Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15607 del 22/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 22/06/2017, (ud. 09/05/2017, dep.22/06/2017),  n. 15607

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 7905 del ruolo generale dell’anno

2016, proposto da:

C.S., (C.F.: (OMISSIS)) rappresentata e difesa

dall’avvocato Stefano Taddia (C.F.: TDD SFN 63T26 E625V);

– ricorrente-

nei confronti di:

M.C., (C.F.: (OMISSIS)) rappresentata e difesa dagli

avvocati Benincampi Ursula (C.F.: BNN RSL 64L49 H501L) e Marzio

Piselli (C.F.: PSL MRZ 60C31 F4021);

– resistente –

nonchè

L.S., (C.F.: (OMISSIS)), in proprio e quale socia

accomandataria della BAR LU.MA di L.S. & C. S.a.s.

(P.I.: (OMISSIS));

– intimata –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Livorno n.

758/2014, pubblicata in data 28 maggio 2014;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 9 maggio 2016 dal consigliere Augusto Tatangelo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nel corso di una procedura esecutiva promossa da M.C. nei confronti L.S. (in proprio e nella qualità di legale rappresentante della società Bar Luma di L.S. & C. S.a.s.) per l’espropriazione dei crediti da questa vantati nei confronti di C.S., la creditrice procedente ha proposto domanda di accertamento dell’obbligo del terzo, ai sensi dell’art. 548 c.p.c..

La domanda è stata accolta dal Tribunale di Livorno, il quale ha accertato che la Bar Luma S.a.s. era creditrice della C. in base alla sentenza n. 455/2011 del Tribunale di Livorno, pronunzia esecutiva sebbene non passata in giudicato.

La Corte di Appello di Firenze ha dichiarato inammissibile l’appello della C., ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., comma 1.

Ricorre avverso la decisione di primo grado, la C., sulla base di quattro motivi.

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli intimati. Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto ritenuto destinato ad essere rigettato.

L’intimata M. ha depositato “memoria difensiva e di costituzione” nel termine previsto dall’art. 380-bis c.p.c., comma 2 (in data 27 aprile 2017).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente dato atto dell’ammissibilità del deposito della “memoria difensiva e di costituzione” (della quale dovrà tenersi conto anche ai fini delle spese) da parte della resistente M., che pure non aveva provveduto alla notificazione del controricorso, nel termine previsto dall’art. 380-bis c.p.c., comma 2, dal momento che il presente procedimento era già pendente alla data di entrata in vigore della legge che ha introdotto il rito camerale non partecipato (cfr. sul punto Cass., Sez. L, Ordinanza n. 4906 del 27/02/2017, Rv. 643423: “in tema di rito camerale di legittimità di cui alla L. n. 197 del 2016, art. 1 che ha convertito, con modificazioni, il D.L. n. 168 del 2016, applicabile, ai sensi del comma 2 della stessa norma, anche ai ricorsi depositati prima dell’entrata in vigore della legge di conversione per i quali non sia stata ancora fissata l’udienza o l’adunanza in camera di consiglio, alle parti costituitesi tardivamente nei corrispondenti giudizi deve essere riconosciuto il diritto di depositare memorie scritte, nel termine di cui all’art. 380-bis c.p.c., comma 1, al fine di evitare disparità di trattamento rispetto ai processi trattati in pubblica udienza ed in attuazione del principio costituzionale del giusto processo, di cui all’art. 111 Cost. oltre che dell’art. 6 CEDU”; cfr. altresì: Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 7701 del 24/03/2017, Rv. 643685 – 01; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 4533 del 22/02/2017, Rv. 643324 – 01: “relativamente ai ricorsi per cassazione depositati prima del 30 ottobre 2016, per i quali venga successivamente fissata adunanza camerale, in forza del nuovo rito introdotto con il D.L. n. 168 del 2016, conv., con modif., dalla L. n. 197 del 2016, avendo il resistente, pur costituitosi tardivamente, la facoltà di depositare memoria, in attuazione dei principi costituzionali e convenzionali del giusto processo, tale attività rileva ai fini del computo delle spese processuali”).

