag. 8), ma, di seguito, la Corte distrettuale, disposta l’acquisizione di chiarimenti sulle osservazioni dei c.t.p. e nominato altro tecnico, ha – in totale adesione alle conclusioni della relazione integrativa escluso del tutto il rischio di crollo e di danno alla proprietà del ricorrente, alla luce delle caratteristiche geotecniche del sistema fondazionale e del terreno e all’analisi dei risultati delle verifiche di stabilità eseguite dai tecnici.

Per giunta, come è evidenziato in atti (cfr. ricorso pag. 19 e controricorso pag. 18), nella c.t.u. integrativa era stato posto anche in rilievo che la distanza del traliccio dalla proprietà del ricorrente era tale da escludere un concreto pericolo per il fondo del T. anche in caso di evento sismico (cfr., ricorso, pag. 16), con apprezzamento delle condizioni di rischio tale da elidere e superare – minandone la stessa decisività – le osservazioni tecniche del primo c.t.u. e di quelle dei tecnici di parte, dovendo escludersi – anche sotto tale profilo – che il Collegio abbia trascurato circostanze decisive ai fini della decisione.

3. Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 62,156,157 e 194 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, sostenendo che il compito di svolgere le indagini suppletive di rispondere ai rilievi formulati dai c.t.p. era stato affidato un professionista – l’ing. G. – privo della necessaria competenza e che inoltre il consulente, senza dare risposta ai quesiti, non aveva neppure chiarito se il primo c.t.u. (l’ing. M.) avesse effettivamente eseguito le verifiche di stabilità generale, avendo questi dichiarato di non disporre del software di calcolo.

Il motivo è infondato.

Nessuna censura può muoversi alla scelta del consulente cui è stato affidato l’espletamento delle indagini integrative: le norme in materia hanno natura e finalità esclusivamente direttive, essendo detta scelta riservata, anche per quanto riguarda la categoria professionale di appartenenza del consulente e la competenza del tecnico incaricato a svolgere gli accertamenti, all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, che resta incensurabile in cassazione e che non richiede una specifica motivazione (Cass. 6050/2010; Cass. 19173/2015; Cass. 2103/2019).

2.1. La Corte territoriale ha esplicitamente negato che il primo consulente non avesse compiuto le verifiche di stabilità o che il tecnico incaricato non disponesse del software di calcolo (cfr. sentenza, pag. 12) e, comunque, per quanto detto, la pronuncia ha integralmente recepito le risposte ai quesiti rese dal secondo consulente, che aveva accertato l’insussistenza di fattori di rischio per la proprietà T. anche in considerazione dell’esatto posizionamento del traliccio, con argomentazione del tutto esaustiva, assunta proprio sulla base della riposte ai quesiti date dal c.t.u. sulle questioni rilevanti per la definizione della lite (cfr., ricorso, pag. 16).

Essendo stata proposta un’azione di danno temuto (cfr., sentenza di legittimità n. 1799/2010, pag. 3), veniva in rilievo non un generico rischio collegato alla stabilità del traliccio per le persone che si trovassero occasionalmente a percorre i luoghi di causa, come infondatamente sostenuto dal ricorrente, ma un rischio specifico di danno alle proprietà immobiliari circostanti, rispetto al quale era rilevante anche individuare “l’esatto posizionamento del traliccio nel suo contesto” di cui fa esplicita menzione la sentenza (cfr., pag. 10), riportando testualmente le conclusioni della relazione integrativa.

4. Il quarto motivo denuncia la violazione del R.D. n. 1775 del 1933, art. 123, artt. 1068,949, e 2041 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la Corte distrettuale, invece di esaminarle nel merito, abbia ritenuto inammissibili le domande proposte in via subordinata, oggetto dei motivi di ricorso dichiarati assorbiti in sede di legittimità.

Quanto al merito, la sentenza avrebbe erroneamente ritenuto che la part. (OMISSIS) fosse gravata da un’autonoma servitù di passaggio, benchè Enel s.p.a. beneficiasse esclusivamente di una servitù di elettrodotto ai sensi del R.D. n. 1775 del 1933, art. 123. Di conseguenza, il T. non aveva alcun obbligo legale di ripristinare la carrareccia andata distrutta e in ogni caso, con la realizzazione della nuova strada a spese del ricorrente, Terna aveva conseguito un ingiusto arricchimento, dovendo corrispondere l’indennizzo previsto dall’art. 2041 c.c..

Il motivo è inammissibile.

Anzitutto la Corte distrettuale ha esaminato nel merito le domande subordinate, reputandole infondate e non già inammissibili, mentre ha dichiarato tardive esclusivamente le censure alle sentenza di appello formulate per la prima volta nel giudizio di rinvio, sicchè non nessuna violazione trova riscontro nella decisione impugnata nei termini evidenziati in ricorso.

Quanto al merito, la censura non si confronta con la ratio della pronuncia.

La Corte territoriale ha ritenuto che il ricorrente non avesse titolo ad essere indennizzato per l’esborso sostenuto, non avendo dato prova di essere proprietario della part. (OMISSIS) su cui era stata realizzata la nuova strada, e che non fosse applicabile neppure del D.P.R. n. 1775 del 1993, art. 123, norma che non prevederebbe alcun indennizzo per le limitazioni gravanti sui fondi non attraversati dall’elettrodotto. Nessun accenno si rinviene nella pronuncia circa la sussistenza di un obbligo del T. di ricostruire la carrareccia quale conseguenza del precedente asservimento della (OMISSIS): secondo il Collegio, era invece decisivo che la nuova strada fosse posizionata su un fondo diverso da quello in proprietà del ricorrente (cfr. sentenza, pag. 12). Quanto alla spettanza di un indennizzo a titolo di ingiustificato arricchimento, la questione non è esaminata dalla sentenza impugnata nè il ricorso chiarisce se e con quali modalità sia stata dibattuta nei gradi di merito, sicchè, per la sua novità, non può essere dedotta direttamente in cassazione.

5. Il quinto motivo denuncia la violazione dell’art. 92 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, contestando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, sull’assunto che, essendo emerso che il traliccio era stata realizzato senza la previa effettuazione delle verifiche di stabilita, sussistevano quantomeno i presupposti per la compensazione delle spese.

La censura è inammissibile.

Il giudizio si è concluso con l’integrale rigetto delle domande, principali e subordinate e con la soccombenza totale del ricorrente.

Sussistendo i presupposti applicativi per la condanna alle spese ai sensi dell’art. 91 c.p.c., la scelta del giudice di non disporne la compensazione era meramente discrezionale ed insindacabile in sede di legittimità.

Il controllo di questa Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è – difatti – limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale dette spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (Cass. 20.12.2017, n. 30592; Cass. 17.10.2017, n. 24502; Cass. 31.3.2017, n. 8421; Cass. 31.1.2014, n. 2149; Cass. 19.6.2013, n. 15317).

Il ricorso è quindi respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 7300,00 per compenso ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 18 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

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