Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15584 del 22/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 22/07/2020, (ud. 26/11/2019, dep. 22/07/2020), n.15584

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 25882/2012 R.G. proposto da:

AURIGA SRL, (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentati e difeso dall’Avv. GIAMPIERO TASCO e

dall’Avv. GIORGIO POZZI, elettivamente domiciliato in Roma, Via

Antonio Gramsci, 54;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

n. 10/14/12 depositata in data 19 gennaio 2012.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26 novembre 2019

dal Consigliere Filippo D’Aquino;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale LUISA DE RENZIS che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avv. GIORGIO POZZI per il ricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La contribuente ha impugnato una cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione IVA per l’anno di imposta 2005 e non preceduta dalla comunicazione di irregolarità (avviso bonario). La cartella di pagamento scaturiva da un controllo della dichiarazione IVA, dalla quale emergeva che la contribuente era risultata conferitaria del ramo di azienda del terzo Agrilia SRL, a sua volta incorporante la società Nord Eur SRL, le quali presentavano crediti IVA derivanti da eccedenze di imposta, parzialmente utilizzati mediante compensazione da parte della società conferente.

La CTP di Roma ha accolto il ricorso e la CTR del Lazio, con sentenza in data 19 gennaio 2012, ha accolto l’appello dell’Ufficio, deducendo:

– che non sussiste nullità degli atti impositivi a termini della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, comma 5, nel caso in cui non sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione;

– che nel caso di specie non sussistono elementi di incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione, con conseguente non obbligatorietà dell’invio della comunicazione di irregolarità, posto che la rideterminazione del credito IVA costituisce violazione formale verificabile in termini puramente aritmetici;

– che non vi è formazione del giudicato, per non avere l’Ufficio impugnato il punto motivazionale del giudice di prime cure, ove aveva ritenuto fondato il ricorso nel merito, avendo appellante censurato “nel suo complesso” la sentenza di prime cure e avendo ribadito la legittimità del ricorso al procedimento di controllo automatizzato;

che, in ogni caso, è risultato provato che il credito Iva esposto dalla contribuente nella dichiarazione IVA 2006 (in quanto conferitaria del ramo di azienda di Agrilia SRL) doveva essere decurtato di due crediti oggetto di utilizzo mediante compensazione da parte della conferente.

Ha proposto ricorso parte contribuente, affidato a sette motivi, cui resiste con controricorso l’Ufficio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1 – Con il primo motivo si censura omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nella parte in cui la sentenza impugnata non si sarebbe pronunciata su due questioni pregiudiziali proposte da parte contribuente in primo grado. Deduce la ricorrente come in prime cure la ricorrente avesse dedotto la questione di nullità della cartella di pagamento per carenza di motivazione e per difetto di prova, nonchè per mancata indicazione nell’atto impositivo dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche sui quali lo stesso si fondava, sia a termini della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, sia in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 7.

1.1 – Il motivo è inammissibile in quanto, pur avendo il ricorrente esaurientemente illustrato le difese svolte in primo grado, non ha dato contezza nel motivo di ricorso del fatto che le questioni siano state riproposte in grado di appello.

1.2 – Il motivo sarebbe, inoltre, duplicemente inammissibile (sia quanto alla doglianza della nullità della cartella per carenza di motivazione, sia quanto alla nullità della cartella per avere la stessa operato un rinvio per relationem ad altro atto), in quanto il ricorrente non riproduce la cartella di pagamento al fine di valutare nel merito tali motivi di censura. Nel caso dell’omissione di pronuncia, il giudice di legittimità diviene, difatti, giudice del fatto processuale, in quanto chiamato a sindacare un vizio di inosservanza di norme processuali relative alla violazione denunciata (l’omessa decisione in ordine alle questioni preliminari dedotte dal ricorrente), che comporta per la Corte il potere-dovere di controllare sia l’esatta individuazione dell’interpretazione della norma astratta applicata o applicabile, sia l’esatta sussunzione della vicenda processuale nella norma medesima, sia – infine – di ripercorrere l’intero processo logico seguito dal giudice di merito nell’applicare la norma processuale (Cass., Sez. II, 16 ottobre 2017, n. 24312; Cass., Sez. III, 8 giugno 2007, n. 13514). Ciò, peraltro, sul presupposto che la questione sia dedotta a pena di inammissibilità in relazione agli esatti termini in cui la stessa sia stata esposta; con la conseguenza che, solo nel caso in cui la questione sia ammissibile, diviene possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo (Cass., Sez. III, 23 gennaio 2006, n. 1221), sempre che la questione abbia natura esclusivamente giuridica e non richieda nuovi accertamenti di fatto (Cass., Sez. VI, 20 marzo 2015, n. 5724).

La mancata trascrizione della cartella preclude, pertanto, a pena di inammissibilità del motivo, l’esame delle censure di nullità della cartella per carenza di motivazione e per mancata indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche.

2 – Con il secondo motivo si deduce omessa pronuncia su una eccezione decisiva ai fini della controversia in violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, non essendosi il giudice di appello pronunciato sulla questione proposta in via subordinata nel terzo motivo di doglianza di prime cure, relativo al fatto che l’eventuale nullità della cartella avrebbe consentito a parte contribuente di fare istanza di riduzione della sanzione nella misura di un terzo.

