Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1561 del 23/01/2018
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1561 Anno 2018
Presidente: DI AMATO SERGIO
Relatore: FANTICINI GIOVANNI
CC
ORDINANZA
sul ricorso 12895-2015 proposto da:
DAZZAN MASSIMO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA FLAMINIA VECCHIA 732/D, presso lo studio
dell’avvocato ENRICO BRACCO, rappresentato e difeso
dall’avvocato FRANCESCO SANTINI giusta procura
speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro
2017
PROVINCIA VENEZIA;
– intimata –
2238
avverso la sentenza n. 603/2014 del TRIBUNALE di
VENEZIA, depositata il 18/03/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
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Data pubblicazione: 23/01/2018
consiglio del
16/11/2017
dal
Consigliere
Dott.
GIOVANNI FANTICINI;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero,
in persona del Sostituto Procuratore generale ALBERTO
CARDINO, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
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RILEVATO CHE:
–
Massimo Dazzan conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di
Venezia la Provincia di Venezia proponendo domanda di risarcimento
dei danni subiti a causa dell’incidente occorsogli il 14 maggio 2010
sulla SP72 in Fossalta di Portogruaro, mentre percorreva, a bordo
sottopassaggio ferroviario tra via Olimpia e via Triestina; affermava
l’attore che la caduta dal mezzo era stata cagionata da un tombino
particolarmente viscido e scivoloso posto sul percorso e invocava la
responsabilità dell’Amministrazione ex art. 2051 cod. civ.;
–
costituendosi in giudizio, la Provincia di Venezia chiedeva il
rigetto della domanda avversaria;
– con sentenza n. 603 del 18 marzo 2014 il Tribunale di Venezia
respingeva la domanda risarcitoria perché infondata;
–
proponeva appello il Dazzan chiedendo la riforma della
sentenza di primo grado;
–
la Corte d’appello di Venezia, con ordinanza del 25 febbraio
2015 emessa ai sensi dell’art. 348-bis cod. proc. civ., dichiarava
inammissibile l’impugnazione, difettando una ragionevole probabilità
di accoglimento;
– Massimo Dazzan impugna la predetta sentenza del Tribunale
di Venezia proponendo ricorso per cassazione basato su un unico
motivo;
– il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte ex art.
380-bis.1 cod. proc. civ. e ha chiesto il rigetto del ricorso;
–
il Collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma
semplificata.
CONSIDERATO CHE:
1. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 2051 e 2697 cod. civ., per avere il giudice di
merito – in contrasto con la giurisprudenza di legittimità sulla
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della propria bicicletta e lungo una pista ciclopedonale, il
ripartizione dell’onere probatorio nella responsabilità per danno da
cose in custodia – onerato il danneggiato di dare dimostrazione
dell’insussistenza di un proprio fatto colposo nella causazione dal
sinistro. In particolare, afferma il Dazzan di aver dato prova della
caduta, avvenuta a causa del tombino, e della natura insidiosa del
dimostrare il caso fortuito, eventualmente consistente nella condotta
colposa dell’attore.
2. Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi
della decisione impugnata e, inoltre, mira sostanzialmente ad un
inammissibile riesame delle risultanze istruttorie da parte della Corte
di legittimità.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte (in fattispecie analoga
a quella in esame) «in tema di sinistro stradale, il danneggiato che
agisca per il risarcimento dei danni subiti in conseguenza di una
caduta avvenuta, mentre circolava sulla pubblica via alla guida del
proprio ciclomotore, a causa di una grata o caditoia d’acqua, è tenuto
alla dimostrazione dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità
con la cosa in custodia» (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11802 del
09/06/2016, Rv. 640205-01).
In conformità a tale principio, il Tribunale di Venezia ha preteso la
prova, da parte dell’attore, del nesso eziologico tra la res custodita e
l’evento lesivo e sul punto ha concluso che «non è stata innanzitutto
dimostrata la dinamica del sinistro essendo tutti i testi escussi
intervenuti sul luogo oggetto di causa successivamente alla caduta. I
testi quindi hanno solo confermato la caduta dalla bicicletta ma non le
ragioni della stessa, che potrebbero essere diverse e dovute anche ad
un fatto imputabile allo stesso attore»; quale ulteriore motivazione
del rigetto, il giudice di primo grado aggiunge che «non è nemmeno
emersa la obiettiva situazione di pericolosità dello stato dei luoghi».
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manufatto e che sarebbe spettato all’Amministrazione provinciale
In altri termini, il giudice del merito – al quale compete
l’apprezzamento delle prove – ha ritenuto che il Dazzan non abbia
assolto all’onere di provare il nesso causale tra il tombino (cosa in
custodia) e l’evento lesivo (la caduta dalla bicicletta) e ha
conseguentemente respinto la domanda risarcitoria.
Lungi dal
dimostrare
un’inversione dell’onere probatorio
contenute nel ricorso riguardano le risultanze istruttorie (tanto che il
ricorrente afferma conclusivamente che «alla luce di tali elementi
probatori, doveva ritenersi assolto da parte dell’attore l’onere di
provare le circostanze che costituivano fatti idonei a radicare il nesso
eziologico tra la caduta, il danno e la responsabilità del custode») e
tendono ad una loro rivalutazione da parte di questa Corte
(significativa è la censura mossa alla «considerazione svolta dal
giudice del merito in ragione della quale la parte lesa non avrebbe
dedotto circostanze decisive in ordine al fatto che l’attore, transitando
sul tombino de quo, causa la sua scivolosità, perdeva aderenza con il
sedime della pista ciclopedonale andando a rovinare a terra»).
Del tutto inconferenti sono le ulteriori considerazioni
sull’insidiosità del manufatto e sulla condotta colposa del
danneggiato, posto che – in mancanza di prova dell’evento dannoso e
del suo rapporto di causalità con la cosa in custodia – nessuna
responsabilità
ex
art. 2051 cod. civ. può essere in concreto
configurata.
3.
Poiché la Provincia intimata non ha svolto alcuna attività
difensiva nel giudizio di cassazione, non occorre pronunciarsi sulle
spese.
4.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del
–
2002, si deve dare atto, infine, della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
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incombente sul danneggiato e sul custode, le argomentazioni
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1-bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma
1-bis dello
stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione
Civile, il 16 novembre 2017.
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte