Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15583 del 30/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 21/05/2010, dep. 30/06/2010), n.15583

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. SOTGIU Simonetta – rel. Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27667/2006 proposto da:

DINER DOG MILANO DI NIZZA ALESSANDRO & C. SAS IN LIQUIDAZIONE,

in

persona del liquidatore e Socio illimitatamente responsabile,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA CONCILIAZIONE 44, presso

lo studio dell’avvocato FILIANI Giampaolo, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato NIZZA VITTORIO, giusta delega in

calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, MINISTERO

DELL’ECONOMIA FINANZE in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrenti –

avverso le sentenza n. 55/2004, 56/2004, 57/2004, della COMM. TRIB.

REG. di TORINO, depositata l’11/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

21/05/2010 dal Consigliere Dott. SIMONETTA SOTGIU;

udito per il ricorrente l’Avvocato PICCIONI, per delega dell’Avvocato

NIZZA, che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società Diner Dog di Nizza Alessandro & C. s.a.s. in liquidazione ha impugnato con un unico ricorso tre sentenze emesse dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte – Sez. 26 – in data 7 giugno 2004 e pubblicate fra l’11 luglio 2005, di cui due relative ad accertamenti IRPEG-ILOR per gli anni 1994 e 1995, la terza (n. 57/26/04) relativa a rettifica parziale IVA per il 1994, sentenze tutte che avevano confermato le sentenze di primo grado, due delle quali avevano parzialmente accolto, sulla base di CTU, le doglianze della contribuente, riducendo gli imponibili accertati, mentre il ricorso relativo ad IRPEG ILOR 1995 era stato integralmente rigettato.

La ricorrente, premesso di aver inutilmente richiesto la riunione delle cause alla Commissione Regionale, che aveva ritenuto di deciderle con separate sentenze formula quindici motivi di doglianza.

L’Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso, deducendo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso, perchè relativo a cause non perfettamente identiche, in quanto diversificate dal percorso processuale e istruttorio.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo si deduce il difetto di legittimazione passiva e di “ius postulandi dell’Agenzia delle Entrate in entrambi i gradi di giudizio per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 10, 11 e 12 e del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 61, comma 1, art. 67 e art. 68, comma 1 e si sostiene che l’intervenuta costituzione dell’Agenzia delle Entrate nel 1999 come soggetto e autonomo rispetto al precedente inquadramento organico nel Ministero, ha comportato la necessità che l’Agenzia sia rappresentata e difesa in giudizio secondo le norme che regolano la rappresentanza e la difesa in giudizio dell’Ente autonomo, diverso dagli Uffici periferici del Ministero, con conseguente difetto di costituzione nel giudizio, anche d’appello, dell’Agenzia.

Col secondo motivo si deduce la violazione del D.P.R. n. 600, art. 42, commi 1 e 3, per nullità dell’atto accertativo, non sottoscritto dal Direttore dell’ufficio ma dal “capo area di controllo Dr. S.P., dirigente preposto a quel servizio” e si chiede che questa Corte stabilisca se l’atto di accertamento possa essere sottoscritto da terzi che palesemente non sono il Direttore titolare dell’ufficio periferico del Ministero, in assenza di qualsivoglia utile indicazione sulla qualifica dei medesimi, e in assenza di qualsiasi valido atto di delegazione con data certa anteriore alla sottoscrizione dell’atto accertativi stesso e quindi con violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1.

Col terzo motivo si deduce la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1, per essere stati gli avvisi impugnati notificati fuori della sede legale della società.

Col quarto motivo si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., in ordine a tutte le sentenze impugnate sarebbe stato parzialmente accolto(in due sentenze) rigettato (in una sentenza) l’appello della contribuente in assenza di conforme domanda dell’Agenzia.

Col quinto motivo si deduce violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1 e art. 12, in quanto l’atto di accertamento, non allegato, ma soltanto richiamato negli avvisi, asseritamene “notificato il 13.12.1998, non sarebbe stato portato a conoscenza della ricorrente nelle forme di legge. Sul punto si propone quesito circa la violazione della L. n. 212 del 2000, artt. 7 e 12, quando l’atto di accertamento non sia allegato all’atto di riferimento, con conseguente difetto di motivazione degli accertamenti tutti.

Col sesto motivo di denuncia violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 67, perchè l’Ufficio non avrebbe compiuto alcuna attività accertativi) di tipo istruttorie, non confrontando gli elementi di calcolo con quelli degli anni precedenti, i dati della dichiarazione con quelli dei registrala completezza e veridicità delle registrazioni sulla scorta delle fatture e degli altri documenti.

Col settimo motivo si denuncia la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 5, in relazione alla sola sentenza 57/26/04, relativa ad IVA 1994 per essere stato l’accertamento parziale fondato su dati non certi (tali da stabilire la esistenza di corrispettivi non dichiarati) in quanto recepiti acriticamente dal PVC, (con particolare riferimento all’accertamento IVA 1994).

