Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15608 del 15/07/2011

Cassazione civile sez. VI, 15/07/2011, (ud. 14/04/2011, dep. 15/07/2011), n.15608

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA L. LEONARDO 120, presso lo studio dell’avvocato GENTILE

GENNARO, rappresentato e difeso dall’avvocato SPAGNUOLO GIUSEPPE,

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

ITALFONDIARIO SPA, nella qualità di procuratrice della CASTELLO

FINANCE SRL, nonchè quale società incorporante della CASTELLO

GESTIONE CREDITI SRL, a seguito di atto di fusione, nella qualità di

procuratrice della INTESA SANPAOLO SPA, già Banca Intesa Spa, già

IntesaBci Spa, società capogruppo del “Gruppo Intesa Sanpaolo”

aderente al Fondo interbancario di tutela Depositi, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA TRIONFALE 21, presso lo studio dell’avvocato

STELLA MAURO, rappresentata e difesa dall’avvocato ROMANO VINCENZO,

giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 102/2010 della CORTE D’APPELLO di SALERNO del

28/10/09, depositata l’01/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO;

è presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Che, a seguito di ricorso della Banca Commerciale Italiana- succursale di Salerno, il Presidente del Tribunale di Salerno emetteva con n. 4223 in data 2.7.1992 decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo, nei confronti di P.P. e G.C., il primo quale fideiussore l’altro quale titolare del conto corrente (OMISSIS), per la somma L. 166.514.991, oltre accessori e spese, a titolo di saldo passivo dal conto corrente e per la somma di L. 6.118.000 quale effetto cambiario insoluto;

che entrambi gli ingiunti proponevano, con distinti atti, opposizione avverso il decreto;

che si costituiva la banca opposta e il Tribunale di Salerno, sezione stralcio, con la decisione n. 869/2003, accoglieva l’opposizione, ritenendo che la gestione del conto, stando a quanto accertato da c.t.u., presentava anomalie;

che, a seguito dell’appello di Intesa San Paolo s.p.a., la Corte d’appello di Salerno, con la decisione in esame n. 102 depositata in data 1.2.2010, accoglieva parzialmente l’appello, revocava il decreto ingiuntivo e condannava il costituitosi appellato P. P. al pagamento di Euro 85.997,81;

che ricorre per cassazione il P. con tre motivi, deducendo, rispettivamente, violazione dell’art. 116 c.p.c., con riferimento alla scarsa rilevanza probatoria dell’estratto di saldaconto, difetto di motivazione e insufficiente motivazione in ordine alle spese; che è stata depositata relazione ex art. 380 bis c.p.c. con cui si ritiene che “tutte dette doglianze sono inammissibili in quanto (le prime due) tendono ad un non consentito riesame di risultanze probatorie (tra cui l’estratto di saldaconto) e dei dati della consulenza tecnica d’ufficio mentre la terza censura il discrezionale potere del giudice in ordine alle spese processuali; che, tra l’altro, la decisione impugnata è logicamente e sufficientemente motivata in ordine alla ritenuta prova del credito in questione ed alla ritenuta insussistenza di mala fede da parte della banca”;

che il Collegio condivide dette osservazioni, rilevando, come già statuito da questa Corte (n. 6705/2009) che la L. 7 marzo 1938, n. 141, art. 102, limita il valore probatorio dell’estratto di saldaconto (costituente documento diverso dagli estratti conto veri e propri) al procedimento monitorio, mentre nel successivo procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo siffatto documento può assumere rilievo solo come documento indiziario, la cui portata è liberamente apprezzata dal giudice nel contesto di altri elementi ugualmente significativi, come avvenuto nel caso di specie da parte della Corte territoriale;

che inoltre il ricorso si appalesa come inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, per omessa specifica indicazione dei documenti e dei contratti bancali su cui il ricorso si fonda;

che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese della presente fase che si liquidano in complessivi Euro 2.400,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre spese generali ed accessorie come per legge.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2011

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