Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15602 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. III, 04/06/2021, (ud. 29/01/2021, dep. 04/06/2021), n.15602

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12086/2017 proposto da:

G.G., G.M., GI.MA.,

G.C., C.G.C., A.G.N.,

GI.MI., Z. VED. G.D., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA MAGLIANO SABINA 24, presso lo studio

dell’avvocato LUIGI PETTINARI, rappresentati e difesi dagli avvocati

ALESSANDRO LUCCHETTI, ALBERTO LUCCHETTI;

– ricorrenti –

contro

A.M.F., A.M.F.;

– intimati –

e contro

CI.VI., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARTOLOMEO

MARLIANO 14, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA DE SABBATA,

rappresentato e difeso dagli avvocati MASSIMO OLIVETTI, BRUNO

BRUNETTI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

GI.MI., GI.MA., Z. VED. G.D.,

G.G., C.G.C., G.M.,

A.G.N., G.C., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA MAGLIANO SABINA 24, presso lo studio

dell’avvocato LUIGI PETTINARI, rappresentati e difesi dagli avvocati

ALESSANDRO LUCCHETTI, ALBERTO LUCCHETTI;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 587/2015 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 05/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

cameralizzata del 29/01/2021 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. NARDECCHIA Giovanni Battista.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Gi.Ma., C.C., A.N., F.L. e Z.D. convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Ancona A.M.C., M.E., A.M.F. e Ci.Vi. chiedendo in via principale l’accertamento del diritto di riscatto agrario dei fondi in (OMISSIS) confinanti con terreni di proprietà dei retraenti e di cui ai contratti di compravendita stipulati in data 21 gennaio 1999 e 7 giugno 1999 fra gli alienanti A.M.C. ed M.E. e l’acquirente Ci. ed in via subordinata l’accertamento del diritto di riscatto limitatamente al fondo di cui alla seconda compravendita. Espose in particolare parte attrice che l’azienda agricola, risultante da due fondi rustici distinti sul piano catastale, dopo che era stata concessa in affitto (formalmente nei limiti del fondo di cui alla seconda vendita, confinante con la proprietà dei ricorrenti) alla Ci., era stata venduta a quest’ultima con due distinti atti, lasciando all’esito del primo rogito una fascia di terreno al fine di eliminare il requisito della contiguità e cedendo poi quest’ultima fascia, di valore inferiore al primo fondo ceduto, ad una prezzo sproporzionato rispetto al suo valore, in modo da disincentivare l’esercizio del diritto di riscatto. Si costituirono con distinti atti A.M.F. e Ci.Vi. chiedendo il rigetto della domanda.

2. Il Tribunale adito rigettò la domanda.

3. Avverso detta sentenza proposero appello gli originari attori. Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello.

4. Con una prima sentenza di data 5 maggio 2015 la Corte d’appello di Ancona rigettò l’appello relativo alla domanda principale, disponendo per l’ulteriore istruzione con riferimento alla domanda proposta in via subordinata. Osservò la corte territoriale che la porzione di fondo costituente la fascia confinaria era di notevole estensione, con terreni di minor valore e meno produttivi dell’intera ex azienda agricola, ma non privi di quella redditività-utilizzabilità-utilità che era il requisito determinante ai fini della preclusione dell’esercizio del diritto di prelazione (Cass. n. 5573 del 2003).

5. Successivamente con sentenza di data 16 novembre 2016 la Corte d’appello di Ancona accolse l’appello relativamente alla domanda in via subordinata, dichiarando l’esistenza dei presupposti per l’esercizio della prelazione agraria e disponendo la sostituzione della parte acquirente nel contratto di compravendita subordinatamente al versamento del prezzo.

Osservò la corte territoriale, a proposito dell’eccezione secondo cui il diritto di riscatto era da escludere per la stipulazione da parte di alcuni retraenti di due contratti di affitto a favore di Z.D. e Gi.Ma., anch’essi retraenti, che non vi era stata rituale produzione in giudizio di tali contratti, oggetto di contestazione non solo in relazione alla loro “autenticità” o effettiva esecuzione, ma anche per la non contiguità fisica con il fondo per cui era causa (era inoltre nulla la CTU basata su documenti acquisiti dal consulente al di fuori del contraddittorio e tenuto conto che la consulenza non poteva essere utilizzata per accertare circostanze rientranti nell’onere probatorio delle parti). Aggiunse che tutti i soggetti che avevano congiuntamente esercitato il riscatto, nella loro qualità di comproprietari del fondo confinante, svolgevano attività diretta di coltivazione dei campi di loro proprietà, come confermato sia dalla CTU che dalle testimonianze, ed anche dall’iscrizione presso l’istituto previdenziale nel settore agricolo, e che il fatto che alcuni di essi esercitassero altre attività (il G. lavorazioni meccaniche agricole per conto terzi, la C. e A. coamministratori in distinte in società di persone esercenti il commercio e la coltivazione di foraggi) non era ostativo al riconoscimento della qualifica di coltivatori abituali, attribuibile anche a chi svolgesse un’altra attività lavorativa principale, essendo sufficiente l’abitualità dell’attività di coltivazione.