Con l’ottavo e il nono motivo si denuncia la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, in relazione ad irregolarità delle operazioni di constatazione, travisamento e contraddittoria trascrizione delle dichiarazioni rese da N. G. avanti alla Guardia di Finanza, circostanze sulle quali i giudici di appello non avrebbero pronunciato, e si propone quesito in ordine alla nullità di accertamenti contenenti circostanze non veritiere.

Col decimo motivo si denuncia la violazione dell’art. 178 c.p.p., lett. c), art. 220 disp. att. c.p.p. e art. 179 c.p.p., comma 1, per avere i verbalizzanti raccolto i dati senza che il contribuente fosse assistito da un difensore.

Con l’undicesimo motivo si denuncia violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, relativamente al fatto che nel P.V.C., non si sarebbe tenuto conto di osservazioni scritte inviate a mezzo posta alla Guardia di Finanza da N.G..

Col dodicesimo motivo la ricorrente si duole della violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 75, 89 e 95, del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 123, 19 e 20 e art. 53 Cost., sostenendo che le rettifiche effettuate attengono tutte a “spostamenti” di ricavi e costi fra società dello stesso GRUPPO DINER DOG, avente come unico “dominus” N.G., da considerarsi un’unica azienda con più “divisioni operative” (punti di vendita al pubblico, franchising, vendita per corrispondenza), volte al conseguimento di un unitario scopo sociale, in relazione al quale andrebbe commisurata la capacità contributiva dell’azienda unitariamente considerata, come sarebbe avvenuto ove gli accertamenti fossero stati eseguiti dopo l’introduzione del “consolidato” (D.Lgs. n. 344 del 2003).

Col tredicesimo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, perchè i giudici di primo grado avrebbero disposto consulenza tecnica d’ufficio, senza che vi fosse in proposito richiesta di parte, così sostituendo le proprie valutazioni (fondate sui dati forniti dal CTU) alla attività dei verbalizzanti e dell’Ufficio accertatore.

Si chiede quindi a questa Corte di affermare se “al giudice sia consentito, e per di più in assenza di qualsivoglia istanza di parte, provvederà d’ufficio a fissale CTU volta ad acquisire dati ed elementi che l’Ufficio avrebbe dovuto procurarsi e anteriormente alla emissione degli atti accertativi e comunque sostituendosi all’Ufficio impositore nel compiere quegli atti che solo l’ufficio stesso ha il dovere di compiere”.

Col quattordicesimo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 2, della L. n. 319 del 1980, art. 4 e art. 91 c.p.c., in tema di liquidazione del compenso al CTU, che avrebbe ecceduto i limiti di cui alla L. n. 319 del 1980, nonchè in tema di parziale compensazione delle spese, in cui sarebbe stata invertita la proporzionalità della soccombenza.

Col quindicesimo motivo si deduce violazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, D.Lgs. n. 472 del 1997 e D.Lgs. 473 del 1997 (si denuncia la mancata pronuncia del giudice d’appello in ordine alla responsabilità sanzionatoria, attribuita a persona singola – che sarebbe stata assolta in sede penale,essendo state le sanzioni applicate in assenza di motivazione, e si propone quesito circa la radicale nullità dell’accertamento in punto di sanzioni, in considerazione delle esposte circostanze. Premesso che il primo, il secondo, il terzo e il quinto motivo di ricorso sono inammissibili, perchè riguardano questioni che le sentenze impugnate affermano essere nuove, perchè proposte per la prima volta in grado d’appello, il ricorso va dichiarato complessivamente inammissibile perchè relativo a sentenze pronunciate fra le stesse parti, relative ad anni d’imposta diversi, sulla base di presupposti parzialmente differenti, soprattutto con riferimenti a tributi diversi, riguardando le sentenze n. 55/26/04 e 56/26/04 tributi IRPEG-ILOR per gli anni 1994 e 1995, e la sentenza n. 57/26/04 la sola IVA 1994, alla quale infatti in via esclusiva si riferisce il settimo motivo di ricorso, così come il sesto si riferisce alle altre due differenti sentenze,nelle quali non risulta tra l’altro proposta,in sede d’appello, la doglianza relativa alle sanzioni, di cui al quindicesimo motivo, svolta invece nella sentenza 57/26/04.

Considerato pertanto che, secondo le Sezioni unite di questa Corte, il ricorso cumulativo contro una pluralità di sentenze emesse in materia tributaria, anche se formalmente distinte perchè relative a differenti annualità, è ammissibile quando la soluzione, per tutte le sentenze, dipenda da identiche questioni di diritto comuni a tutte le cause, in modo da dar vita ad un giudicato rilevabile d’ufficio in tutte le controversie relative al medesimo rapporto d’imposta (Cass. S.U. 13916/2006; 3692/2009, in parte motiva), tale ammissibilità, come si è detto, nella fattispecie non ricorre, riguardando le sentenze cumulativamente impugnate anni d’imposta e tributi differenti, rispetto ai quali vengono conseguentemente proposti quesiti di diritto che non sono comuni a tutte le controversie.

La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna della parte ricorrente nelle spese, che si liquidano in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 7.000,00 per onorari.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente nelle spese che si liquidano in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 7.000,00 per onorari.

Così deciso in Roma, il 21 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010

 

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