Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15607 del 27/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 27/07/2016, (ud. 28/06/2016, dep. 27/07/2016), n.15607

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina M. – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1691-2010 proposto da:

C.P., rappresentato e difeso da se medesimo ai sensi

dell’art. 86 c.p.c., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CIRO

MENOTTI 24, presso lo studio dell’avvocato PIETRO CAPONETTI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI TIVOLI in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

nonchè contro

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 283/2009 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 15/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/06/2016 dal Consigliere Dott. MARULLI MARCO;

udito per il ricorrente l’Avvocato CAPONETTI che ha chiesto

l’accoglimento, alle h. 10,45 l’Avv. CAPONETTI deposita note di

udienza;

udito per il controricorrente l’Avvocato MELONCELLI che si riporta al

controricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO LUIGI, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. C.P. ricorre per cassazione avverso la sentenza in atti della CTR Lazio che, rigettandone l’appello, ha confermato la legittimità della rettifica reddituale operata nei suoi confronti per l’anno di imposta 1999 in applicazione dei parametri approvati con D.P.C.M. 29.1.1996.

La CTR, respinta ogni doglianza in merito alla dedotta carenza motivazionale dell’impugnata sentenza di primo grado, ha osservato nel merito che, ferma l’efficacia presuntiva dell’accertamento parametrico suscettibile di prova contraria da parte del contribuente, nella specie l’appellante si era limitato “ad affermare una serie di eccezioni giurisprudenziali e circostanze non circostanziate da elementi di prova certi”, tali da non inficiare la fondatezza dell’operato accertamento. Ad abundantiam, peraltro, andava anche rilevata l’inammissibilità del proposto atto di gravame per violazione D.lg. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, seconda parte, poichè nella specie, proposto l’appello in data 28.12.2008, “la copia presso la segreteria della CTP che aveva pronunciato la sentenza di primo grado “era stata presentata soltanto in data 12.6.2009”.

Il mezzo azionato dalla parte, illustrato pure con memoria, si vale di quattro motivi ai quali ha replicato l’erario con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Va dichiarata ex officio l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del MEF, per difetto di legittimazione passiva della parte resistente, non avendo assunto l’amministrazione statale la posizione di parte processuale nel giudizio di appello (SS.UU. 3118/06; 3116/06).

In difetto di difese svolte dal MEF non occorre disporre sulle spese di lite.

3.1. Con il primo motivo di ricorso il Caponetti lamenta ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’illogicità, la contraddittorietà e l’infondatezza del deliberato d’appello e la violazione da parte di esso D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, come modificato D.L. n. 203 del 2005, art. 3 bis, vero, da un lato, che l’inammissibilità decretata dalla CTR per l’inosservanza della prescrizione recata dalla norma citata avrebbe dovuto precludere di “scrutinare il merito della causa che sarebbe rimasto assorbito”, sebbene “detta inammissibilità non essendo stata riportata nel dispositivo… non pare avere rilevanza decisionale”; e vero, dall’altro, che pronunciandosi nei riferiti termini pur in presenza del deposito della copia, la CTR ha “verosimilmente” mostrato di ritenere che “la produzione sarebbe tardiva o inefficace”, senza tuttavia indicare a sostegno alcun parametro normativo ed ignorando la facoltà di produrre documenti ai sensi D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32, l’effetto sanante di cui all’art. 156 c.p.c., comma 2, e la contrarietà rispetto al diritto di difesa e all’esercizio della potestà legislativa delegata.

