Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15595 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. III, 04/06/2021, (ud. 25/01/2021, dep. 04/06/2021), n.15595

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 36843/19 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato a Vicenza, v. Lorenzoni n. 8,

difeso dall’avvocato Davide Verlato, in virtù di procura speciale

apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia 29.7.2019 n.

3169;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25 gennaio 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. A.M., cittadino nigeriano, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato il proprio Paese dopo essere stato minacciato dai membri del proprio villaggio, i quali avevano già avvelenato suo padre nel contesto di una lite legata alla spartizione del ricavato della vendita di alcuni terreni.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento A.M. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Venezia, che la rigettò con ordinanza 23.5.2018.

Tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Venezia con sentenza 29.7.2019.

Quest’ultima ritenne che:

-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), non potessero essere concessi perchè il racconto del richiedente era inattendibile;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non potesse essere concessa, perchè nel Paese d’origine del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, non potesse essere concessa in quanto il richiedente non aveva allegato nè dimostrato specifiche circostanze idonee a qualificarlo come “persona vulnerabile”.

4. Il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da A.M. con ricorso fondato su due motivi.

Il Ministero dell’interno non ha notificato controricorso, ma solo chiesto di partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Prima di esaminare i due motivi di impugnazione proposti dall’odierno ricorrente, è doveroso dare conto della particolare struttura del ricorso.

Questo si compone di una ampia parte introduttiva (fogli 1-10, le pagine non sono numerate), nella quale il ricorrente espone i fatti di causa, e formula altresì giudizi di erroneità sotto vari profili della sentenza d’appello; a tale parte introduttiva segue l’esposizione dei motivi (pp. 11 e ss.), i quali sono distintamente illustrati, contraddistinti da un numero e preceduti da una intestazione in grassetto.

Da questo punto in poi il ricorrente muove varie censure alla sentenza d’appello, non tutte e non del tutto coincidenti con le critiche contenute nella prima parte del ricorso.

Dinanzi a questa singolare tecnica scrittoria adottata dal ricorrente, questa Corte deve innanzitutto stabilire quali siano le censure che debbano ritenersi ritualmente proposte.

Ritiene il Collegio che le uniche censure suscettibili di esame siano quelle contenute alle pp. 11 e ss. del ricorso. Ciò per due motivo: l’uno formale, l’altro sostanziale.

Dal punto di vista formale, solo le censure illustrate alle pp. 11 e ss. seguono l’enunciazione del vizio denunciato e il suo inquadramento in una delle tipologie di cui all’art. 360 c.p.c.. Solo per queste ultime, pertanto, la struttura logica del discorso è coerente con la struttura grafica del testo.

Dal punto di vista sostanziale, poi, solo le censure esposte alle pp. 11 e ss. del ricorso possono dirsi espressione sicura del c.d. momento volitivo dell’impugnazione: la manifestazione, cioè, della volontà che il provvedimento impugnato sia riformato per i motivi ivi indicati.

Ai fini del presente giudizio, in conclusione, debbono ritenersi tamquam non essent le deduzioni svolte dal ricorrente alle pp. 2-10 del ricorso.

2. Col primo motivo il ricorrente lamenta la violazione, da parte della Corte d’appello, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.

Nella illustrazione del motivo sostiene che la Corte d’appello ha escluso la sussistenza nella regione di provenienza del richiedente di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato senza acquisire alcuna corretta ed aggiornata informazione sulle condizioni della Nigeria.

1.1. Il motivo è infondato.

La Corte d’appello, infatti, ha posto a fondamento della propria decisione di rigettare la domanda di protezione sussidiaria, invocata sul presupposto della sussistenza in Nigeria di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, una fonte attendibile ed aggiornata, e cioè un rapporto dell’EASO del 2018.

2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta sia il vizio di violazione di legge sia quello di omesso esame di un fatto decisivo.

