Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15612 del 22/07/2020

Cassazione civile sez. I, 22/07/2020, (ud. 03/03/2020, dep. 22/07/2020), n.15612

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso n. 9618/2019 proposto da:

C.I., elettivamente domiciliato in Roma, alla via Ippolito

Nievo 61, presso l’avv. Rossella De Angelis, rappres. e difesa

dall’avv. Laura Arculeo, con procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 12/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/03/2020 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con decreto del 12.2.19, il Tribunale di Milano respinse il ricorso proposto da C.I., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento della Commissione territoriale di diniego della protezione internazionale ed umanitaria, osservando che: non sussistevano i presupposti dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, sub lett. a) e b), atteso che il racconto del ricorrente non era attendibile in ordine alla paventata persecuzione perchè ritenuto complice di ribelli i quali avevano assaltato dei negozi nel loro villaggio; non sussistevano i presupposti della protezione sussidiaria, sub lett. c) circa una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, sulla base dei report esaminati; non era riconoscibile la protezione umanitaria, non avendo il ricorrente allegato condizioni individuali di vulnerabilità. C.I. ricorre in cassazione con sei motivi. Il Ministero non si è costituito.

Diritto

RITENUTO

che:

Con il primo motivo si denunzia violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 10 e 11, nonchè dell’art. 111 Cost., art. 47 Carta di Nizza, art. 46 Direttiva n. 2013/32/UE, artt. 6 e 13 Cedu, per non aver il Tribunale disposto l’audizione del ricorrente nonostante l’indisponibilità della videoregistrazione, al fine di chiarire le dichiarazioni rese innanzi alla Commissione, considerando la possibilità che la situazione personale del ricorrente sia mutata nelle more del procedimento.

Con il secondo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 9, poichè il Tribunale non si era avvalso delle informazioni sulla situazione socio-politica del Senegal, di cui all’art. 8, comma 3, non avendo proceduto alla nuova audizione del ricorrente, mentre dai report internazionali si desume la grave situazione del Senegal in ordine alla violazione dei diritti umani.

Con il terzo motivo si denunzia la nullità del decreto impugnato per violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 3, non avendo il Tribunale pronunciato sulla questione della mancata informazione sul diritto del ricorrente di farsi assistere da un difensore e della omessa comunicazione dell’apertura del procedimento, nonchè per la mancata trascrizione delle conclusioni rassegnate.

Con il quarto motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 155 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., nonchè omessa valutazione delle prove offerte dal ricorrente in ordine alla protezione sussidiaria ed umanitaria, in quanto il Tribunale non ha tenuto conto dell’integrazione sociale raggiunta dal ricorrente, omettendo la comparazione tra la condizione di vita attuale e quella che vi sarebbe in caso di rimpatrio.

Con il quinto motivo si denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27 e art. 35 bis, comma 13, in quanto il ricorrente era stato convocato dalla Commissione territoriale dopo un anno e tre mesi dall’ingresso in Italia, mentre il decreto impugnato è stato emesso il 10.9.18 senza alcuna comunicazione.

Con il sesto motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., comma 2 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 6, 7, 8, lamentando, da un lato, che il Tribunale non avrebbe considerato e valutato la condotta della controparte, atteso che la Commissione non aveva messo a disposizione la documentazione utilizzata nella fase amministrativa, e dall’altro che il Pubblico Ministero aveva omesso di rassegnare le proprie conclusioni, ex art. 738 c.p.c., comma 2.

La causa va rinviata alla pubblica udienza con riguardo al primo motivo di ricorso, ponendosi in concreto la questione dei limiti del sindacato della Corte di cassazione sulla valutazione del giudice di merito di non procedere all’audizione del richiedente, questione già

rimessa alla pubblica udienza con precedenti ordinanze di questa Sezione.

P.Q.M.

La Corte rinvia la causa alla pubblica udienza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2020

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