3.2. Entrambe le formulate censure non meritano adesione.

3.3.1. La prima, lamentando l’illogicità della decisione che, pur rilevando l’inammissibilità del ricorso per inosservanza dell’obbligo in allora previsto D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, secondo inciso, a seguito dell’integrazione operatane D.L. n. 203 del 2005, art. 3 bis, comma 7, convertito in L. n. 248 del 2005 – adempimento ora soppresso per effetto D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 36, comma 1, – in luogo di procedere alla conseguente declaratoria in rito aveva invece rigettato nel merito il gravame, è estranea all’area perimetrale della denunciata violazione, dal momento che, dovendo essa consistere, come questa Corte ha altrove precisato, “o nella mancanza di un nesso di coerenza tra le varie ragioni di cui si compone la motivazione o nell’attribuzione a taluno degli elementi emersi nel corso di causa di un significato fuori del senso comune o del tutto inconciliabile con il suo effettivo contenuto o nella assoluta incompatibilità razionale dei vari elementi di causa” (19363/15; 11031/03; 2869/03), può afferire perciò solo al discorso motivazionale alterandone, per mezzo dell’inconciliabilità logica o giuridica delle singole proposizione che lo compongono, il percorso formativo che porta il giudice a dar corpo al ragionamento sillogistico posto a fondamento della decisione. Sicchè non è affetta da un vizio di illogicità la decisione che, come quella qui in esame, integri la motivazione di merito con “affermazioni ulteriori” intese a rilevare un vizio di pregiudiziale ammissibilità del gravame che, anche quando possa ritenersi provvisto di qualche consistenza – ovvero quando esso porti il giudice a spogliarsi della potestas iudicandi o dia vita ad una distinta affermazione di diritto – deve essere fatto valere in maniera coerente alla propria natura di vizio processuale e non già come vizio volto a censurare la coerenza e la logicità della decisione.

3.3.2. La seconda censura cozza contro il deliberato di n. 31 del 2009 C.Cost. (“alla luce dell’esigenza sottesa alla disposizione denunciata di fornire alla segreteria del giudice di primo grado una tempestiva e documentata notizia della proposizione dell’appello, un termine perentorio per il deposito della copia dell’appello nella segreteria della Commissione tributaria provinciale è sicuramente ricavabile, in via interpretativa, dal complesso delle norme in materia di impugnazione davanti alle Commissioni tributarie. Tale termine non può che identificarsi con quello stabilito per la costituzione in giudizio dell’appellante; costituzione che avviene mediante il deposito del ricorso in appello presso la segreteria della Commissione tributaria regionale entro trenta giorni dalla proposizione dell’appello”); e contro l’adesivo insegnamento di questa Corte secondo cui “in tema di contenzioso tributario, qualora il ricorso in appello non sia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, il deposito in copia presso la segreteria della commissione che ha emesso la sentenza impugnata, in quanto prescritto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, seconda parte, a pena d’inammissibilità dell’appello, deve aver luogo entro un termine perentorio, il quale, attenendo al compimento di un’attività finalizzata al perfezionamento della proposizione del gravame, dev’essere individuato in quello di trenta giorni indicato dalla prima parte della medesima disposizione, attraverso il richiamo all’art. 22, comma 1, per il deposito del ricorso presso la segreteria della commissione ad quem” (12861/14; 21407/10; 8388/10); onde essa va conseguentemente disattesa.

4.1. Il secondo motivo del ricorso di parte censura l’impugnata sentenza a mente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, per carenza ed illogicità della motivazione e per violazione degli D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, art. 132 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c., posto che, da un lato, l’impugnata decisione “non ha considerato affatto che… l’appellante aveva lamentato la mancata ricostruzione dello svolgimento del processo e le richieste delle parti”, incorrendo in tal modo in un vizio di omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia, dall’altro ne è evidente la contraddittorietà, “laddove afferma la necessarietà della valutazione delle ragioni prospettate dalle parti, che è però radicalmente inesistente nella stesura della sentenza”.

4.2. Anche le censure in parola sono infondate.

4.3.1. La prima è smentita per tabulas, posto che la sentenza si dà esattamente cura di esaminare il punto asseritamente oggetto di pretermissione osservando – e dando poi motivatamente conto delle ragioni di un siffatto giudizio – che “in merito alla carenza motivazionale della sentenza il motivo non è infondato e se ne impone il rigetto”.

4.3.2. La seconda, ricordato previamente che “il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della ratio decidendi, e cioè l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione adottata” (SS. UU. 26825/09; 5661/15; 4500/15), non inficia il ragionamento motivazionale – che come si è già osservato in chiosa del primo motivo di ricorso – ha qui un andamento lineare e del tutto conseguente, fermo poi in ogni caso, come si è più volte ricordato (12123/13; 8767/11; 5748/95), che non sussiste a livello ordinamentale in funzione dell’adempimento dell’obbligo motivazionale di cui all’art. 111 Cost., il dovere del giudice di valutare singolarmente tutte le risultanze processuali e di confutare tutte le argomentazioni delle parti.

