Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15608 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. II, 04/06/2021, (ud. 18/12/2020, dep. 04/06/2021), n.15608

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23462/2019 proposto da:

S.Y., rappresentato e difeso dall’avvocato GILBERTO ENRICO

MERCURI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto di rigetto n. cronol. 1717/2019 del TRIBUNALE di

L’AQUILA, depositato il 21/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/12/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto del 21.6.2019, il Tribunale di L’Aquila rigettò il ricorso di S.Y. avverso la decisione della Commissione Territoriale di Ancona di diniego della domanda di protezione internazionale nella forma del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto di rilascio di un permesso umanitario.

S.Y., cittadino del Gambia di religione musulmana, aveva dichiarato di aver lasciato il proprio paese per timore di essere ucciso dal padre, il quale si era fermamente opposto alla sua decisione di sposare una ragazza di religione cristiana, tanto da usare violenza nei suoi confronti. In particolare, con l’aiuto dei propri fratelli, lo aveva aggredito nel cuore della notte con una spranga di ferro. In seguito a tale episodio, egli aveva denunciato i fatti e le sue dichiarazioni erano state confermate da un testimone alla Polizia aveva preannunciato la possibilità di arrestare il padre; egli aveva quindi deciso di fuggire dal proprio paese, dove aveva timore di rientrare per il pericolo di essere ucciso dal genitore.

Il Tribunale ritenne che il racconto del ricorrente fosse privo di coerenza interna ed esterna, in relazione allo sviluppo degli eventi narrati ed al contenuto delle fonti internazionali; inoltre, la vicenda rientrava nella sfera personale del ricorrente in quanto l’opposizione al matrimonio con una donna di religione cattolica proveniva dal padre ed era quindi confinata in ambito familiare.

Il Tribunale adito, richiamando l’ultimo rapporto di Amnesty International (2017-18), evidenziava l’assenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, non ravvisandosi nel Paese d’origine situazioni di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato interno ed internazionale.

Quanto, infine, alla tutela rappresentata dal permesso di soggiorno per motivi umanitari, il giudice di merito riteneva che non fossero stati allegati dal richiedente motivi o documenti dai quali si potesse ricavare che egli fosse affetto da gravi stati patologici o fosse, più in generale, vulnerabile al punto che un rientro nel Paese d’origine lo avrebbe esposto a situazioni umanitarie di particolare complessità.

Per la cassazione del decreto ha proposto ricorso S.Y. sulla base di tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, oltre all’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti per non avere il Tribunale esaminato in modo completo le dichiarazioni del ricorrente – con particolare riferimento alle ragioni che lo indussero a fuggire dal proprio paese – e la documentazione allegata, consistente nella denuncia, nelle dichiarazioni del testimone e nel rapporto di polizia.

Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, oltre all’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti per avere il Tribunale negato la richiesta di protezione sussidiaria per l’esistenza di un conflitto indiscriminato senza esaminare la situazione di grave instabilità politica esistente in Gambia.

Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, oltre all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per avere il Tribunale rigettato la domanda di protezione umanitaria nonostante l’estrema fragilità del ricorrente derivante dalla sua giovane età, dallo stato di indigenza e dall’assenza di legami familiari nel paese di origine.

I motivi, che per la loro connessione, vanno trattati congiuntamente sono inammissibili per difetto di specificità.

Giova ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte (Cass. n. 24414 del 2019), in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (Cass. n. 3340 del 2019).

Ciò posto, questa Corte osserva come, viceversa, la parte ricorrente, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, pretenda, ora, una nuova valutazione del giudizio di credibilità del richiedente, proponendo censure che sconfinano con tutta evidenza sul terreno delle mere valutazioni di merito, come tali rimesse alla cognizione del giudice di merito della precedente fase di giudizio e che possono essere censurate innanzi al giudice di legittimità solo attraverso le ristrette maglie previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorrente contesta in modo generico la valutazione sulla credibilità effettuata dal Tribunale senza chiarire, alla stregua dei parametri stabiliti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, le ragioni per le quali ha errato il giudice di merito nel valutare la carenza di attendibilità.

Il ricorrente si limita quindi ad offrire una diversa valutazione delle risultanze probatorie che sono state esaminate dal giudice di merito con articolata e meticolosa motivazione, dando atto delle ragioni per le quali il racconto difettasse di credibilità intrinseca ed estrinseca, con puntuale richiamo alle fonti internazionali.

Oltre alle contraddizioni analiticamente esaminate con riguardo alle dichiarazioni del ricorrente, il Tribunale ha anche esaminato la documentazione prodotta ed il contenuto della denuncia presentata alla Polizia (pag. 12-14 del decreto impugnato), ritenendo che il racconto presentasse contraddizioni ed elementi di illogicità; il Tribunale ha altresì accertato che non sussisteva alcuna forma di discriminazione per motivi religiosi dal momento che in Gambia i rapporti tra musulmani e cristiani sono pacifici e sono ammessi i matrimoni interreligiosi, come risultante dal rapporto EASO 2017.

La vicenda personale, culminata dall’aggressione da parte del padre e dei familiari per la sua relazione sentimentale con una donna di religione cristiana, oltre ad essere stata giudicata poco credibile, atteneva alla sfera personale e familiare in quanto ad opporsi al matrimonio con la donna di religione cattolica era il padre e non l’autorità statuale (Cassazione civile sez. VI, 01/04/2019, n. 9043).

Analogo rilievo va esteso alla richiesta della domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, avendo il Tribunale richiamato, in conformità al dovere di cooperazione sullo stesso gravante, le fonti internazionale – nella specie il report 2017-2018 di Amnesty International, idonee a dimostrare l’inesistenza di una situazione di conflitto armato interno e/o internazionale nel Paese d’origine del richiedente, nè la censura indica, in modo specifico, elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, attraverso richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire a questa Corte l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria (ex multis Cassazione civile sez. I, 21/10/2019, n. 26728).

Parimenti generica è la doglianza relativa alla mancato riconoscimento della protezione umanitaria, non avendo il ricorrente allegato le ragioni di vulnerabilità che legittimavano la tutela richiesta nè ha ravvisato nelle condizioni del ricorrente una situazione integrante la condizione dei “seri motivi” di carattere umanitario, derivante dalla compromissione dei diritti umani fondamentali, il cui accertamento è presupposto indefettibile per il riconoscimento della misura citata (cfr. Cass. civ., sez. I, 15/01/2020, n. 625; Cass. civ., Sez. 6 – 1, n. 25075 del 2017).

Priva di fondamento è la dedotta violazione del vizio motivazionale sotto il profilo dell’omesso esame del fatto decisivo del giudizio, svolto in relazione alle diverse forme di protezione richieste.

Il novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotto dalla L. n. 134 del 2012, ha ridotto il vizio motivazionale censurabile in sede di legittimità concerne all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione, che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”(Cassazione civile sez. un., 07/04/2014, n. 8053).

La sentenza impugnata ha, come dianzi esposto, esaminato i fatti storici posti a fondamento della domanda di protezione internazionale nelle diverse forme, con motivazione immune dal vizio denunciato.

Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

Non deve provvedersi sulle spese non avendo il Ministero svolto attività difensiva.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 18 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

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