Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15603 del 09/07/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 15603 Anno 2014
Presidente: FORTE FABRIZIO
Relatore: DI AMATO SERGIO

SENTENZA

sul ricorso 25744-2008 proposto da:
CRISTIANI ETTORE (C.F. CRSTTR59L01F839C), S.G.S.
SOCIETA’ GESTIONE SCOLASTICA S.R.L. (P.I.
07526110635), in persona del legale rappresentante

Data pubblicazione: 09/07/2014

pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
ANTONIO CHINOTTO 1, presso l’avvocato PETRINI
2014
1017

MASSIMILIANO, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato COMPAGNONI PIER AURELIO,
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –

4

contro

1

NUOVA TUSCIA S.R.L. (P.I. 00691190565), in persona
del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO TROGO
21, presso l’avvocato STEFANIA CASANOVA, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato

controricorso;
– controrícorrente avverso la sentenza n. 2806/2008 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 01/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 15/05/2014 dal Consigliere
Dott. SERGIO DI AMATO;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato M. PETRINI che
ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato S.
CASANOVA che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per

CALANDRELLI ANTONIO, giusta procura a margine del

il rigetto del ricorso.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza dell’il luglio 2008 la Corte di appello di
Roma confermava la sentenza in data 16 gennaio 2004 con cui
il Tribunale di Viterbo aveva rigettato la domanda di

Ettore Cristiani, già presidente del consiglio di
amministrazione della s.r.l. Nuova Tuscia, intesa da
ottenere la condanna della predetta società alla
restituzione della somma di lire 50.000.000=, asseritamente
pagata di persona per lavori di ristrutturazione del
piazzale circostante l’edificio scolastico di proprietà
della convenuta, ed aveva, accogliendo la domanda
riconvenzionale di quest’ultima, condannato il Cristiani al
pagamento della complessiva somma di 183.871,00 a titolo
di responsabilità

ex

art. 2393 c.c., precisando nel

dispositivo che, quanto alla somma di C 123.586,33 la
condanna era in solido con la s.r.l. S.G.S., già condannata
in altro giudizio. In particolare, per quanto ancora
interessa, la Corte di appello osservava che: 1) erano
inammissibili, in quanto sollevate per la prima volta in
appello, le eccezioni formulate dal Cristiani in ordine
alla improponibilità della domanda riconvenzionale di
responsabilità sociale perché non dipendente dal titolo
dedotto in giudizio, alla prescrizione del diritto al
risarcimento dei danni ed alla decadenza dall’azione perché
implicitamente rinunciata con l’approvazione dei bilanci
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relativi agli anni 1994, 1995 e 1996; 2) la responsabilità
del Cristiani

ex

art. 2393 era coperta dal giudicato

formatosi in un precedente giudizio definito dalla stessa
Corte di appello con la sentenza n. 1864/2000 che,
provvedendo sulla domanda di accertamento negativo proposta

dal Cristiani, aveva ritenuto sussistenti i fatti a questi
addebitati dall’assemblea e dalla stessa posti a fondamento
della deliberata azione di responsabilità; ne conseguiva
l’inammissibilità dei motivi volti ad una nuova indagine
sulla condotta del Cristiani all’epoca in cui era
presidente del consiglio di amministrazione della s.r.l.
Nuova Tuscia (dal 26 luglio 1994 all’il settembre 1995); 3)
l’appello della s.r.l. S.G.S. era inammissibile, in quanto
la predetta società non aveva partecipato al giudizio di
primo grado e la relativa sentenza non portava condanna
della stessa, ma si limitava a precisare la solidarietà tra
il Cristiani e la S.R.L. S.G.S., già condannata in altro
giudizio, al fine di precisare l’unicità del titolo
(rectius

del debito); 4) la pretesa creditoria del

Cristiani, in relazione al cui rigetto lo stesso aveva
lamentato l’insufficienza della motivazione, era stata
respinta dal Tribunale per la mancata dimostrazione
dell’urgenza dei lavori e delle ragioni per le quali aveva
ritenuto di affidarne l’esecuzione e sostenerne l’esborso a
titolo personale, senza previa informativa del Consiglio di
amministrazione o successiva ratifica; 5) per quanto,
4

