Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 156 del 05/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 05/01/2022, (ud. 06/10/2021, dep. 05/01/2022), n.156

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12057 – 2020 R.G. proposto da:

D.P.P. – c.f. (OMISSIS) – D.P.G. – c.f.

(OMISSIS) – rappresentati e difesi in virtù di procura speciale su

foglio allegato in calce al ricorso dall’avvocato Enrico Tortolani

ed elettivamente domiciliati in Roma, alla via Scirie’, n. 15,

presso lo studio dell’avvocato Luigi Casale.

– ricorrenti –

contro

MINISTERO della GIUSTIZIA – c.f. (OMISSIS) – in persona del ministro

pro tempore.

– intimato –

avverso il decreto n. 5290 – 24.6/2.9.2019 della Corte d’Appello di

Salerno;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 6 ottobre

2021 dal consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con ricorso ex L. n. 89 del 2001 alla Corte d’Appello di Salerno D.P.P. e D.P.G. si dolevano per l’irragionevole durata del giudizio per risarcimento danni da lesioni personali nei loro confronti intrapreso, dinanzi al Tribunale di Salerno, con atto di citazione notificato in data (OMISSIS), da P.V., giudizio definito con sentenza del (OMISSIS), passata in giudicato il (OMISSIS).

Chiedevano ingiungersi al Ministero il pagamento di un equo indennizzo.

2. Con Decreto del (OMISSIS) il consigliere designato rigettava il ricorso.

3. D.P.P. e D.P.G. proponevano opposizione. Il Ministero della Giustizia non si costituiva.

4. Con decreto n. 5290/2019 la Corte di Salerno rigettava l’opposizione. Premetteva la corte che nei confronti degli opponenti era stata pronunciata sentenza di patteggiamento.

Indi evidenziava che gli opponenti avevano resistito nel giudizio civile finalizzato al risarcimento dei danni ben consapevoli della infondatezza delle loro eccezioni ed appieno coscienti che gli elementi costitutivi dell’avversa richiesta risarcitoria sarebbero stati – come era stato – in toto comprovati.

5. Avverso tale decreto hanno proposto ricorso D.P.P. e D.P.G.; ne hanno chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese.

Il Ministero della Giustizia non ha svolto difese.

6. Il relatore ha formulato ex art. 375 c.p.c., n. 5), proposta di manifesta infondatezza dei motivi di ricorso; il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

7. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies, la violazione dell’art. 24 Cost., commi 1 e 2, e dell’art. 111 Cost., la violazione dell’art. 6 C.E.D.U., la erroneità ed illogicità della motivazione.

Deducono che dalla sentenza penale di patteggiamento pronunciata dal G.U.P. di Salerno in data 5.7.2006 non discendeva l’automatico riscontro della loro responsabilità, sicché il giudice adito in sede civile era chiamato a decidere in via del tutto autonoma.

Deducono che la pretesa risarcitoria azionata da P.V. nel giudizio “presupposto” era indeterminata nel quantum, sicché si imponeva al riguardo un’attenta difesa.

Deducono che siffatte circostanze e le difese svolte nel giudizio “presupposto” danno conto della loro inconsapevolezza circa l’infondatezza delle proprie ragioni; che in pari tempo la loro contumacia nel giudizio “presupposto” sarebbe stata foriera di conseguenze negative.

8. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies, la violazione dell’art. 24 Cost., commi 1 e 2, e dell’art. 111 Cost., la violazione dell’art. 6 C.E.D.U., la erroneità ed illogicità della motivazione.

Deducono che l’impugnato dictum difetta del tutto della motivazione in ordine all’accertamento dell’assenza della condizione soggettiva di incertezza.

Deducono che viceversa la genericità della domanda risarcitoria esperita nei loro confronti nel giudizio “presupposto” era di per sé sola sufficiente ad integrare una condizione di incertezza circa l’esito della lite.

Deducono d’altra parte che la loro partecipazione al giudizio “presupposto” si prospettava come indispensabile quanto meno con riferimento ai profili concernenti la graduazione delle responsabilità degli autori materiali dell’illecito e la quantificazione del risarcimento.

9. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano l’inapplicabilità della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies, la violazione dell’art. 6 C.E.D.U., la violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale.

Sollevano questione di legittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies, in relazione agli artt. 24 e 111 Cost..

10. Il collegio appieno condivide la proposta del relatore, che ben può essere reiterata in questa sede.

I motivi di ricorso, da disaminare congiuntamente siccome strettamente connessi, sono dunque infondati e da respingere.

11. In relazione al disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies, (“Non è riconosciuto alcun indennizzo: a) in favore della parte che ha agito o resistito in giudizio consapevole della infondatezza originaria o sopravvenuta delle proprie domande o difese, anche fuori dai casi di cui all’art. 96 c.p.c.”) questa Corte spiega che l’infondatezza della domanda nel giudizio “presupposto” non e’, di per sé, causa ostativa al riconoscimento dell’indennizzo, all’uopo occorrendo che di tale infondatezza la parte abbia consapevolezza, originaria – allorché proponga una lite temeraria – o sopravvenuta – ma prima che il processo superi il termine di durata ragionevole (cfr. Cass. 12.1.2017, n. 665).

12. Su tale scorta, nondimeno, il riscontro della “consapevolezza” dell’infondatezza delle domande o delle difese si risolve in un giudizio “di fatto”, censurabile essenzialmente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (ovvero per “omesso esame circa un fatto decisivo (…) oggetto di discussione tra le parti”).

Del resto le deduzioni dei ricorrenti sono, sostanzialmente, volte a censurare il giudizio “di fatto” cui al riguardo la Corte di Salerno ha atteso (“dalle difese svolte nel giudizio presupposto non si evince la “infondatezza originaria o sopravvenuta” né la “consapevolezza” dell’infondatezza delle ragioni addotte”: così ricorso, pag. 6; “il Collegio ha omesso di valutare che la costituzione in giudizio era indispensabile per (…) osservare la corretta applicazione di tutte le garanzie processuali”: così ricorso, pag. 7; “la genericità della domanda risarcitoria azionata contro i ricorrenti (…) introduce proprio quella condizione di incertezza sull’effettiva somma cui potevano essere condannati a pagare”: così ricorso, pag. 11).

13. In questi termini il dictum della Corte di Salerno non solo va esente dal preteso difetto di motivazione – specificamente veicolato dal secondo motivo (“la motivazione è del tutto inesistente”: così ricorso, pag. 11) – ma va esente altresì da qualsivoglia forma di “anomalia motivazionale” rilevante alla luce della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.

E, ben vero, la corte distrettuale ha ulteriormente – ed in maniera condivisibile – puntualizzato che dalla documentazione allegata si desumeva che la protrazione del giudizio “presupposto” era stata, per gli opponenti, fattore non già di pregiudizio ma di vantaggio, vantaggio consistito nel differimento temporale del pagamento dovuto alle persone offese dal loro reato.

14. In pari tempo, i ricorrenti sollecitano questa Corte al riesame degli esiti di causa onde dar ragione dell'”inconsapevolezza” da parte loro dell’infondatezza delle loro difese.

Tuttavia a tanto osta l’insegnamento di questa Corte (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).

15. E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale prospettata con il terzo motivo.

La previsione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies, è in toto legittima, siccome non può postularsi alcun “patema d’animo” nei confronti di chi abbia agito o resistito in giudizio – ab origine ovvero a decorrere da un dato momento sopravvenuto del processo (antecedente al maturare del termine di durata ragionevole) – pienamente consapevole dell’infondatezza delle proprie ragioni.

D’altronde, questa Corte ha ritenuto che già prima della novella di cui alla L. n. 208 del 2015 – che ha appunto introdotto la previsione dell’art. 2, comma 2-quinquies – il giudice del procedimento di equa riparazione potesse, onde disconoscere qualsivoglia pretesa indennitaria, valutare la temerarietà e dell’iniziativa assunta e della resistenza opposta nel giudizio “presupposto” (cfr. Cass. (ord.) 13.10.2017, n. 24190).

16. Il Ministero della Giustizia non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in punto di spese va pertanto assunta.

17. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001. Il che rende inapplicabile il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022

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