Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15593 del 22/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 22/07/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 22/07/2020), n.15593

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO G. Mar – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3962 2013 R.G. proposto da:

Autocentro Veicoli Commerciali e Derivati s.r.l., in persona del

legale rappresentante pro tempore, Mattea Massimiliano e Nattino

Mario, elettivamente domiciliati in Roma, piazza Della Libertà n.

13, presso lo studio dell’avv. Avolio Giuseppe Castelli, che li

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

e nei confronti di

Agenzia delle entrate – Direzione provinciale di Savona, in persona

del Direttore pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Liguria n. 78/01/12, depositata il 13 luglio 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 gennaio

2020 dal Consigliere Nonno Giacomo Maria.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con sentenza n. 78/01/12 del 13/07/2012 la Commissione tributaria regionale della Liguria (di seguito CTR) accoglieva parzialmente gli appelli riuniti proposti da Autocentro Veicoli Commerciali e Derivati s.r.l. e dai singoli soci Mattea Massimiliano e Nattino Mario (di seguito, anche collettivamente, Autocentro) avverso la sentenza n. 203/03/10 della Commissione tributaria provinciale di Savona (di seguito CTP), che aveva rigettato il ricorso dei contribuenti avverso l’avviso di accertamento a fini IRAP ed IVA relativo all’anno di imposta 2004;

1.1. come si evince anche dalla sentenza della CTR, l’atto impositivo era stato emesso sulla scorta delle risultanze di un processo verbale di constatazione che dava conto del coinvolgimento di Autocen-tro in un’operazione fraudolenta perpetrata a mezzo l’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti;

1.2. su queste premesse, la CTR affermava che: a) l’appello di Autocentro doveva essere accolto limitatamente ai costi ai fini delle imposte dirette, la deduzione dei quali era legittima ai sensi del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, conv. con modif. nella L. 26 aprile 2012, n. 44; b) la sentenza penale di assoluzione non aveva alcuna rilevanza rispetto agli indizi raccolti dall’Ufficio; c) con l’avviso di accertamento erano stati forniti validi elementi indiziari in ordine all’inserimento di Auto-centro in una cd. frode carosello, sicchè gravava sui contribuenti la prova contraria; d) l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento era ampiamente soddisfatto in quanto il contribuente era stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria, anche con il legittimo richiamo per relationem ad un processo verbale di constatazione da lui conosciuto;

2. Autocentro impugnava la sentenza della CTR con tempestivo ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi;

3. l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso Autocentro deduce la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2, art. 36, comma 2, n. 4, e art. 61, dell’art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dell’art. 118disp. att. c.p.c., nonchè dell’art. 111 Cost., comma 6, avendo la CTR aderito pedissequamente alla prospettazione dell’Ufficio, senza compiere alcuna valutazione del materiale probatorio offerto dalla società contribuente;

2. il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile;

2.1. il motivo è infondato nella parte in cui si denuncia, in buona sostanza, la motivazione apparente della sentenza impugnata, perchè la CTR ha ampiamente argomentato con riferimento alle ragioni che giustificano la decisione impugnata;

2.2. del resto, “nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sè, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità nè dei contenuti nè delle modalità espositive, tanto più che la validità degli atti processuali si pone su un piano diverso rispetto alla valutazione professionale o disciplinare del magistrato” (Cass. n. 642 del 16/01/2015);

2.2.1. nel caso di specie, non è dubbio che la CTR abbia fatto proprie le valutazioni dell’Ufficio, corredandole altresì di richiami giurisprudenziali;

2.3. il motivo è, invece, inammissibile nella parte in cui si mettono in discussione le valutazioni operate dalla CTR con riferimento: alla fittizietà del soggetto interposto, alla congruità del prezzo di cessione rispetto a quello di mercato, alla buona fede della società contribuente, alla rilevanza del giudizio penale;

2.4. trattasi di valutazioni di merito, che non possono essere messe in discussione in sede di legittimità se non nei limiti del vizio di motivazione, non denunciato in questa sede, avendo i ricorrenti contestato la sussistenza di un error in procedendo;

3. con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42 e della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi la mancata allegazione di atti assolutamente necessari ai fini della motivazione del provvedimento impugnato;

4. con il terzo motivo di ricorso si contesta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi l’illegittimità del ricorso alla motivazione per relationem;

5. i motivi sono inammissibili per difetto di specificità;

5.1. secondo un consolidato orientamento di questa Corte, “nel regime introdotto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche “per relationem”, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all’atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, cioè l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento” (Cass. n. 1906 del 29/01/2008; Cass. n. 28058 del 30/12/2009; Cass. n. 6914 del 25/03/2011; Cass. n. 13110 del 25/07/2012; Cass. n. 9032 del 15/04/2013; Cass. n. 9323 del 11/04/2017);