infine, concerneva il danno liquidato: a) la somma di C
123.586,33 discendeva dalla stipula di un contratto di
locazione con la s.r.l. S.G.S., avente ad oggetto un
edificio scolastico, ad un prezzo di gran lunga inferiore a
quello di mercato ed era stata quantificata nella sentenza

di annullamento di tale contratto; b) l’importo di
60.284,67 costituiva la somma di altre voci di danno (quote
di iscrizione all’istituto scolastico gestito dalla s.r.l.
Nuova Tuscia fatte affluire alla S.G.S.; costo degli esami
per 120 alunni; campagna pubblicitaria sostenuta dalla
s.r.l. Nuova Tuscia a beneficio di altri istituti di
istruzione; acquisti di beni di uso personale con i fondi
della società; appropriazione consentita ad altro istituto
scolastico di condizionatori e computers) ed era
determinabile in parte sulla base di prove documentali ed
in parte in via equitativa.
Ettore Cristiani e la s.r.l. S.G.S. – Società Gestione
Scolastica propongono ricorso per cassazione, deducendo sei
motivi. La s.r.l. Nuova Tuscia resiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione
dell’art. 345 c.p.c. per la ritenuta inammissibilità
dell’eccezione di prescrizione, formulata in appello,
dell’azione di responsabilità ex art. 2393 c.c.

5

Il motivo è infondato. L’eccezione di prescrizione, che
ha natura di eccezione in senso proprio, non può essere
proposta per la prima volta in appello, ostandovi il
disposto dell’art. 345, secondo coma, c.p.c. nel testo,
applicabile

ratione temporis,

successivo alla riforma

recata dalla legge 26 novembre 1990, n. 353.
Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art.
2909 c.c. per la ritenuta formazione di un giudicato sulla
responsabilità

ex art. 2393 c.c., desunta impropriamente

dalla sentenza che nel giudizio promosso dal Cristiani
aveva rigettato soltanto per difetto di prova la domanda da
questi proposta per l’accertamento negativo della
sussistenza dei presupposti per la proposizione di
un’azione di responsabilità.
Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza
non essendo stata riprodotta nella parte significativa la
sentenza de qua (Cass. 13 dicembre 2006, n. 26627) e per la
mancata produzione della stessa. A quest’ultimo riguardo,
con sentenza 2 dicembre 2008, n. 28547, le Sezioni unite di
questa Corte hanno chiarito che: «a seguito della riforma
ad opera del d.lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366,
sesto comma cod. proc. civ., oltre a richiedere la
“specifica” indicazione degli atti e documenti posti a
fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale
sede processuale il documento, pur individuato in ricorso,
risulti prodotto. Tale specifica indicazione, quando
6

riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si
individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e,
in ragione dell’art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc.
civ., anche che esso sia prodotto in sede di legittimità».
Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art.

112 c.p.c. in relazione alla condanna della s.r.l. S.G.S.
in solido con Ettore Cristiani, malgrado la prima non fosse
stata parte del giudizio di primo grado.
Il motivo è inammissibile. La censura, piuttosto
perplessa nella sua formulazione, sembra contestare
l’avvenuta violazione dell’art. 112 c.p.c. da parte della
Corte di appello nella parte in cui, dichiarando
inammissibile l’appello della S.G.S., rimasta estranea al
giudizio di primo grado, avrebbe erroneamente escluso che
la sentenza del Tribunale di Viterbo recasse condanna
solidale anche nei suoi confronti e, conseguentemente, non
avrebbe rilevato il vizio di ultrapetizione. Il punto
preliminare, tuttavia, è rimasto totalmente estraneo al
quesito di diritto nel quale si dà per scontato ciò che è,
invece, negato dalla Corte di appello, e cioè che la
sentenza di primo grado non condannava soltanto il
Cristiani, ma anche la s.r.l. S.G.S.
Con il quarto motivo si deduce la violazione dell’art.
36 c.p.c., lamentando che erroneamente era stata disattesa
l’eccezione di inammissibilità della domanda