2.1 – Pur essendo rispettato il principio di specificità (autosufficienza del motivo), il motivo va rigettato, perchè si è trattato nel caso di specie di questione implicitamente assorbita nel rigetto della questione della nullità della cartella senza preventivo avviso bonario, non sussistendo, ad avviso della sentenza impugnata, incertezze su aspetti rilevanti.

2.2 – Il motivo sarebbe, comunque, infondato nel merito (ove il giudice di legittimità dovesse astrattamente occuparsi del suddetto motivo), posto che l’iscrizione a ruolo di interessi e sanzioni nella misura stabilita dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, commi 1 e 2, deriva direttamente dalla legge (Cass., Sez. V, 4 luglio 2019, n. 17972).

3 – Con il terzo motivo si deduce violazione o falsa applicazione di legge in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che in caso di assenza di incertezza su aspetti rilevanti non vi sia nullità della cartella di pagamento non preceduta dall’avviso bonario. Ritiene la ricorrente che la sussistenza di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione debba essere agganciato ad elementi obiettivi, quali la rilevanza del debito tributario.

3.1 – Il motivo potrebbe prestarsi a una declaratoria di inammissibilità, posto che il ricorrente, con il suddetto motivo, mira a ripercorrere il ragionamento decisorio compiuto dal giudice di appello sulla natura formale e non sostanziale del controllo esercitato dall’amministrazione finanziaria. Nè il ricorrente ha adeguatamente illustrato il motivo, sotto il profilo della violazione di legge, su cosa si intenda e in quali casi l’amministrazione finanziaria non possa invocare in concreto la insussistenza di eventuali incertezze.

3.2 – Il motivo è, in ogni caso, infondato, posto che il giudice di appello ha escluso in concreto la sussistenza di incertezza, confutando il ragionamento del giudice di prime cure che aveva agganciato la sussistenza di incertezza sull’ingente ammontare del credito IVA, sulla complessità dei calcoli conseguente al conferimento dell’azienda del terzo Agrilia, sull’incorporazione in Agrilia della società Nord Eur SRL, e sull’utilizzo del termine “rettifica”, evidenziando come l’avvenuto parziale utilizzo mediante compensazione del credito da parte del terzo conferente, tale da inibire la compensazione anche da parte della contribuente, fosse evincibile da operazioni di carattere aritmetico. Nel qual caso, in assenza di incertezza sugli aspetti rilevanti, correttamente il giudice di appello ha rilevato non ricorrere alcuna nullità, ma mera irregolarità per mancato invio dell’avviso bonario (Cass., Sez. V, 24 gennaio 2018, n. 1711), risultando l’obbligo dell’invio preventivo dell’avviso bonario solo in caso di accertata sussistenza di incertezza su aspetti rilevanti (Cass., Sez. V, 25 maggio 2012, n. 8342), circostanza esclusa dal giudice di appello.

4 – Con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 329 c.p.c., comma 2, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che non si sia formato il giudicato per mancata espressa impugnazione da parte dell’appellante di una autonoma ratio decidendi del giudice di primo grado, che avrebbe rigettato la pretesa dell’Ufficio nel merito. Evidenzia il ricorrente come il giudice di primo grado abbia fondato la propria decisione sia in relazione alla sussistenza di incertezza su aspetti rilevanti, sia rilevando nel merito l’inesistenza di duplicazione della compensazione; il ricorrente ritiene insufficiente la circostanza, dedotta dal giudice di appello, secondo cui l’Ufficio avrebbe censurato tale parte di motivazione ove ha ribadito la legittimità del controllo formale automatico.

4.1 – Il motivo è ammissibile, posto che il ricorrente ha correttamente evidenziato la parte della sentenza di primo grado che ha accolto il ricorso nel merito, ove ha affermato la inidoneità del procedimento di controllo automatizzato, avendo l’Ufficio operato “delle vere e proprie rettifiche IVA (…) la cui natura non meramente cartolare è provata dal fatto che con esse l’Ufficio ha ridotto da Euro 1.043.824,00 ad Euro 770.000,00 il credito IVA della ricorrente”.

4.2 – Tuttavia non appare al Collegio che tale parte di motivazione della sentenza impugnata costituisca autonoma ratio decidendi, anzichè (come invece deve ritenersi), la prosecuzione dell’unico ragionamento decisorio del giudice di appello, volto a precisare la natura formale e non sostanziale delle rettifiche operate dall’Ufficio, perchè diversamente una così scarna motivazione dovrebbe prestarsi a una declaratoria di nullità della sentenza. Appare, pertanto, corretta la motivazione del giudice di appello, che ha rilevato che la contestazione dell’Ufficio appellante – che, come risulta dal controricorso, contestava la fondatezza della pretesa erariale nel merito e la corretta applicazione della procedura di liquidazione da controllo automatico in quanto erroneità emergente unicamente dal controllo cartolare (pag. 8 controricorso) – ha rilevato come l’atto di appello abbia censurato la sentenza nel suo complesso.

