Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15597 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. III, 04/06/2021, (ud. 26/01/2021, dep. 04/06/2021), n.15597

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14425/2019 proposto da:

C.M., rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE

LAVALLE, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in ROMA,

VIA OVIDIO 20, pec: avv.giuseppelavalle.pec.it;

– ricorrente –

contro

SIENA NPL 2018 SRL, (già Monte dei Paschi di Siena) in persona del

legale rappresentate, rappresentato e difeso dall’avvocato FEDERICO

SCANFERLATO, ed elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’avvocato FABRIZIO CARBONETTI, in ROMA, VIA DI SAN VALENTINO,

21, pec: federicoscanferlato.pec.ordineavvocatitreviso.it,

fabriziocarbonetti.ordineavvocatiroma.org;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 134/2018 della CORTE D’APPELLO DI TRENTO

SEZ.DIST. DI BOLZANO, depositata il 02/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/01/2021 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Monte Paschi di Siena SpA ottenne dal Tribunale di Bolzano un decreto ingiuntivo per la somma di Euro 138.779,17 nei confronti di C.M., quale fidejussore della società Guss Tecnica Italia SpA. Il C. propose opposizione, con atto di citazione del 13/11/2013, deducendo di aver ceduto le quote della società e di aver legittimamente revocato la fideiussione rilasciata in favore della banca ai sensi dell’art. 1956 c.c., in quanto la banca aveva concesso alla debitrice principale ulteriore credito pur conoscendo il peggioramento delle sue condizioni economiche.

Nel contraddittorio con Monte Paschi di Siena, il Tribunale di Bolzano rigettò l’opposizione ritenendo che la garanzia offerta dal C. fosse un contratto autonomo di garanzia; come tale sottratto alla disciplina (iena fideiussione e alla possibilità per il garante di sollevare eccezioni in ordine al rapporto principale.

La Corte d’Appello di Trento (Sezione distaccata di Bolzano), adita dal C., con sentenza n. 134 del 2/11/2018, ha rigettato l’appello ritenendo, per quanto ancora qui di interesse: a) incontestato tra le parti e coperto da giudicato il fatto che la banca, pur avendo avviato le procedure interne per pervenire alla liberazione del garante, non avesse completato la procedura, di guisa da escludere la configurabilità del recesso; b) irrilevante la pretesa violazione dell’art. 1956 c.c., in quanto, pur essendo la norma applicabile anche al contratto autonomo di garanzia, nel caso in esame doveva escludersene l’applicazione perchè il fideiussore aveva l’onere di informarsi costantemente sulle condizioni patrimoniali della debitrice e a tale onere non aveva ottemperato; c) non vi erano elementi di prova a sostegno della pretesa malafede della banca.

Avverso la sentenza, che ha dunque rigettato l’appello condannando il C. alle spese del grado, il medesimo ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi. Ha resistito la Siena MPL 2018 srl, (già Monte dei Peschi di Siena SpA) con controricorso.

La causa è stata fissata per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c. in vista della quale il C. ha presentato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso – nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione e falsa applicazione degli artt. 1421 e 1957 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente assume la nullità della fidejussione perchè redatta su uno schema dell’ABI ovvero utilizzando uno schema derivante da un’intesa illecita posta in essere dalle banche in contrasto con il divieto di cui alla L. n. 287 del 1990, art. 2.

La parte resistente eccepisce la novità del motivo per non aver il ricorrente posto la questione in precedenza nel grado di appello.

1.1. Il motivo è inammissibile per plurimi e distinti profili. Innanzitutto non è rispettoso dei principi di cui all’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6, perchè non enuncia dove il ricorrente abbia trattato la questione della nullità (per redazione della garanzia su modulo ABI) nel grado di appello, non consentendo pertanto a questa Corte di verificare se la questione abbia già costituito oggetto di contraddittorio tra le parti. In secondo luogo – e consequenzialmente – la questione della dedotta nullità risulta sollevata per la prima volta in sede di legittimità, peraltro nella forma della “nuda eccezione”, non risultando in alcun modo la stessa trattata nei gradi di merito.

La novità della questione ne comporta la radicale inammissibilità nè il ricorrente può giovarsi, come argomentato nella memoria ex art. 378 c.p.c., di una sentenza di questa Corte, dettata in analoga fattispecie, in quanto proprio dalla stessa si traggono argomenti per giungere ad escludere che la suddetta nullità possa essere dedotta per la prima volta in cassazione.

Si legge infatti in Cass., 3, n. 4175 del 19/2/2020 che “La nullità della fideiussione posta a fondamento dell’azione revocatoria è rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità, ma non può essere accertata sulla base di una “nuda” eccezione, sollecitata per la prima volta con il ricorso per cassazione, basata su contestazioni in fatto in precedenza mai effettuate, a fronte della quale l’intimato sarebbe costretto a subire il “vulnus” delle maturate preclusioni processuali. La fattispecie esaminata dalla Corte nel richiamato precedente è del tutto sovrapponibile a quella in esame in quanto in essa un istituto di credito aveva esercitato l’azione revocatoria nei confronti di alcuni fideiussori e questi ultimi avevano eccepite, solo in cassazione, la nullità della garanzia da loro prestata perchè conforme ad uno schema contrattuale elaborato dall’ABI, in tema di clausole da apporre alle fideiussioni, dichiarato illegittimo dall’Autorità competente in quanto conseguente ad un’intesa fra imprese restrittiva della concorrenza.