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riconvenzionale perché non attinente al titolo dedotto in
giudizio.
Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio
decidendi. Come riferito in narrativa, la Corte di appello
non ha rigettato l’eccezione, ma la ha ritenuta

inammissibile perché proposta soltanto nel giudizio di
appello. Resta assorbita la manifesta infondatezza del
motivo (e plurimis Cass. 14 gennaio 2005, n. 681).
Con il quinto motivo si deduce il vizio di motivazione,
lamentando che la domanda dell’attore era stata rigettata,
per carenza di prova in ordine all’urgenza dei lavori senza
previa informazione del C.d.A. o almeno successiva
ratifica, omettendo di considerare le fatture emesse dalle
imprese che avevano eseguito i lavori ed intestate alla
s.r.l. Nuova Tuscia, gli assegni emessi dal Cristiani e
tratti sul suo conto personale, il periodo di esecuzione
dei lavori (9-12 agosto 1994) immediatamente antecedente
l’inizio dell’anno scolastico, la tipologia dei lavori,
l’impossibilità durante l’estate di convocare il consiglio
di amministrazione, la ratifica da parte di quest’ultimo
desumibile dall’approvazione dei bilanci degli anni 1994,
1995 e 1996. Inoltre, l’attore era, all’epoca dei lavori,
il presidente del consiglio di amministrazione e, pertanto,
poteva compiere tutti gli atti rientranti nell’oggetto
sociale in base allo statuto e la sua attività era
“coperta” dall’approvazione dei bilanci.
8

Si deve premettere che tra le parti non è in
contestazione l’esecuzione dei lavori ed il loro pagamento
da parte del Cristiani. Ciò posto, il motivo, prima ancora
di essere inammissibile poiché richiede una rilettura del
materiale probatorio, è inammissibile per mancanza di

autosufficienza. I ricorrenti, infatti, non solo non hanno
trascritto nella parte rilevante i documenti (parte dei
quali – i bilanci e gli estratti di conto corrente prodotti inammissibilmente soltanto nel giudizio di appello
e lo statuto sociale mai prodotto), ma neppure hanno
indicato e trascritto gli atti difensivi con i quali tali
elementi sarebbero stati sottoposti all’esame della Corte
di appello.
Con il sesto motivo si deduce il vizio di motivazione in
ordine all’an ed al quantum della pretesa creditoria della
s.r.l. Nuova Tuscia, lamentando la mancata considerazione
sia della partecipazione della Nuova Tuscia s.r.l. al 50%
del capitale della s.r.l. S.G.S., circostanza che escludeva
tanto il danno quanto il conflitto di interessi; sia del
fatto che la società, a conoscenza del conflitto di
interessi, aveva autorizzato il Cristiani a stipulare una
cessione di ramo d’azienda e la locazione dell’edificio
scolastico. Con lo stesso motivo si deduce, inoltre, che la
sentenza impugnata non aveva indicato gli elementi dai
quali aveva tratto il proprio convincimento, facendo
soltanto un generico riferimento alle risultanze
9

istruttorie (interrogatorio formale del Cristiani e
deposizioni testimoniali) acquisite nel giudizio di primo
grado, dalle quali, invece, non emergeva alcuna
responsabilità.
Il motivo è inammissibile. Quanto all’accertamento dei

fatti a base della responsabilità, il motivo non coglie la
ratio decidendi; infatti, la Corte di appello ha fondato la

propria decisione sul giudicato intervenuto tra le parti a
seguito di diverso giudizio ed il punto, come chiarito
nell’esame del secondo motivo, non è stato adeguatamente
censurato. Per quanto concerne, invece, la quantificazione
del danno la stessa, come riferito in narrativa, è stata
motivata dalla Corte di appello, attraverso una analitica
considerazione delle singole voci di danno e delle relative
prove documentali o valutazioni equitative, mentre il
generico riferimento (indicando, tuttavia, i relativi
verbali di udienza) alle dichiarazioni rese dal Cristiani
in sede di interrogatorio formale ed alle deposizioni dei
testi escussi in primo grado è stato utilizzato dalla
sentenza impugnata soltanto come ulteriore riscontro dei
rapporti tra la s.r.l. Nuova Tuscia e la s.r.l. S.G.S. In
tale situazione, i ricorrenti, senza censurare la congruità
della motivazione e senza osservare il principio di
autosufficienza, chiedono inammissibilmente a questa Corte
una riconsiderazione delle prove testimoniali e
dell’interrogatorio formale del Cristiani.
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Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano
come in dispositivo.
P . Q . M .
rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti in solido al
rimborso delle spese di lite liquidate in € 7.200,00=, di

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 15 maggio
2014.

cui 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

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