Osservò ancora che doveva essere disattesa l’istanza di rinnovazione di CTU, avendo la consulenza fornito i chiarimenti e le integrazioni richieste. Aggiunse infine, con riferimento all’eccezione di carenza di legittimazione attiva di G.G., G.C., G.M. e Gi.Mi., quali eredi di F.L., che la parte deducente non aveva tempestivamente contestato la qualità di eredi degli stessi, avendo formulato la relativa eccezione solo in sede di precisazione delle conclusioni (l’onere di provare la qualità di erede gravante sull’attore veniva meno in presenza di eccezione della controparte sollevata solo dopo avere accettato il contraddittorio senza contestazioni al riguardo).

6. Hanno proposto ricorso per cassazione Gi.Ma., C.C. in G., A.N. in G., G.G., G.C., G.M., Gi.Mi., quali eredi di F.L. e Z.D. ved. G. sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso Co.Vi., che ha proposto altresì ricorso incidentale sulla base di due motivi.

7. Con due ordinanze interlocutorie è stata dapprima disposta l’acquisizione del fascicolo d’ufficio relativo al giudizio di secondo grado e successivamente è stata disposta la trattazione in pubblica udienza. Il Collegio ha proceduto in Camera di consiglio ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, convertito con L. n. 176 del 2020, in mancanza di richiesta di discussione orale, con adozione della decisione in forma di sentenza per la particolare rilevanza della questione di diritto per la quale era stata fissata la trattazione in pubblica udienza. Il Procuratore generale ha formulato le sue conclusioni motivate ritualmente comunicate alle parti. E’ stata depositata memoria di parte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Muovendo dal ricorso principale, con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1344,1418 e 1419 c.c., L. n. 590 del 1965, art. 8,L. n. 817 e 1971, art. 7, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che il solo riferimento al criterio della redditività-utilizzabilità-utilità è riduttivo in quanto inadeguato ad escludere l’intento fraudolento.

2. Con il secondo motivo si denuncia omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la parte ricorrente che la corte territoriale non ha esaminato: i documenti, ed in particolare la CTU nella parte descrittiva dell’intera azienda, il contratto di affitto formalmente dei terreni confinanti in realtà dell’intera azienda, la stima dei fondi contenuta nella CTU, le compravendite; le testimonianze sull’unitarietà del complesso aziendale (attestata anche dalla CTU) e la circostanza che la Ci. aveva preso in affitto l’intera azienda. Aggiunge che l’affitto, stipulato sette mesi prima della prima compravendita, era a costo zero per la conduttrice in quanto stipulato nell’imminenza del raccolto e dunque privo di giustificazione e funzionale alle due compravendite, stipulate l’una per un prezzo di otto volte inferiore al valore del fondo, e l’altra per un prezzo decisamente superiore al valore reale. Osserva ancora che si tratta di un complesso negoziale da ritenersi in frode alla legge e che venditori e acquirente non hanno fornito alcuna giustificazione della vendita dell’intera azienda mediante due distinti atti notarili.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1344,1418,1419 e 2729 c.c., L. n. 590 del 1965, art. 8,L. n. 817 e 1971, art. 7, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che il ricorso al solo criterio della redditività-utilizzabilità-utilità, considerando in modo atomistico l’operazione, non ne coglie l’orditura complessiva preordinata all’elusione del diritto di prelazione e che è mancata la verifica del nesso teleologico fra le componenti dell’operazione (l’affitto e le due vendite), destinato all’obiettivo vietato dalla legge.

4. Il ricorso principale è inammissibile. Il ricorso ha avuto ad oggetto esclusivamente la sentenza relativa alla domanda principale (possibilità peraltro consentita dall’ordinamento – Cass. n. 194 del 2018). E’ fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso avverso la sentenza di data 5 maggio 2015 per mancata riserva di impugnazione. Come eccepito dalla controricorrente, nell’udienza successiva alla comunicazione della sentenza (udienza del 10 giugno 2015 – cfr. art. 340 c.p.c., comma 1, ai fini della tempestività della riserva) non vi è dichiarazione orale di riserva di ricorso per cassazione inserita nel processo verbale, nè risulta una notificazione della riserva medesima (art. 129 att. c.p.c., richiamato per il giudizio di cassazione dall’art. 133 att.). Ha opposto la parte ricorrente, e documentato, che è stato depositato con modalità telematica in data 10 giugno 2015 foglio contenente “deduzioni a far parte integrante del verbale di udienza del giorno 10/06/2015”. Nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, risulta indicata la localizzazione processuale di tale foglio (sub 8 del fascicolo di parte di appello). In base all’accesso agli atti per l’accertamento del fatto processuale, risulta che il foglio depositato telematicamente, con relativa autenticazione nel retro di estrazione dal fascicolo informatico, contiene la riserva di ricorso per cassazione. Determinante è però la mancanza, come già detto e come riscontrato sulla base dell’accesso agli atti processuali, di menzione nel processo verbale dell’udienza del 10 giugno 2015 dell’allegazione al medesimo processo verbale della dichiarazione di riserva in discorso.

