Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15600 del 22/06/2017

Cassazione civile, sez. VI, 22/06/2017, (ud. 07/04/2017, dep.22/06/2017),  n. 15600

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16270-2016 proposto da:

C.K., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIETRO DE

CRISTOFARO N 40, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO CALIGIURI,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

e contro

T.N.;

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO DI FIRENZE, depositato il

22/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 07/04/2017 dal Presidente Consigliere Dott. MASSIMO

DOGLIOTTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

C.K. ha proposto ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte d’Appello di Firenze che, con provvedimento depositato il 22.12.2015, ha confermato la dichiarazione della sua decadenza dalla responsabilità genitoriale nei confronti dei figli K. ((OMISSIS)) e H. ((OMISSIS)), a seguito di ricorso proposto dalla moglie T.N.C.I., madre dei minori, che ha anche ottenuto il divorzio da lui tramite Tribunale albanese. Non svolge attività difensiva la moglie.

Con un unico motivo di ricorso, C.K. contesta l’omesso “esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, consistente nel giudicato penale che ha escluso abbia commesso un tentativo di omicidio in danno della moglie.

Va preliminarmente osservato che il ricorso, secondo orientamento ampiamente consolidato, è ammissibile (Cass. 23635/16).

C.K. è stato condannato, con sentenza definitiva, alla pena di dodici anni di reclusione per essersi reso responsabile, nell’anno (OMISSIS), dell’omicidio del cugino, cui ha inflitto 22 coltellate. L’odierno ricorrente affermava nel corso del giudizio penale l’occasionalità dell’episodio, conseguito ad uno scatto di impulsività, ed otteneva il riconoscimento della seminfermità mentale. Non è dubbio che all’omicidio abbia assistito la moglie, e che lo stesso sia stato originato dalla gelosia che l’uomo provava nei confronti della consorte. Allega il ricorrente di aver superato le proprie difficoltà, come certificato dalle relazioni positive redatte sul suo conto nel corso della detenzione, e rivendica i suoi diritti di genitore che non vede i figli dal (OMISSIS).

La T., a sua volta, aveva narrato di essere stata costretta alla fuga, in occasione dell’evento, riportando in conseguenza lesioni, e che all’episodio avevano assistito in parte anche i figli, che comunque si trovavano in casa. Il Tribunale, nel corso del primo grado del giudizio, accertava che i bambini “avevano ricostruito un nucleo familiare sereno e rassicurante” con la madre ed il suo nuovo compagno.

Tanto premesso, la Corte di merito ha condivisibilmente osserrvato che vertendosi in materia di responsabilità genitoriale, le esigenze e le approvazioni degli adulti devono lasciare spazio ai bisogni dei soggetti più deboli, cioè i due bambini, che hanno subito un gravissimo trauma da cui si sono, lentamente, ripresi. Il timore palesato dalla T., alla sola ipotesi di poter avere nuovi contatti con il C., “resta lo specchio di uno schock irrisolto per lei ed a maggior ragione per i bambini”. Del resto il ricorrente ha dimostrato totale disinteresse per i minori, tra l’altro mai corrispondendo alcunchè per il loro mantenimento.

La gravità della condotta del ricorrente, che certamente ha violato i propri doveri genitoriali, compromettendo l’equilibrio dei minori, appare alla Corte di merito, correttamente, decisiva.

Ancora, l’aver conseguito il riconosciumento della seminfermità mentale, con riguardo ad un omocidio mentre si trovata in stato di alterazione conseguente ad “Impulsività non contenuta”; non consente allo stato di effettuare un giudizio prognostico positivo in ordine alle attitudini genitoriali del ricorrente. A fronte di simili elementi non appare decisivo il fatto che il C. si sia reso (o meno) responsabile di aver, direttamente o indirettamente, provocato lesioni anche alla moglie. La sua condotta accertata è stata certamente sufficiente ad indurre motivato terrore nel coniuge come nei bambini. Nè assumono rilievo decisivo, nella valutazione da compiere, alcune contraddizioni che sarebbe possibile rinvenire nelle narrazione della donna. Le condotte ascritte al ricorrente, che ne rivelano l’indole volta alla perdita di ogni razionalità ed all’esercizio di estrema violenza, sono state ampiamente confermate, per la parte che rileva ai presenti fini, anche nelle, decisioni penali che lo hanno condannato per l’omicidio del cugino, a causa della gelosia che provava per la moglie, mentre i figli erano in casa.

Il ricorso, pertanto, appare suscettibile di essere rigettato per la sua manifesta infondatezza.

Nulla sulle spese, non essendosi costituita la controparte.

PQM

 

Rigetta il ricorso.

Omettere dati anagrafici e identificativi.

Si dà atto che ha collaborato alla redazione il dott. D.M.P., assistente di studio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2017

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