Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15599 del 09/07/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 15599 Anno 2014
Presidente: LUCCIOLI MARIA GABRIELLA
Relatore: CRISTIANO MAGDA

SENTENZA

sul ricorso 3232-2008 proposto da:
IMBRIALE MARIA CARMELA (c. f. MBRMCR56A501281E),
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE
3, presso l’avvocato SANDULLI MICHELE, rappresentata
e difesa dagli avvocati BRUNO ACHILLE, BRUNO
FRANCESCO ETTORE, giusta procura a margine del
2014

ricorso;
– ricorrente –

917

contro

FORTE GIUSEPPE RITA (FRTGPP51E63A881B), in proprio e

Data pubblicazione: 09/07/2014

nella qualità di liquidatrice della FORTE VINCENZO E
C.

S.N.C.,

FORTE

FRTGNN56P28A881X),
FRTGPP53A02A881N),

NICOLA

GAETANO
FORTE

(c.f.

GIUSEPPE

(C.F.

MARIO

(C.F.

FORTE

FRTMRA62L20A881L), elettivamente domiciliati in

GIANCARLO, che li rappresenta e difende, giusta
procure a margine del controricorso;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 2753/2007 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 05/09/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/04/2014 dal Consigliere Dott. MAGDA
CRISTIANO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.

ROMA, VIA CHIANA 35, presso l’avvocato MAllEI

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 5,.07, ha respinto l’appello proposto
da Carmela Imbriale contro la sentenza di primo grado, che aveva a sua volta
respinto la domanda dell’appellante di condanna della Forte Vincenzo & figli s.n.c. al
pagamento della somma di £ 374.000.000 oltre interessi, fondata su una scrittura
privata di riconoscimento del debito, sottoscritta dal socio Michele Forte anche nella

sua qualità di amministratore e legale rappresentante della società.
La corte territoriale ha ritenuto che il debito dedotto in giudizio fosse riferibile
unicamente al socio che lo aveva riconosciuto e non anche alla s.n.c: ha rilevato che
in tal senso deponevano sia il tenore letterale della scrittura, privck.di qualsivoglia
menzione del rapporto intercorso fra l’Imbriale e la Forte Vincenzo & figli., sia le
dichiarazioni spontanee rese dall’appellante nel corso dell’udienza di comparizione,
sia, infine, le motivazioni della sentenza penale che l’aveva assolta dai reati di
estorsione e di usura, dalle quali si evinceva che il debito era stato contratto
personalmente da Michele Forte, che aveva speso il nome della società solo per
offrire alla creditrice una forma impropria di garanzia.
Carmela Imbriale ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a
due motivi e illustrato da memoria, cui i soci della s.n.c. Vincenzo Forte hanno
resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo Carmela Imbriale denuncia violazione degli artt. 1362 e segg.
c.c. ed “errata qualificazione della scrittura”. Deduce che la corte del merito ha
fondato il proprio convincimento su motivazioni assiomatiche, senza chiarire quali
fossero gli elementi di fatto la cui mancanza impediva di ritenere provata la
sussistenza del debito della società; rileva in contrario che il documento ricognitivo
conteneva un preciso riferimento a tale debito e contesta che la prova negativa, che
avrebbe dovuto essere offerta dalla controparte, potesse essere tratta dalle sue
dichiarazioni, con le quali si era limitata a riferire che Michele Forte le aveva

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rilasciato quattro cambiali, o dalle motivazioni della sentenza penale, posto che
proprio la perizia contabile disposta nel corso del dibattimento aveva consentito di
accertare che ella aveva versato alla Forte Vincenzo & figli ed al socio Michele Forte
complessivi 717milioni di lire, ottenendone in restituzione meno della metà. Formula,
in conclusione, quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. con il quale chiede sia
affermato che “i giudici del merito hanno raggiunto il proprio convincimento