Il mero deposito della dichiarazione di riserva non integra il requisito della dichiarazione scritta su foglio a parte da allegare al processo verbale previsto dall’art. 129 att. c.p.c.. Le forme contemplate da tale norma (dichiarazione orale all’udienza, foglio a parte da allegare al verbale di udienza, notifica alla controparte quest’ultima forma da adottare ove il termine di impugnazione abbia una scadenza anteriore all’udienza successiva alla comunicazione della sentenza) realizzano il risultato della presunzione di legale conoscenza o conoscibilità della manifestazione di riserva (Cass. 22 gennaio 2019, n. 1574). Come affermato da Cass. 18 dicembre 2014, n. 26777, “l’accento che l’art. 129 disp. att. c.p.c., attribuisce alla conoscibilità della riserva di ricorso, allorquando quest’ultima venga esplicitata in udienza (mediante dichiarazione a verbale o dichiarazione scritta su foglio separato allegato al verbale medesimo) trova esatta corrispondenza nella recettività della manifestazione di riserva allorquando sia espressa fuori dell’udienza, mediante la necessaria notifica ai procuratori delle parti costituite o personalmente a quelle che non si siano costituite”.

Non può farsi applicazione del principio del raggiungimento dello scopo nel caso del mero deposito della dichiarazione di riserva nel fascicolo d’ufficio. Si tratta di un mero deposito perchè nel processo verbale di udienza, che il cancelliere redige sotto la direzione del giudice (art. 130 c.p.c.), non si dà atto dell’allegazione al medesimo della dichiarazione di riserva scritta su foglio separato. Il mero deposito nel fascicolo d’ufficio non realizza il risultato della presunzione di legale conoscenza o conoscibilità della manifestazione di riserva in quanto per un verso la pluralità di atti di cui il fascicolo d’ufficio consta (art. 168 c.p.c., comma 2) impedisce la sua identificazione con il verbale d’udienza (per cui l’inserimento nel fascicolo non può di per se corrispondere ad allegazione al verbale), per l’altro la presenza di un atto nel fascicolo d’ufficio non realizza il risultato della legale conoscenza o conoscibilità perchè l’onere di compulsazione del fascicolo d’ufficio, quale espressione del principio di autoresponsabilità, attiene agli atti (comparse e memorie) che si comunicano mediante deposito in cancelleria (art. 170 c.p.c., comma 4), ma “non può travalicare e snaturare lo scopo per il quale è stato imposto, nel senso che se il difensore imputet sibi qualora non abbia tenuto conto della memoria autorizzata, ciò va ad incidere solo sulla materia a chiarificazione della quale detto atto difensivo era stato autorizzato”, come affermato sempre da Cass. n. 26777 del 2014 (che ha enunciato il principio che affinchè la riserva di impugnazione differita di sentenza non definitiva inserita in una memoria autorizzata produca effetti, non è sufficiente il mero deposito, ma è necessaria la notifica ai procuratori delle parti costituite, o personalmente a quelle che non si siano costituite, poichè l’art. 129 disp. att. c.p.c., prevedendo la dichiarazione a verbale o la dichiarazione scritta su foglio separato allegato al verbale medesimo, quando essa sia esplicitata in udienza, esige la conoscibilità della riserva di gravame – conforme è Cass. n. 1574 del 2019). Non vale pertanto richiamare il deposito (in forma telematica) nel fascicolo d’ufficio della dichiarazione, se questa non risulta allegata al processo verbale di udienza, sulla base di quanto deve risultare dal medesimo verbale.

Nel caso di specie poi tanto più vale la non configurabilità di un onere di compulsazione del fascicolo d’ufficio in capo alla controparte ove si consideri che, in base alla norma applicabile ratione temporis, non vi era l’obbligatorietà del deposito di atti processuali e documenti con modalità telematica, essendo stato previsto tale obbligo nei procedimenti innanzi alla corte d’appello solo con decorrenza 30 giugno 2015 dal D.L. n. 24 giugno 2014, n. 90, art. 44, comma 2, lett. c), convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, che ha aggiunto del D.L. n. 179 del 2012, art. 16 bis, comma 9 ter.