5.1. Parimenti vizio di illogicità, carenza e contraddittorietà della motivazione e violazione del D.P.C.M. 29 gennaio 1996 e D.P.C.M. 27 marzo 1997, nonchè dei principi enunciati dalle SS.UU. in materia, la parte deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, con il terzo motivo di ricorso, posto che, affermando la natura di presunzione legale dei parametri e l’onere probatorio che in ragione di ciò grava sul contribuente, “la decisione sulle questioni di diritto è del tutto difforme rispetto alla giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione”, poichè contrariamente a quanto ritenuto dalla CTR “i parametri non sono una prova legale, peraltro operante automaticamente e senza alcun concreto riferimento al soggetto presuntivamente onerato del maggior carico tributario”.

5.2. La censura – ancorchè abbracci anche un aspetto motivazionale laddove denuncia un vizio di “illogicità, carenza, contraddittorietà della motivazione” – in realtà lamenta il solo errore di diritto in cui la CTR sarebbe incorsa nell’ascrivere rilevanza dirimente nella specie alle risultanze reddituali conseguenti all’applicazione degli studi di settore, vero infatti che nell’illustrazione del motivo che fa seguito alla rubrica il denunciato vizio motivazionale non trova alcuno svolgimento.

5.3. Nei limiti anzidetti la doglianza è comunque priva di fondamento, risultando l’apprezzamento esternato dal giudice di merito pienamente rispettoso dei canoni interpretativi enunciati dalle SS. UU. pure citate dal ricorrente – per l’esattezza il principio secondo cui “la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standards al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli standards, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito”, trova compendio anche in SS. UU. 26636/09 e 26637/09 -vero infatti che l’efficacia probatoria accordata all’accertamento operato nella specie non è frutto di una presunzione a lege, ma è conseguenza diretta del contraddittorio endoprocedimentale attivato dall’ufficio con il contribuente, all’esito del quale, come il medesimo riferisce, non trovando accettazione da parte sua la proposta di una riduzione del carico accertato, in stretta osservanza dello schema operativo delineato dalle SS. UU., si dispiegava in tutta la sua efficacia la valenza probatoria degli studi di settore, non resistita in ciò dalle indimostrate allegazioni in senso contrario opposte dalla parte.

6.1. Con il quarto motivo di ricorso, l’impugnante si duole della statuizione in punto di spese adottate dal giudice d’appello, che a mente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, giudica affetta da un vizio di contraddittorietà, abnormità ed illogicità della motivazione da errore di diritto nell’applicazione, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 1, n. 2 bis, e del D.M. 8 aprile 2004, n. 127, artt. 3 e 24 Cost., dal momento che “non avendo entrambe le Commissioni, di 1^ e di 2^ grado, specificato il titolo della liquidazione, la sentenza di 2 grado, al pari di quella di primo grado, a prescindere dalla abnormità della somma riconosciuta all’ufficio, è incorsa in nullità della sentenza, non ponendo in grado l’appellante prima e poi il ricorrente, ora di poter svolgere alcuna difesa”.

6.2. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

Invero dovendo l’illustrazione del motivo consentire ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di valutare ex actis il contenuto della doglianza e la conferenza di essa rispetto al decisum, nella specie la censura che la parte muove alla decisione impugnata in punto di spese risulta generica e priva segnatamente di ogni indicazione circa i parametri da utilizzarsi ai fini di una liquidazione corretta della voce, in tal modo risultando precluso ogni giudizio sulla congruità in diritto dell’apprezzamento espresso al riguardo dal giudice d’appello.

7. Il ricorso va dunque nel complesso respinto.

8. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del MEF; respinge il ricorso nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 3500,00, oltre ad eventuali spese prenotate a debito e ad eventuali accessori.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 5^ sezione civile, il 28 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2016

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