Si trae, pertanto, conferma dell’inammissibilità del motivo.

2. Con il secondo motivo di ricorso, formulato in via subordinata rispetto al primo, il ricorrente deduce la nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, nonchè la violazione e falsa applicazione degli artt. 1419 e 1957 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Assume che, in subordine al rilievo della nullità della fideiussione, si dovrebbe, in ragione della accertata nullità di alcune clausole, ritenere operativo l’art. 1957 c.c. e dunque la decadenza della banca dal diritto di avvalersi della garanzia per non aver coltivato le azioni a tutela del proprio credito.

2.1 Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza e dunque per contrasto con l’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6), in quanto il ricorrente non indica dove abbia trattato la questione dell’applicazione dell’art. 1957 c.c., nei precedenti gradi di merito. Nè può ritenersi che il ricorrente possa aver colmato le lacune del ricorso con la memoria ex art. 378 c.p.c., in quanto, in base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, vige il principio della consumazione del potere di impugnazione con la proposizione del ricorso, restar do preclusa alla parte ricorrente la possibilità di integrare le difese con ulteriori motivi o con precisazione di quelli già dedotti, con atti successivi al ricorso. Così è esclusa la possibilità di integrare eventuali lacune del ricorso – sotto il profilo della autosufficienza – con riferimenti contenuti nella memoria ex art. 378 c.p.c. (Cass., S.U., n. 6691 del 9/3/2020).

3. Con il terzo motivo di ricorso – violazione e/o falsa applicazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, dell’art. 1936 c.c. – il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha qualificato la garanzia prestata dal C. quale contratto autonomo anzichè quale fideiussione ordinaria.

3.1 Il motivo è inammissibile, perchè il ricorrente non esplica quale interpretazione del contratto sia stata fatta propria dall’impugnata sentenza che risulti in contrasto con le disposizioni di ermeneutica contrattuale e perchè, in ogni caso, la qualificazione del contratto appare irrilevante, nella logica della sentenza, in ragione della ritenuta esclusione dell’operatività dell’art. 1956 c.c..

In base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte (si veda, ex multiis, Cass., 7/11/2019 n. 28625), l’interpretazione delle clausole contrattuali rientra tra i compiti esclusivi del giudice di merito ed è insindacabile in cassazione se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica ed assistita da congrua motivazione, potendo il sindacato di legittimità avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti, bensì solo l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (v. pure: Cass. 31/03/2006, n. 7597; Cass. 01/04/2011, n. 7557; Cass. 14/02/2012, n. 2109; Cass. 29/07/2016, n. 15763); e, al fine di far valere una violazione di tali norme, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità Cass. 09/10/2012, n. 17168; Cass. 11/03/2014, n. 5595; Cass. 27/02/2015, n. 3980; Cass. 19/07/2016, n. 14715; Cass. ord. 29/03/18, n. 7794).

4. Con il quarto motivo – omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, comma 1, n. 5. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1956 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente censura la sentenza per aver omesso di considerare – laddove ha ritenuto che la banca fosse esonerata dall’obbligo di richiedere la preventiva autorizzazione de garante nell’ipotesi di concessione di nuovo credito – che il C. dal giugno del 2008 non era più socio della Guss Tecnica Italia e che la Banca non fosse, comunque, esonerata dall’obbligo di tenere un comportamento di buona fede.

4.1 Il motivo è inammissibile perchè la contestazione delle conseguenze dell’interpretazione di una clausola contrattuale avrebbe dovuto essere impugnata con esplicita deduzione della violazione dei criteri dell’ermeneutica contrattuale e delle norme degli artt. 1362 c.c. e segg., secondo quanto argomentato per il motivo precedente.

5. Con il quinto motivo – violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 1956 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente censura la sentenza per aver svolto una valutazione imprudente della prova che si risolverebbe in una interpretazione logicamente insostenibile dei fatti, con particolare riguardo al mancato rilievo del comportamento fraudolento della banca.

5.1. Il motivo è inammissibile; perchè riguarda una quaestio facti, come tale incensurabile in sede di legittimità; nè può configurarsi una violazione dell’art. 116 c.p.c., nel caso in cui la censura si risolva in una contestazione del risultato dell’attività di apprezzamento delle prove da parte del giudice del merito (si veda Cass., S.U. n. 16598 del 5/8/2016).

6. Con il sesto motivo – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 324 c.p.c. e dell’art. 4 del contratto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente censura la sentenza laddove ha ritenuto coperta da giudicato la contestazione relativa all’efficacia del recesso, non essendo tematizzata da alcuno dei motivi di impugnazione svolti dall’appellante.

6.1. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, perchè non illustra in quali termini ed in qual specifiche sedi processuali i presupposti di operatività della clausola contrattuale siano stati contestati davanti ai giudici del merito (Cass., S.U., n. 34469 del 27/12/2019).

7. Conclusivamente il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato a pagare, in favore della parte resistente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, del cd. “raddoppio” del contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione liquidate in Euro 5.600 (oltre Euro 200 per esborsi) più accessori di legge e spese generali al 15%). Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 26 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

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