Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15607 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. II, 04/06/2021, (ud. 12/11/2020, dep. 04/06/2021), n.15607

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25586/2019 proposto da:

T.Y., rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO NOVELLI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il provvedimento n. cronol. 9841/2019 del TRIBUNALE di

ANCONA, depositato il 25/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/11/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

PREMESSO

Che:

1. Il ricorrente, cittadino della Costa D’Avorio, adiva il Tribunale di Ancona, sezione specializzata in materia di immigrazione, a seguito del rigetto da parte della Commissione territoriale, sezione di Ancona, della sua domanda di protezione. A sostegno della domanda aveva dichiarato di avere svolto, nel proprio paese, l’attività di commerciante e di essere stato sposato e di avere tre figli; alla morte del padre, la madre si era risposata ed il figlio del secondo marito della madre lo aveva accusato di essere l’amante della moglie e lo aveva minacciato con un macete, costringendolo così a lasciare la Costa D’Avorio.

Il Tribunale, con Decreto 25 luglio 2019, n. 9841, ha respinto il ricorso.

Avverso la decisione del Tribunale di Ancona propone ricorso per cassazione T.Y..

Il Ministero dell’interno resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in tre motivi.

1. Il primo motivo contesta “violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 (esame dei fatti e delle circostanze)”: a differenza di quanto sostenuto dal Tribunale, le dichiarazioni fornite dal ricorrente “risultano sostanzialmente lineari, genuine e attendibili e la vicenda risulta dettagliata e ricca di particolari”, così che il giudice doveva acquisire officiosamente informazioni e documentazione.

Il motivo è inammissibile in quanto il Tribunale, sia pure con motivazione sintetica, ha affermato (p. 2 del provvedimento impugnato) l’inattendibilità e non plausibilità delle dichiarazioni del ricorrente – giudizio che, elidendo la credibilità di quanto dichiarato, esclude il dovere del giudice di esercitare il proprio dovere di cooperazione istruttoria al riguardo (ex multis, v. Cass. 8367/2020) – e a tale affermazione il ricorrente si limita a genericamente opporre che le dichiarazioni erano invece “sostanzialmente lineari, genuine e attendibili”.

2. Il secondo motivo fa valere “violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 (criteri applicabili all’esame delle domande)”: il Tribunale di Ancona ha effettuato “una carente istruttoria” della situazione oggettiva della Costa D’Avorio.

Il motivo è inammissibile in quanto lamenta la violazione dell’obbligo di cui al richiamato art. 8, comma 3, ma a fronte dell’esame compiuto dal Tribunale sulla base di informazioni precise e aggiornate (v. pp. 2-4 del provvedimento impugnato), non fa valere altre e differenti informazioni, ma si limita a genericamente lamentare la “carente istruttoria”.

3. Il terzo motivo contesta “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 257 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 (protezione umanitaria)”: in relazione ai motivi di vulnerabilità oggettiva il Tribunale non ha valutato l’aggravarsi della situazione di sicurezza della Costa D’Avorio e in relazione ai motivi soggettivi ha trascurato il “buon percorso di integrazione nel nostro paese”, essendo il ricorrente stato assunto come tirocinante, avendo partecipato a tre corsi di formazione ed essendo iscritto a un corso di apprendimento della lingua italiana.

Il motivo è inammissibile. Il Tribunale ha valutato la situazione di sicurezza della Costa D’Avorio (pp. 2-3, 6 del provvedimento impugnato, tra l’altro anche basandosi sul rapporto del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti richiamato dal ricorrente) e ha considerato le attività compiute dal ricorrente (p. 8 del provvedimento), ritenendole insufficienti per una compiuta integrazione sociale del ricorrente nel nostro paese.

II. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Nessuna statuizione deve essere adottata sulle spese, in quanto il controricorso del Ministero è aspecifico (non è neppure chiaramente riferibile alla vicenda in esame) e dunque non presenta i requisiti minimi di cui all’art. 370 c.p.c..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

 

 

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