Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15596 del 15/07/2011

Cassazione civile sez. VI, 15/07/2011, (ud. 10/06/2011, dep. 15/07/2011), n.15596

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA POMEZIA 44, presso lo studio dell’avvocato FARALLO PIERO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GRAVANTE LUIGI, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.G. (OMISSIS), D.D.

T.,elettivamente domiciliati in ROMA, VIA VALSUGANA 2, presso lo

studio dell’avvocato TAMMARO MAIELLO, rappresentati e difesi dagli

avvocati VITTORIO BRINDISI, BRINDISI FERDINANDO giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

D.D.T.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1056/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

10/02/10, depositata il 25/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

è presente il P.G. in persona del Dott. UMBERTO APICE.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che il Consigliere relatore dott. G.A. Bursese in data 8.3.2011 ha depositato la relazione ex art. 380 bis c.p.c. che qui integralmente si trascrive:

1) “Il sig. P.G. con atto del 3.7.97 conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di S. Maria C.V. il germano ing. P.G., deducendo di aver soprelevato un muro sul terrazzo di copertura dell’immobile di sua proprietà a confine con quello di proprietà del convenuto e che quest’ultimo, nel maggio 1997, dopo avere ottenuto la relativa autorizzazione amministrativa a costruire il muro di confine, aveva invece preferito infiggere nella facciata esterna del muro realizzato dall’attore, delle staffe di ferro che sostenevano alcuni pannelli in alluminio. Si costituiva il convenuto e successivamente interveniva la di lui moglie D.T. D., deducendo che il muro a confine esisteva fin dal 1978, per cui l’attore si era limitato solo ad innalzare il muro preesistente, su cui esso convenuto aveva poi inserito i menzionati pannelli in alluminio per motivi di sicurezza, a tutela della propria incolumità messa in pericolo da violenze subite. Chiedeva quindi il rigetto della domanda attrice e l’accoglimento della propria domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni subiti a seguito della condotta dell’attore. L’adito tribunale rigettava sia la domanda dell’attore, ritenendo applicabile nella fattispecie, la norma di cui all’art. 884 c.c. che la riconvenzionale del convenuto, per manifesta infondatezza.

“Avverso tale sentenza proponeva appello P.G. deducendo l’erroneità dell’affermata comunione del muro ed insisteva per l’abbattimento della struttura in alluminio. L’adita Corte d’appello di Napoli con la sentenza 1056/2010, accoglieva il proposto gravame e, in riforma dell’appellata sentenza, condannava l’appellante alla rimozione della struttura in alluminio ed al ripristino dello stato dei luoghi. Secondo la corte partenopea il convenuto non aveva titolo per fissare la struttura in alluminio sulla soprelevazione del muro realizzato dall’attore (che dava luogo a proprietà esclusiva e separata della sopraelevazione medesima, in deroga al regime della comunione) anzichè sulla parte basale del muretto che restava comune, per cui doveva rimuovere tale struttura metallica abusivamente installata, non avendo egli peraltro conseguita la comunione del muro sopraelevato.

Per la cassazione della sentenza ricorre P.G. sulla base di un solo motivo; resistono con controricorso gli intimati. “2) Con l’unica censura l’esponente deduce la “violazione e falsa applicazione della norma di diritto” che omette di indicare. Sostiene che la struttura in parola in realtà interessa sia la parte in comune che quella in soprelevazione del muro divisorio e fa generico riferimento all’art. 885 c.c. che concede al proprietario del muro sottostante di richiedere in ogni momento la comunione della sopraelevazione.

“Ciò premesso rileva l’Ufficio che la censura appare inammissibile atteso che non è dato comprendere quale sia la norma che si assume violata in relazione alla ratio decidendi della sentenza impugnata.

Nè è ipotizzabile una diversa lettura della CTU (peraltro non interamente riportata) nè ha rilevo la mera possibilità di richiedere la comunione del muro in sopraelevazione. Si osserva peraltro che secondo la giurisprudenza di questa S.C. l’art. 885 c.c., che riconosce ad ogni comproprietario la facoltà di alzare il muro comune, introduce una deroga sia al normale regime della comunione che a quello dell’accessione perchè consente la formazione di una proprietà separata ed esclusiva della sopraelevazione, non subordinata al consenso del comproprietario del muro sottostante, salvo il diritto di questi a rendere comune la sopraelevazione corrispondendo la metà del valore dell’opera. (Cass. n. 6627 del 14/06/1993; Cass. n. 237 del 11/01/1997).

“3) Si ritiene pertanto di avviare la causa a decisione in camera di consiglio per valutare l’infondatezza del ricorso.

in Roma il 8.3.2011”.

IL COLLEGIO tanto premesso, la relazione sopra riportata non è stata oggetto di contestazione; ad essa ha aderito il P.G., mentre le conclusioni in essa contenute sono corrette e condivisibili; si ritiene pertanto di rigettare il ricorso, ponendo le spese processuali a carico del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge, da distrarsi in favore del procuratore antistatario.

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2011

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