Nella illustrazione del motivo si sostiene che la decisione della Corte d’appello sarebbe stata “condizionata da un pregiudizio negativo a danno del richiedente”; che la Corte d’appello sarebbe perciò venuta meno al dovere di cooperazione istruttoria; che le informazioni acquisite della Corte d’appello sulle condizioni della Nigeria sarebbero “smentite da numerose ed autorevoli fonti di informazione anche recenti” (non altrimenti precisate).

Con autonoma censura il ricorrente aggiunge che erroneamente la Corte d’appello avrebbe rigettato la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Sostiene a tal riguardo che la Corte d’appello non avrebbe “adeguatamente considerato” l’integrazione sia sociale e lavorativa del richiedente asilo in Italia.

2.1. Il motivo è inammissibile o infondato in tutte le censure in cui si articola. In primo luogo, la Corte d’appello ha rigettato la domanda di concessione della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), sul presupposto che il fatto narrato dal richiedente avesse natura privata: e tale autonoma ratio decidendi (illustrata al p. 3.4 della sentenza d’appello) non è stata impugnata. In secondo luogo, il dovere c.d. “di cooperazione istruttoria” non sorge ipso facto sol perchè il giudice di merito sia stato investito da una domanda di protezione internazionale, ma è subordinato alla circostanza che il richiedente sia stato in grado di fornire una versione dei fatti quanto meno coerente e plausibile; se manca questa attendibilità, non sorge quel dovere, poichè l’una

è condizione dell’altro (ex multis, Sez. 1 -, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549 – 02; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 16925 del 27/06/2018, Rv. 649697 – 01).

Questi principi sono già stati affermati da questa Corte sia con riferimento all’ipotesi di richiesta di asilo, sia con riferimento all’ipotesi di richiesta di protezione sussidiaria giustificata dal rischio di morte o tortura, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. (a) e (b), (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 16925 del 27/06/2018, Rv. 649697 – 01).

Infine, per quanto concerne la censura con cui è investito il rigetto della domanda di protezione sussidiaria per l’ipotesi di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. (c), essa da un lato è inammissibile, in quanto il ricorrente per cassazione che intenda denunciare in sede di legittimità la violazione, da parte del giudice di merito, del dovere di c.d. cooperazione istruttoria da parte del giudice di merito non può limitarsi a dedurre l’astratta violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ma ha l’onere di allegare l’esistenza e di indicare gli estremi delle COI che, secondo la sua prospettazione, ove fossero state esaminate dal giudice di merito avrebbero dovuto teoricamente condurre ad un diverso esito del giudizio (ex multis, Sez. 1 -, Ordinanza n. 21932 del 09/10/2020, Rv. 659234 – 01; Sez. 1, Ordinanza n. 28645 del 15/12/2020). Nè, infine, la sentenza impugnata può dirsi erronea sol perchè il giudice abbia escluso la sussistenza in Nigeria d’una guerra sulla base d’un solo rapporto internazionale. La consultazione d’una sola fonte di informazione basta infatti a soddisfare l’onere di cui all’art. D.Lgs. n. 25 del 2008, se questa è attendibile ed aggiornata: sicchè appare destituita di fondamento la censura secondo cui la Corte d’appello avrebbe sbagliato a fondare la propria decisione di rigetto della domanda di protezione sussidiaria “sulla base di una sola fonte di informazione”.

2.2. Nella parte in cui investe il rigetto della domanda di protezione umanitaria il motivo è infondato per due indipendenti ragioni.

In primo luogo, è infondato perchè la Corte d’appello ha espressamente preso in esame le attività svolte in Italia dal richiedente, reputandole sporadiche e inidonee a dimostrare una effettiva integrazione nel nostro Paese.

In secondo luogo è infondato perchè qualsiasi effettiva integrazione in Italia sarebbe irrilevante ai fini del rilascio del permesso di soggiorno, se nel paese di origine del richiedente egli non sia esposto, come per l’appunto ritenuto dalla Corte d’appello, al rischio di una compromissione grave dei propri diritti fondamentali.

4. Non occorre provvedere sulle spese del presente giudizio, poichè l’amministrazione intimata non ha notificato alcun controricorso.

PQM

la Corte di Cassazione:

(-) rigetta il ricorso;

(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 25 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

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