Va in conclusione affermato il seguente principio di diritto: “nel caso di sentenza che abbia deciso una delle domande senza definire l’intero giudizio, il deposito nel fascicolo d’ufficio della dichiarazione di riserva del ricorso per cassazione, che non sia stata allegata al processo verbale della prima udienza successiva alla comunicazione della sentenza o non sia stata notificata alla controparte, non realizza l’effetto della riserva di impugnazione”.

5. Passando al ricorso incidentale, con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente, premesso che l’unicità ed inscindibilità della parte che aveva introdotto il giudizio comportava l’inammissibilità dell’appello per il difetto di legittimazione di alcuni degli appellanti con il consolidamento della decisione di primo grado, che G.G., G.C., G.M., Gi.Mi., che hanno proposto l’appello quali eredi di F.L., non hanno dimostrato tale loro qualità, la quale deve essere rigorosamente provata e non può essere dimostrata da un’autocertificazione o dall’avvenuto compimento della denuncia di successione (peraltro sottoscritta da un solo soggetto), privi di valenza nel giudizio civile. Aggiunge, quanto al rilievo che l’eccezione sarebbe stata sollevata solo in sede di precisazione delle conclusioni, che tale valutazione, a parte l’infondatezza, contrasta con la rilevabilità d’ufficio del difetto di legittimazione, riconosciuta dalla stessa sentenza impugnata.

6. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 590 del 1965, art. 8,L. n. 817 e 1971, artt. 7 – 8, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Osserva la parte ricorrente, con riferimento alla stipulazione di due contratti di affitto fra tutti i retraenti ed altri due retraenti ( Gi.Ma. e Z.D.), che la circostanza della cessione in affitto

da parte di A.N., F.L. e C.C. (le quali inoltre non possedevano macchine agricole e svolgevano altra attività), come rilevato dalla consulente di parte di Ci.Vi. (la quale aveva fornito anche gli estremi dei relativi atti), risultava dalla pag. 16 della CTU di primo grado. Aggiunge che la corte territoriale avrebbe dovuto disporre la rinnovazione della CTU.

7. Il ricorso incidentale è inammissibile per carenza del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3. Il controricorso, avendo la sola funzione di contrastare l’impugnazione altrui, non necessita dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, potendo richiamarsi a quanto già esposto nel ricorso principale; tuttavia, quando detto atto racchiuda anche un ricorso incidentale deve

contenere, in ragione della sua autonomia rispetto

al ricorso principale, l’esposizione sommaria dei fatti della causa ai sensi del combinato disposto dell’art. 371 c.p.c., comma 3 e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3. Ne consegue che il ricorso incidentale è inammissibile tutte le volte in cui si limiti ad un mero rinvio all’esposizione del fatto contenuta nel ricorso principale, potendo il requisito imposto dal citato art. 366, reputarsi sussistente solo quando, nel contesto dell’atto di impugnazione, si rinvengano gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalla parti, senza necessità di ricorso ad altre fonti (Cass. n. 76 del 2010; da ultimo Cass. n. 1150 del 2019).

Il ricorso incidentale è carente dell’esposizione sommaria del fatto, nè questa risulta ricavabile dal contesto dell’atto. I singoli motivi sono comunque inammissibili per le ragioni appresso indicate.

8. Il primo motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1. Secondo l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, rispetto al quale l’esame del motivo non offre elementi per un mutamento di indirizzo, l’onere di provare la qualità di erede, gravante sul soggetto che agisce in giudizio in tale qualità, viene meno quando la controparte abbia tardivamente sollevato eccezioni in proposito, dopo avere accettato il contraddittorio senza alcuna contestazione al riguardo (Cass. n. 25341 del 2010, per un caso in cui l’eccezione era stata sollevata con la comparsa conclusionale; con riferimento al ricorso per cassazione da ultimo Cass. n. 8975 del 2020 e n. 9250 del 2017). Priva di specificità, ed in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, è poi la denuncia di infondatezza del rilievo di tardività dell’eccezione (per essere stata sollevata in sede di precisazione delle conclusioni).

9. Il secondo motivo è inammissibile. La censura fa chiaramente riferimento al giudizio di fatto, non sindacabile come tale nella presente sede di legittimità. Peraltro, non risultano impugnate le rationes decidendi della nullità della CTU basata su documenti acquisiti dal consulente al di fuori del contraddittorio e dell’irrilevanza dello svolgimento di ulteriori attività ai fini della qualifica di coltivatori abituali. Infine, la rinnovazione della consulenza resta riservata alla valutazione discrezionale del giudice di merito, il quale peraltro ha fornito motivazione delle ragioni per le quali non andava disposta la detta rinnovazione (fra le tante da ultimo Cass. n. 21525 del 2019 e n. 2103 del 2019).

10. Stante la reciproca soccombenza va disposta la compensazione delle spese del giudizio di cassazione.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso principale e il ricorso incidentale. Compensa integralmente le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

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