Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1560 del 19/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 19/01/2022, (ud. 29/10/2021, dep. 19/01/2022), n.1560

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

C.F., cittadino della Nigeria nato il (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour presso la

cancelleria della Corte di cassazione rappresentato e difeso

dell’Avv. Felice Patruno, giusta procura speciale in calce al

ricorso per cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso il decreto n. 9/2021 del Tribunale di Lecce emesso il 20

novembre 2020 nel procedimento n. R.G. 10459/2019;

sentita la relazione in Camera di consiglio del relatore cons.

Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, C.F., cittadino della Nigeria nato a (OMISSIS) il (OMISSIS), ha adito il Tribunale di Lecce impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

2. Nel richiedere la protezione internazionale il ricorrente riferiva di aver lasciato il suo Paese in quanto, a causa di un incendio provocato dall’esplosione di una conduttura di petrolio grezzo, la sua famiglia perdeva la vita e la sua casa veniva distrutta e, non avendo più nulla che lo legasse al suo paese, decideva di partire.

3. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale, avendo il ricorrente allegato problematiche di carattere economico e inerenti la mancanza di riferimenti familiari e difettando inoltre una situazione di violenza generalizzata e diffusa in Nigeria, anche alla luce delle fonti di conoscenza indicate. Il Collegio non ha ritenuto, altresì, integrati i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria (ex D.L. n. 130 del 2020), non evincendosi particolari situazioni di vulnerabilità e non avendo il ricorrente allegato nulla in ordine al suo percorso di integrazione socio-lavorativa, rilevando al contrario che il ricorrente aveva commesso durante la sua permanenza in Italia reati previsti dall’art. 612 c.p., e dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10-bis, oltre ad aver subito un’espulsione sospesa in attesa di definizione della richiesta di protezione internazionale reiterata.

4. Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione C.F., svolgendo tre motivi.

5. L’intimata Amministrazione dell’Interno ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

6. Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in Camera di consiglio non partecipata del giorno 29 ottobre 2021, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

I motivi sono così rubricati: “1. Violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 8 e 11, in combinato disposto con la Dir. n. 32 del 2013, art. 16, ex art. 360 c.p.c., n. 3”; “2. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 351 del 2007, art. 14, anche in relazione all’art. 3 Cost., per avere il Tribunale di Lecce omesso un riferimento specifico alle fonti nazionali ed internazionali da cui desumere le condizioni socio-politiche del paese di provenienza, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”; “3. Violazione e mancata applicazione dell’art. 5, comma 6: D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

7. Con il primo motivo si contesta l’omessa fissazione dell’udienza per la comparizione delle parti.

8. Nel secondo motivo si lamenta la mancata indicazione delle fonti utilizzate dal Tribunale nella valutazione delle condizioni del Paese di origine ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria.

9. Con il terzo motivo si censura la motivazione apparente in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria, non avendo svolto la valutazione comparativa tra l’integrazione raggiunta e la situazione di sradicamento nel Paese natio, ragione altresì di vulnerabilità in capo al ricorrente.

Il ricorso è manifestamente infondato.

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, posto che non corrisponde al vero che non sia stata fissata l’udienza di comparizione delle parti, come prescritto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 10 e 11, essendo al contrario vero che tale udienza è stata trattata in forma cartolare, come consentito dalla norma emergenziale fissata dal D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 7, lett. h.

2. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato in quanto, in relazione al diniego dell’invocata tutela di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, le informazioni sul paese di origine del richiedente sono state compiutamente assunte dal tribunale, in ossequio al disposto normativo di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, con la precisazione nel decreto impugnato delle fonti informative consultate (cfr. pag. 10 del decreto).

3. Il terzo motivo è inammissibile perché le censure, solo genericamente formulate in relazione alla descrizione dell’istituto protettivo invocato (protezione umanitaria), non colgono la ratio decidendi del provvedimento di diniego, e cioè l’assenza di allegazioni da parte del ricorrente in ordine sia all’integrazione raggiunta sia ad eventuali profili di vulnerabilità.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022

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