5.2. in questo quadro, è stato, altresì, affermato che “in tema di atto amministrativo finale di imposizione tributaria, nella specie relativo ad avviso di rettifica di dichiarazione IVA da parte dell’Amministrazione finanziaria, la motivazione “per relationem”, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima, per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio” (così Cass. n. 21119 del 13/10/2011; conf. Cass. n. 10205 del 26/06/2003; Cass. n. 8183 del 11/04/2011; si vedano anche Cass. n. 4523 del 21/03/2012; Cass. n. 16976 del 05/10/2012);

5.2.1. ne consegue che “l’avviso di accertamento, rappresentando l’atto conclusivo di una sequenza procedimentale a cui possono partecipare anche organi amministrativi diversi, può essere motivato “per relationem”, anche con il rinvio pedissequo alle conclusioni contenute in un atto istruttorio (nella specie il p.v.c. della Guardia di finanza), senza che ciò arrechi alcun pregiudizio al diritto del contribuente. La scelta in tal senso dell’Amministrazione finanziaria non può essere di per sè censurata dal giudice di merito, al quale, invece, spetta il potere di valutare se, dal richiamo globale all’atto strumentale, sia derivata un’inadeguatezza o un’insufficienza della motivazione dell’atto finale. In sede di legittimità, pertanto, il contribuente che intenda contestare l’accertamento dell’adeguatezza della motivazione “per relationem” dovrà specificamente indicare, nei motivi di ricorso, le cause della sua inadeguatezza” (Cass. n. 2907 del 10/02/2010);

5.3. sotto diverso profilo, la riproduzione del contenuto essenziale dell’atto richiamato dall’avviso di accertamento non si realizza necessariamente, con la pedissequa trascrizione delle sue parti rilevanti nel contesto dell’atto impositivo, ma anche con la semplice indicazione, in forma riassuntiva, del suo contenuto essenziale, per come apprezzato e valutato dall’Amministrazione finanziaria e, quindi, posto a sostegno della pretesa impósitiva;

5.3.1. ne consegue che l’obbligo di allegazione riguarda i soli atti che non siano stati riprodotti nella loro parte essenziale nell’avviso di accertamento, con esclusione, altresì: a) di quelli cui l’Ufficio abbia fatto comunque riferimento, i quali, pur essendo considerati irrilevanti ai fini della motivazione, sono comunque utilizzabili per la prova della pretesa impositiva (Cass. n. 24417 del 05/10/2018); b) di quelli di cui il contribuente abbia già integrale o legale conoscenza (Cass. 9323 del 2017, cit.; Cass. n. 407 del 14/01/2015; Cass. n. 18073 del 02/07/2008);

5.4. nel caso di specie, Autocentro si duole della mancata allegazione di taluni atti, ma non ha nè trascritto integralmente, nè allegato l’avviso di accertamento e il processo verbale di constatazione, sicchè non è possibile irvquesta sede valutare la sufficienza della motivazione adottata dall’Ufficio e ritenuta congrua dalla CTR;

6. con il quarto motivo si contesta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15 e dell’art. 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con specifico riferimento alla condanna di Autocentro alla refusione delle spese del giudizio, non sussistendo l’integrale soccombenza e, addirittura, essendo stati i soci esentati da responsabilità;

7. il motivo è fondato;

7.1. come già evidenziato nella prima parte della presente ordinanza, l’appello proposto da Autocentro è stato parzialmente accolto dalla CTR e, tuttavia, il giudice di appello ha condannato l’appellante a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio;

7.2. orbene, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “nel regime normativo posteriore alle modifiche introdotte all’art. 91 c.p.c. dalla L. n. 69 del 2009, in caso di accoglimento parziale della domanda il giudice può, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., compensare in tutto o in parte le spese sostenute dalla parte vittoriosa, ma questa non può essere condannata neppure parzialmente a rifondere le spese della controparte, nonóstante l’esistenza di una soccombenza reciproca per la parte di domanda rigettata o per le altre domande respinte, poichè tale condanna è consentita dall’ordinamento solo per l’ipotesi eccezionale di accoglimento della domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa. (Nella specie, la S. C. ha cassato la sentenza rilevando come il tribunale, in seguito al parziale accoglimento dell’appello, ha correttamente valutato l’esito complessivo della lite, senza tuttavia considerare che, in base all’accoglimento solo parziale della domanda, poteva disporre la totale o parziale compensazione delle spese, ma non condannare l’attore, parzialmente vittorioso, al pagamento di parte delle spese sostenute dal convenuto)” (da ultimo, Cass. n. 26918 del 24/10/2018);

7.3. ne consegue che la CTR ha errato a porre a carico della parte parzialmente vincitrice le spese del giudizio di appello, atteso che l’accoglimento, anche solo parziale, dell’appello avrebbe dovuto indurre il giudice di secondo grado a compensare le spese del giudizio;

8. in conclusione, vanno rigettati i primi tre motivi di ricorso e accolto il quarto; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e decisa nel merito, con compensazione tra le parti delle spese del giudizio di appello;

8.1. la reciproca soccombenza giustifica, altresì, l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso e rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, compensa tra le parti le spese relative al giudizio di appello; dichiara compensate tra le parti anche le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2020

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