Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15593 del 27/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 27/07/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 27/07/2016), n.15593

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.L., rappresentato e difeso dall’Avv. CAMPANELLI

Giuseppe del Foro di Roma ed elettivamente domiciliato presso il suo

studio in Roma, via dar Danelli, 37, come da procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania, n. 411/5/2009, depositata il 14/12/2009.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15

giugno 2016 dal Relatore Cons. Dott. IANNELLO Emilio;

udito l’Avv. CAMPANELLI Giuseppe per il controricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

ZENO Immacolata, la quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza depositata in data 14/12/2009 la C.T.R. della Campania, sezione staccata di Salerno, dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che, in accoglimento del ricorso proposto da G.L., aveva annullato l’avviso di accertamento nei confronti dello stesso emesso per l’anno d’imposta 1999.

Rilevava infatti che l’atto d’appello risultava “inviato alla controparte a mezzo servizio postale con raccomandata a.r.” e che però “tale atto, pur essendo correttamente indirizzato alla controparte, per mero errore di spedizione (essendo stato spillato male e senza busta) non veniva recapitato al contribuente, ma erroneamente alla commissione tributaria regionale”.

2. Avverso tale decisione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi; resiste il contribuente depositando controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 1 e 17, e dell’art. 291 c.p.c. e art. 350 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Sostiene che, essendo stato l’atto d’appello correttamente indirizzato, come riconosciuto anche dai giudici di secondo grado, la mancata costituzione in giudizio dell’appellato non è da imputare a colpa di essa amministrazione, ma esclusivamente ad un mero disguido postale. Conseguentemente i giudici dell’appello avrebbero dovuto ordinare la rinnovazione della notifica ai sensi degli artt. 291 e 350 c.p.c. e non dichiarare l’inammissibilità del gravame.

4. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia motivazione contraddittoria insufficiente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la C.T.R., da un lato, espressamente attribuito il mancato perfezionamento della notifica a “mero errore di spedizione”, dall’altro, imputato a responsabilità dell’ufficio finanziario tale disguido.

5. I motivi di ricorso, congiuntamente esaminabili, sono infondati.

Pur nella estrema laconicità della motivazione, appare chiaro da essa che la circostanza che ha determinato la mancata notifica dell’atto d’appello sia consistito nel confuso confezionamento dell’atto consegnato all’ufficio postale (atto “spillato male e senza busta”).

Un tale vizio, impingendo attività proprie ed esclusive del notificante, correttamente è stato imputato dalla C.T.R. a responsabilità dello stesso e non dell’agente postale e, conseguentemente, è stato anche ritenuto causa di inesistenza e non di nullità dell’atto, come tale insuscettibile di essere sanata con effetti ex tunc. 6. Deve pertanto pervenirsi al rigetto del ricorso.

Alla soccombenza segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 3.800,00, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2016

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