Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15589 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. III, 04/06/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 04/06/2021), n.15589

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29894/2019 proposto da:

M.A.B., domiciliato ex lege in Roma, presso la

cancelleria della Corte di Cassazione rappresentato e difeso

dall’avvocato MASSIMILIANO VIVENZIO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliatc in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 21/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/01/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. M.A.B., cittadino del Ghana, chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. Il richiedente dedusse a fondamento dell’istanza di essere fuggito dalla propria città (OMISSIS) a causa di una diatriba per la nomina a capo del villaggio che aveva coinvolto entrambi gli zii materni, uno dei quali era stato ucciso dai membri del villaggio. Decise dunque di fuggire su consiglio dei propri familiari e giunse in Italia nel marzo 2016 dopo aver attraversato il Burkina Faso, il Niger e la Libia.

La Commissione territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento M.A.B. ha proposto ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, dinanzi il Tribunale di Milano, che, con decreto n. 6738 del 21 agosto 2019, ha rigettato il reclamo.

Il Tribunale ha ritenuto:

a) non attendibile il racconto del ricorrente in quanto generico e non coerente con le vicende storiche riportate dalle fonti ufficiali del paese di provenienza;

b) infondata la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, non essendo le ragioni di abbandono del proprio paese riconducibili alla fattispecie legale di persecuzione e neppure essendovi un credibile fondato rischio di atti persecutori;

c) infondata la domanda di protezione sussidiaria, in mancanza sia di un fondato pericolo per richiedente, in caso di rimpatrio, di subire una condanna a morte o trattamenti inumani e degradanti, sia di un conflitto armato nella zona di provenienza non essendo rinvenibile in Ghana una condizione di violenza generalizzata: le fonti riferiscono un relativo miglioramento delle condizioni socio-politiche e un allentamento della pressione su gruppi etnici o individui;

d) infondata la domanda di protezione umanitaria, non essendo state addotte situazioni di particolare vulnerabilità nè elementi tali da poter rilevare una disparità tra la vita condotta nel territorio nazionale e quella che il ricorrente sembra aver condotto nel paese d’origine.

4. Avverso il decreto del Tribunale di Milano, M.A.B. propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.

Il Ministero dell’Interno si costituisce per resistere al ricorso senza spiegare alcuna difesa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per anomalia della motivazione che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e palese contrasto tra due affermazioni inconciliabili.

Si duole della contraddittorietà della sentenza la quale da un lato riconosce che nel paese di provenienza del ricorrente la tutela ed il rispetto dei diritti fondamentali siano ancora “minimi” e dall’altro, richiamando una “generale condizione di stabilità del paese”, esclude che vi siano rischi derivanti dal rientro del rifugiato in Ghana. Il Tribunale, ai fini dell’accertamento della condizione di vulnerabilità, avrebbe dovuto valorizzare il carattere minimo della tutela dei diritti, prescindendo sia dalle condizioni economiche del paese sia dal parametro dell’inserimento sociale e del lavorativo dello straniero in Italia.

Il motivo è infondato.

Secondo l’interpretazione fatta propria dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato (Sez. U., Sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062 – 02); peraltro, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente (Sez. 1, Ordinanza n. 13897 del 22/05/2019, Rv. 654174 – 01). Nel caso di specie il Tribunale ha correttamente adempiuto all’analisi della situazione oggettivamente presente in Ghana alla stregua di fonti aggiornate e attendibili, secondo le quali non sarebbe possibile evincere la presenza di violenza indiscriminata o violenza diffusa nel paese in questione, tramite una motivazione che non si ritiene essere apparente ma esaustiva e argomentata. Infatti il giudice del merito ha affermato che “non si riscontrano indici di vulnerabilità che testimoniano di una disparità di vita condotta nel TN (nulla è stato dedotto o documentato in merito) e quella che il ricorrente sembra avere condotto nel paese di origine dove commerciava prodotti agricoli” e dove vive ancora la madre, la sorella e lo zio.

6. Pertanto la Corte rigetta il ricorso. Non è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, attesa la indefensio della parte pubblica.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

 

 

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