5 – Con il quinto motivo si deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per essere il giudice di appello incorso in ultrapetizione, laddove ha ritenuto che il credito esposto dalla contribuente fosse già stato oggetto di compensazione da parte del conferente. Rileva come l’iscrizione a ruolo fosse dell’importo di Euro 296.048,00, laddove la CTR avrebbe affermato che il minor credito fosse di importo ben maggiore, risultante dalla somma dei due importi di Euro 347.035,00 e di Euro 136.403,72, ossia del maggior importo di Euro 483.438,72.

5.1 – La censura è infondata, in quanto le indicazioni contenute nella sentenza attengono a meri errori di calcolo, che non hanno certamente comportato (e non potrebbero comportare) un incremento della pretesa impositiva dell’Ufficio, la quale non viene riformulata dall’Ufficio per effetto dei conteggi (ancorchè erronei) riportati dal giudice di appello.

6 – Con il sesto motivo si deduce insufficiente motivazione su di un fatto decisivo e controverso in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui la sentenza ha ritenuto precedentemente compensato dal conferente. Ritiene parte ricorrente come la motivazione della CTR sia scarsamente esauriente, ove si limita ad affermare che la tesi dell’Ufficio appare convincente sul presupposto che il ruolo traeva origine dalla errata indicazione del credito IVA di Auriga, rispetto al quale non si era tenuto conto della decurtazione degli importi già compensati da Auriga con il modello F24. Deduce parte ricorrente come la società conferente presentasse già nel 2004 un ingente credito IVA di Euro 1.222.241,00 mai disconosciuto, poi ridottosi l’anno di imposta successivo, per cui il credito trasferito alla contribuente (conferitaria del ramo di azienda) doveva ritenersi pari al credito non esposto nella dichiarazione del conferente, incrementato del credito della incorporata Nord Eur SRL, mai utilizzato in compensazione dalla incorporata, circostanze rilevanti ai fini della decisione.

6.1 – Il motivo appare ammissibile, posto che il ricorrente ha riprodotto le questioni controverse, le quali attengono alle modalità di formazione del credito IVA, che fa seguito a una serie di operazioni di acquisizione da parte della contribuente. Nè può trarsi un giudizio di inammissibilità del motivo per mancata trascrizione dei documenti, perchè il ricorrente si riferisce al contenuto della decisione, la quale omette di dare contezza di una serie di circostanze in fatto, analiticamente riprodotte nel motivo. Nè, del resto, si tratta di risultanze istruttorie, ma di fatti dai quali trarre la decisione circa la sussistenza della correttezza dell’operato dell’amministrazione finanziaria.

6.2 – Nel merito il motivo è fondato.

La ricorrente ha riepilogato i punti decisivi ai fini della ricostruzione del credito IVA, che vede la società terza Agrilia, che presentava nel 2004 un credito di imposta di Euro 1.224.241,00, esporre una dichiarazione IVA 2004 con un credito di Euro 354.257,00. Successivamente Agrilia incorpora nel maggio 2005 la società Nord Eur SRL, che aveva un ulteriore credito IVA di Euro 136.404,00, credito che non sarebbe mai stato oggetto di utilizzo in compensazione da parte di Nord Eur SRL. Infine, Agrilia SRL avrebbe ceduto un ramo di azienda alla contribuente AURIGA SRL, la quale ha esposto in dichiarazione il residuo credito IVA derivante dal conferimento di azienda (compresa la società incorporata), al netto del credito di Euro 354.257,00 esposto in dichiarazione dalla conferente Agrilia. Credito formatosi, inoltre, dal suddetto credito non oggetto di utilizzo da parte della conferente, unitamente agli ulteriori crediti IVA già propri della conferitaria.

La sentenza impugnata non ripercorre analiticamente la formazione di questo credito (formatosi per effetto dell’acquisizione di due crediti IVA, uno proveniente dalla conferente un ramo di azienda e l’altro proveniente dalla incorporazione della conferente di altra società), parzialmente esposto in dichiarazione dalla conferente e parzialmente utilizzato dalla conferitaria, odierna contribuente, ed espone, con motivazione che questo Collegio ritiene insufficiente, che il credito “doveva essere decurtato di Euro 347.035,00 e di Euro 136.403,72 già compensati da Agrilia con il mod. F24”, benchè non sia chiaro quale sia il credito originario della contribuente e in che termini tali “decurtazioni” concorrano a formare il credito dell’Ufficio oggetto di ripresa e azionato nel caso di specie.

La sentenza va, pertanto, cassata sul punto per motivazione insufficiente.

7 – Con il settimo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto di aderire alle tesi dell’Ufficio appellante, deducendo che la sentenza impugnata ha aderito acriticamente alle tesi di una delle parti, così violando le regole dell’onere della prova.

L’accoglimento del sesto motivo comporta l’assorbimento dell’esame del settimo motivo.

Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al sesto motivo, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio al giudice a quo, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il primo motivo, rigetta il secondo, il terzo, il quarto e il quinto motivo, accoglie il sesto motivo del ricorso, dichiara assorbito il settimo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2020

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