Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15611 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. II, 04/06/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 04/06/2021), n.15611

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca Consiglie – –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25445/2019 proposto da:

K.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI OTTAVI 9,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO SCARINGELLA, che lo

rappresenta difende unitamente all’avvocato FABIO LOSCERBO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO PRO

TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso. AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 28/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/01/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con decreto del 28.5.2019, il Tribunale di Roma rigettò il ricorso di K.A. avverso la decisione della Commissione Territoriale di Roma di diniego della domanda di protezione internazionale nella forma del riconoscimento dello status di rifugiato, e, in subordine, della protezione sussidiaria e del diritto di rilascio di un permesso umanitario.

K.A., cittadina tunisina, aveva dichiarato di aver scoperto all’età di (OMISSIS) anni che i suoi genitori biologici non erano quelli che l’avevano cresciuta ed aveva lasciato la sua famiglia per ritrovarli; aveva subito violenza dal fidanzato e successivamente dal padre biologico, sicchè aveva lasciato il proprio paese;

il Tribunale dispose l’audizione della ricorrente che non si presentò per diverse udienze;

la domanda venne rigettata per la vaghezza e contraddittorietà delle dichiarazioni rese innanzi alla Commissione Territoriale e perchè i motivi posti a fondamento della domanda erano estranee alle ipotesi previste dalla Convenzione di Ginevra per il riconoscimento dello status di rifugiato; il Tribunale rigettò anche la domanda di protezione sussidiaria ed umanitaria;

per la cassazione del decreto ha proposto ricorso K.A. sulla base di cinque motivi (indicati dalla lett. da a) e d) e successivamente alla lett. f);

il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

RITENUTO

che:

con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver il Tribunale valutato la carenza di credibilità della richiedente senza fornire alcuna motivazione;

con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 11 e 17, in relazione alla valutazione di inattendibilità del richiedente;

con il terzo motivo di ricorso, si deduce “l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla mancata indicazione del riferimento di legge”;

con il quarto motivo di ricorso, si deduce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla mancata concessione della protezione umanitaria;

con il quinto motivo di ricorso, si deduce” la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″ e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla mancata concessione della protezione umanitaria;

il ricorso è inammissibile;

com’è noto, l’art. 366 c.p.c., nel dettare le condizioni formali del ricorso, ossia i requisiti di “forma-contenuto” dell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, configura un vero e proprio “modello legale” del ricorso per cassazione, la cui violazione è sanzionata con l’inammissibilità del ricorso. con particolare riferimento al requisito della “esposizione sommaria dei fatti della causa” di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, va osservato che tale requisito è posto non tanto nell’interesse della controparte, quanto in funzione del sindacato che la Corte di Cassazione è chiamata ad esercitare e, quindi, della verifica della fondatezza delle censure proposte;

l’esposizione sommaria deve avere ad oggetto sia i fatti sostanziali sia i fatti processuali necessari alla comprensione dei motivi di ricorso.

il legislatore colloca infatti l’esposizione sommaria dei fatti prima di quello dei motivi, poichè la lettura del ricorso precede l’esame dei motivi ed implica la comprensione dell’iter processuale e delle decisioni di merito. Il giudice, attraverso l’esposizione dei fatti deve cogliere le censure della sentenza impugnata e le varie vicende del processo, soprattutto considerando che il nuovo testo dell’art. 132 c.p.c., n. 4 (come modificato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 17) non prescrive più che la sentenza debba contenere “la concisa esposizione dello svolgimento del processo”, limitandosi a prescrivere che essa contenga “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”.

– in altri termini, secondo il “modello legale” apprestato dall’art. 366 c.p.c., la Corte di Cassazione, prima di esaminare i motivi, dev’essere posta in grado, attraverso una riassuntiva esposizione dei fatti, di percepire sia il rapporto giuridico sostanziale originario da cui è scaturita la controversia, sia lo sviluppo della vicenda processuale nei vari gradi di giudizio di merito, in modo da poter procedere poi allo scrutinio dei motivi di ricorso munita delle conoscenze necessarie per valutare se essi siano deducibili e pertinenti; questa valutazione è possibile solo se chi esamina i motivi sia stato previamente posto a conoscenza della vicenda sostanziale e processuale in modo complessivo e sommario, mediante una “sintesi” dei fatti che si fondi sulla selezione dei dati rilevanti e sullo scarto di quelli inutili.

– va quindi data continuità all’orientamento consolidato delle Sezioni Unite del 22/05/2014, n. 11308, con cui è stato affermato che il ricorso per cassazione in cui manchi completamente l’esposizione dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato è inammissibile; tale mancanza non può essere superata attraverso l’esame delle censure in cui si articola il ricorso, non essendone garantita l’esatta comprensione in assenza di riferimenti alla motivazione del provvedimento censurato, nè attraverso l’esame di altri atti processuali, ostandovi il principio di autonomia del ricorso per cassazione (ex multis Cassazione civile sez. II, 24/04/2018, n. 10072);

– nel caso di specie, il ricorso difetta dell’esposizione sommaria dei fatti, con riferimento alla vicenda narrata dal ricorrente innanzi alla Commissione Territoriale, all’articolazione della domanda di protezione internazionale, alle ragioni che lo avevano indotto a lasciare il proprio paese, alle sue condizioni di vita personali ed al contenuto della decisione dell’organo amministrativo;

detti elementi erano necessari per comprendere le censure mosse alla decisione della corte di merito in relazione ai fatti posti a fondamento della protezione internazionale, sia sotto il profilo della violazione di legge che del vizio di omessa motivazione.

– il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile;

– le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza;

– la condanna al pagamento delle spese del giudizio in favore di un’amministrazione dello Stato deve essere limitata, riguardo alle spese vive, al rimborso delle somme prenotate a debito (Cassazione civile sez. II, 11/09/2018, n. 22014; Cass. Civ., n. 5859 del 2002);

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna, il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2000,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

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