2. Con il primo motivo del ricorso si denunzia, “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, “violazione e/o falsa applicazione degli art. 548 e 553 c.p.c. nonchè dell’art. 1493 c.c. per aver considerato il credito della Bar LU. MA di L.S. & C. Sas – a sua volta debitrice della sig.ra M. – immediatamente esigibile”.

Con il secondo motivo del ricorso si denunzia, “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio- ovvero omesso esame della mancata consegna da parte della debitrice della sig.ra M. dell’azienda a lei venduta dalla sig.ra C. sulla base del contratto risolto”.

Con il terzo motivo del ricorso si denunzia, “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, “violazione e/o falsa applicazione degli art. 548 e 553 c.p.c. nonchè dell’art. 1493 c.c.per aver non considerato il credito della Bar LU.MA di L.S. & C. Sas a sua volta debitrice della sig.ra M. – meramente eventuale e quindi non pignorabile”.

I primi tre motivi del ricorso sono connessi e quindi da esaminare congiuntamente, avendo tutti ad oggetto la questione dell’esigibilità del credito pignorato.

Essi sono manifestamente infondati, con le precisazioni che seguono.

Le censure della ricorrente muovono dall’erroneo presupposto per cui non sarebbe espropriabile un credito inesigibile o condizionato, e di conseguenza per un verso non colgono appieno la ratio della decisione, per altro verso risultano manifestamente infondate.

Non è in realtà in discussione, e non è rilevante, ai fini del presente giudizio, se il credito della Bar LU.MA S.a.s. per la restituzione del prezzo della vendita dell’azienda (oggetto di risoluzione per inadempimento), nei confronti della C., sia sottoposto alla condizione della restituzione, da parte dell’acquirente, dell’azienda venduta, e/o comunque non sia esigibile in mancanza di tale restituzione, ai sensi dell’art. 1493 c.c..

Ciò infatti non escluderebbe nè la sussistenza del credito stesso (del resto già accertato in sede giudiziale, sia pure con pronuncia non definitiva), nè la possibilità della sua espropriazione, il che comporta la possibilità di positivo accertamento di esso nel giudizio di cui all’art. 548 c.p.c. e di sua assegnazione in favore del creditore procedente, pur con il limite derivante (oltre che dalla conferma della sua esistenza, all’esito del giudizio di cognizione relativo al contratto di vendita che è alla sua base) dalle eventuali condizioni per la sua esigibilità, che però, come correttamente rilevato dalla corte di appello nell’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., potranno avere rilievo esclusivamente nell’ipotesi in cui il creditore assegnatario dovesse porre in esecuzione l’ordinanza di assegnazione.

Secondo l’indirizzo costante di questa Corte è infatti ammessa l’assoggettabilità a pignoramento dei crediti non esigibili, condizionati e finanche eventuali, con il solo limite della loro riconducibilità ad un rapporto giuridico identificato e già esistente, rapporto che nella specie sussiste certamente (cfr. ad es. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6206 del 28/06/1994, Rv. 487241 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 5235 del 15/03/2004, Rv. 571141 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 19967 del 14/10/2005, Rv. 584712 – 01; Sez. L, Sentenza n. 19501 del 10/09/2009, Rv. 610293 – 01).

2. Con il quarto motivo del ricorso si denunzia, “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, 4 e 5” “sul mancato esame e/o mancata ammissione delle prove testimoniali richieste dalla sig.ra Co.”.

Il motivo è inammissibile per difetto di specificità e rilevanza ai fini della decisione.

La censura è del tutto generica. La ricorrente si limita a dolersi della mancata ammissione delle prove per testi articolate che peraltro risultano evidentemente irrilevanti, nell’ottica del percorso argomentativo posto a base della decisione del tribunale, come chiarito nell’esame degli altri motivi di ricorso ma non indica specifici motivi di censura avverso la decisione impugnata in relazione al punto in contestazione.

3. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

 

La Corte:

rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente C. a pagare le spese del presente giudizio in favore della resistente M., liquidandole in complessivi Euro 3.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, ed oltre spese generali forfettarie e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2017

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