attraverso un ragionamento errato e logicamente non corretto e con motivazione
incongrua e contraddittoria”.
Il motivo, che risulta volto unicamente a censurare la ricognizione del materiale
probatorio compiuta dalla corte di merito e che pertanto è stato erroneamente
qualificato ai sensi del n. 3, invece che del n. 5, dell’art. 360 I comma c.p.c., va
dichiarato inammissibile.
Le doglianze illustrate, lungi dall’individuare i vizi logici o giuridici della motivazione,
si risolvono infatti nella richiesta di un riesame del merito della decisione, neppure
accompagnata dall’indicazione dell’esatta sede processuale nella quale risultano
prodotti i documenti e gli atti di causa che sarebbero stati travisati dalla corte
territoriale.
Appare peraltro dirimente il rilievo della assoluta genericità del quesito riassuntivo,
con il quale la ricorrente si è limitata a richiedere, puramente e semplicemente, di
accertare la ricorrenza del vizio denunciato, anziché indicare — secondo quanto
richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c. – quali siano i fatti
controversi in relazione ai quali la motivazione sarebbe erronea o contraddittoria.
2) Col secondo mezzo di censura la ricorrente, deducendo vizio di motivazione della
sentenza impugnata, sostiene, in primo luogo, che le errate argomentazioni sulle
quali la corte d’appello ha fondato l’affermazione dell’inesistenza del debito della
rel

Forte Vincenzo s.n.c. ha omportato l’omessa pronuncia sul motivo di gravame con
il quale ella aveva chiesto di accertare l’avvenuto riconoscimento di tale debito da

parte della società; l’Imbriale torna poi a contestare l’interpretazione della scrittura
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fornita dalla corte del merito che sarebbe, a suo dire, quantomeno forzata e non
condotta alla stregua dei criteri ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e segg. c.c.; rileva
in proposito che la ricognizione, anche se non espressamente, avrebbe dovuto
ritenersi quantomeno implicitamente titolata per logica deduzione, atteso il richiamo
operato dalle parti alle fatture emesse dalla F.11i Corrado s.n.c – ossia da essa
ricorrente – a carico della Forte Vincenzo s.n.c., a fronte delle quali quest’ultima

aveva emesso cambiali ed assegni in massima parte non onorati alla scadenza;
assume, infine, che la natura di ricognizione di debito della scrittura faceva
presumere l’esistenza del rapporto fondamentale e che pertanto sarebbe spettato ai
convenuti/appellati di dimostrarne l’inesistenza. Formula, in conclusione, quesito di
diritto del seguente letterale tenore: ” Ai sensi dell’art. 1988 c.c., il riconoscimento del

debito dispensa colui a favore del quale è fatto dall’onere di provare il rapporto
fondamentale. L’esistenza di questo si presume fino a prova contraria. La prova
contraria non è stata data. Accerti quindi la Corte se vi è stata violazione dell’art. 360
n. 3 in relazione agli artt. 112 c.p.c. e 1998 c. c. ed enunci il principio di diritto al quale
il giudice del merito avrebbe dovuto attenersi’.
Anche questo motivo va dichiarato inammissibile.
Incomprensibile è la prima ragione di doglianza, posto che la corte del merito,
affermando che la scrittura non era riferibile alla s.n.c., ha evidentemente
pronunciato sul motivo d’appello volto ad ottenere il contrario accertamento,
respingendolo.
Quanto a quella parte della censura in cui si lamenta l’errata valutazione del
documento (e che dunque effettivamente denuncia un vizio di motivazione), valgono
i rilievi già svolti in sede di esame del primo motivo: la ricorrente pone infatti la
questione in termini meramente dubitativi e richiama a sostegno dell’interpretazione
della scrittura a suo avviso preferibile mezzi di prova (fatture, cambiali) cui nella
sentenza non si fa neppure un accenno, senza specificare dove essi siano
rintracciabili all’interno dei fascicoli di parte o d’ufficio; afferma, inoltre, per la prima

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volta — dopo aver sempre sostenuto di aver finanziato la Forte Vincenzo s.n.c. – che
il debito di quest’ultima nei suoi confronti deriverebbe da forniture eseguite da un
terzo soggetto, la F.11i Corrado s.n.c., senza minimamente preoccuparsi di chiarire da
quali elementi istruttori risulti che ella era stata amministratrice di tale società e che
le era succeduta nella titolarità del rapporto obbligatorio.

sintesi, richiesto dall’art. 366 bis c.p.c. per circoscriverne puntualmente i limiti, in
modo da non ingenerare incertezze in ordine alla sua formulazione ed alla
valutazione della sua immediata ammissibilità (Cass. S.U. n. 12339/010).
Inconferente, infine, è il quesito di diritto formulato a conclusione del mezzo in
esame, nel quale si dà per scontato ciò che la corte territoriale ha invece
motivatamente escluso, owero che la scrittura ricognitiva provenisse anche dalla
società.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali, che liquida in € 4.200, di cui € 200 per esborsi, oltre spese
generali ed accessori di legge.
Roma, 29 aprile 2014
Il zons. est.

Il Presidente

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Va aggiunto che a tale parte del motivo non corrisponde uno specifico momento di

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