Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15612 del 27/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 27/07/2016, (ud. 28/06/2016, dep. 27/07/2016), n.15612

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25024-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MAURO ACCESSORI SRL UNIPERSONALE, in persona del legale

rappresentante e socio unico, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

MONTE SANTO 2, presso lo studio dell’avvocato CARLONI SIMONA,

rappresentato e difeso dall’avvocato RITA CAVEZZUTI giusta delega a

margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 42/2010 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE,

depositata il 22/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/06/2016 dal Consigliere Dott. MARCO MARULLI;

udito per il ricorrente l’Avvocato MELONCELLI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle Entrate si duole delle determinazioni assunte dalla CTR Toscana in relazione all’appello da essa proposto avverso la sentenza con cui il giudice di primo grado aveva ridotto ad 1/3 la sanziona applicata alla contribuente a fronte dell’accertata inesistenza del credito IVA portato in compensazione.

La CTR, pur giudicando incensurabile l’operato dell’ufficio, “risultando evidente l’errore commesso dal contribuente nel calcolo trimestrale del credito IVA”, ha tuttavia ritenuto di affermare, sul rilievo dell’esistenza del credito e della sua compensabilità in sede di dichiarazione annuale, che l’infrazione imputata alla parte, “è da considerarsi come infrazione formale che non ha sottratto imposta all’erario”. La sanzione applicata nella specie ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 risulta perciò “del tutto esagerata” e va conseguentemente disapplicata, diversamente derivandone che verrebbero sanzionate nello stesso modo “fattispecie di gravità diversa”, l’una consistente nella utilizzazione di un credito inesistente, l’altra nell’utilizzazione di un credito esistente ma utilizzabile solo in sede di dichiarazione annuale.

Il ricorso erariale si vale di un solo motivo, a cui replica la parte con controricorso e memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1. Con l’unico motivo del proprio ricorso, l’Agenzia impugnante lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5-bis, e D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 1, in quanto la CTR, pronuciandosi nei riferiti termini, non ha considerato che “ciò che unicamente rileva è la circostanza che è stato utilizzato in compensazione un credito che alla data del pagamento non sussisteva”, sicchè non operando la compensazione si è determinato un omesso versamento di imposta sanzionato appunto con l’applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, essendo per vero evidente il danno ritratto dall’erario che ha incamerato VIVA a debito “in ritardo”.

2.2. Il motivo è fondato.

2.3. Questa Corte già investita della questione ha avuto modo di affermare con opinione a cui il collegio intende dare continuità – smentendo in tal modo anche il sospetto di incostituzionalità adombrato dalla CTR, atteso che si tratta non già di fattispecie di gravità diversa, ma di fattispecie del tutto equivalenti in quanto consistenti nel mancato versamento dell’imposta alla scadenza ex lege – che “in tema d’IVA, l’errata utilizzazione della compensazione in sede di liquidazione periodica, in assenza dei relativi presupposti, non integra una violazione meramente formale, neppure ove il credito d’imposta risulti dovuto in sede di dichiarazione annuale e liquidazione finale, poichè comporta il mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste e determina il ritardato incasso erariale, con conseguente deficit di cassa, sia pure transitorio, nel periodo infrannuale, per cui è sanzionabile ai sensi ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13” (23755/15).

2.4. Ne discende perciò che il diverso convincimento espresso dalla sentenza impugnata è fonte di manifesto errore, tanto che di essa si impone la doverosa cassazione.

3. Non essendo necessario procedere peraltro ad ulteriori accertamenti di fatto esaurendosi la res dedotta nel solo profilo sanzionatorio dell’illecito contestato, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto del ricorso introduttivo.

4. Le spese seguono la soccombenza in questo giudizio, mentre possono essere compensate riguardo ai pregressi gradi di merito, attesa la novità della questione rispetto al citato pronunciamento di legittimità.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, respinge il ricorso introduttivo; condanna parte intimata al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 1500,00, oltre spese prenotate a debito e ad eventuali accessori e compensa le spese dei giudizi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 5 sezione civile, il 28 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2016

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