Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15583 del 22/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 22/07/2020, (ud. 06/11/2019, dep. 22/07/2020), n.15583

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore generale pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende.

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.r.l., in fallimento, in persona curatore fallimentare pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Parioli n. 43

presso lo studio dell’Avv. Francesco D’Ayala Valva che la

rappresenta e difende unitamente agli Avv.ti Mauro Beghin, Giuseppe

Piva e Marco Poggioli per procura a margine del controricorso.

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 36/01/14 della Commissione

tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, depositata il

28.1.2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

6.11.2019 dal Consigliere Roberta Crucitti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Paola Mastroberardino che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso;

udito per la ricorrente l’Avv. Paolo Gentili;

uditi per la controricorrente l’Avv. Marco Beghin e l’Avv. Giuseppe

Piva;

Fatto

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, impugnò l’avviso di accertamento con il quale, a seguito di rideterminazione della perdita di esercizio, era stata recuperata, per l’anno di imposta 2006, una maggiore IRAP.

L’atto impositivo traeva origine dal processo verbale della Guardia di Finanza – Nucleo di Polizia Tributaria di (OMISSIS) del 19/6/2008, con cui, per quanto ancora qui di interesse, si contestava l’indeducibilità degli ammortamenti immateriali relativi al marchio Albatros, ritenendo che tale deduzione fosse il frutto di una complessa attività elusiva, del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 37 bis, comma 5.

In particolare, secondo i verificatori tale attività si era realizzata attraverso le seguenti operazioni:

– la 21 Investimenti aveva venduto alla Holding Sanitec ltd OY (società di diritto finlandese facente parte della multinazionale Sanitec) il 37,5% del capitale di (OMISSIS) S.p.A., con il realizzo di una plusvalenza di 7.442.590,00 Euro, interamente sottoposta a tassazione ordinaria in Italia, perchè non rientrante nel regime PEX;

– Sanitec Italia S.p.a. aveva acquistato dalla Sanitec Ltd OY, grazie a un finanziamento della stessa, il 99,99985 per cento delle partecipazioni di quest’ultima in (OMISSIS) s.p.a.;

– Sanitec Italia S.p.A., completata l’acquisizione del restante 0,00015% del capitale, aveva proceduto all’incorporazione, per fusione, di (OMISSIS) S.p.A. realizzando, cosi, un disavanzo da fusione, affrancato ai sensi del D.Lgs. n. 358 del 1997, art. 6, disposizione che consente l’affrancamento, senza il pagamento dell’imposta sostitutiva, a condizione dell’annullamento dei titoli la cui cessione abbia dato luogo a plusvalenze fiscalmente rilevanti);

– nella stessa data (19 luglio 2004) (OMISSIS) S.p.a. (nuova denominazione assunta da Sanitec Italia S.p.A.) aveva costituito la Welness Europe s.r.l. con oggetto sociale corrispondente a quello della incorporata (OMISSIS) S.p.a.;

nel settembre 2004 le due società deliberavano un’operazione di conferimento di ramo di azienda Bath and shower dalla (OMISSIS) S.p.A. alla nuova società Welness che muta la denominazione in (OMISSIS) s.r.l., controllata da Sanitec Italia S.p.A.;

tale conferimento veniva attuato ponendo a carico della (OMISSIS) sr.l. il debito finanziario estero verso la Sanitec OY per l’acquisto del pacchetto azionario dell’originaria (OMISSIS) S.p.A. e il cespite del marchio (OMISSIS), di proprietà (OMISSIS) S.p.A., rivalutato con l’attribuzione del disavanzo di gestione.

Con l’avviso di accertamento, oggetto di impugnazione, l’Ufficio ha rilevato, sul piano fiscale, il conseguimento di indebiti vantaggi consistenti nella rivalutazione del marchio (OMISSIS), facente parte del patrimonio dell’incorporata (OMISSIS) S.p.A., senza pagamento dell’imposta sostitutiva, D.Lgs. n. 358 del 1997, ex art. 6, nonchè nella deduzione in capo a (OMISSIS) s.r.l. delle quote di ammortamento del suddetto bene e degli interessi passivi sul prestito inizialmente contratto da Sanitec Italia S.p.A.

L’Amministrazione ha, quindi, proceduto alla rettifica della perdita di esercizio, accertando la debenza di una maggiore IRAP.

Il ricorso proposto avverso l’atto impositivo dalla (OMISSIS) s.r.l. venne rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Pordenone la quale ritenne che le operazioni di fusione e di scorporo facessero parte di un unico disegno elusivo.

La decisione, appellata da (OMISSIS) s.r.l. è stata riformata dalla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia (d’ora in poi, per brevità, C.T.R.) la quale, con la sentenza impugnata, ha integralmente annullato l’atto impositivo.

Il Giudice di appello ha ritenuto, in sintesi, che le operazioni fossero tutte sostenute da valide ragioni economiche e che le modalità tecnico contabili fiscali che avevano presieduto alla incorporazione di (OMISSIS) S.p.A. in Sanitec Italia S.p.a. erano tutte imputabili a quest’ultima Società.

In ordine, poi, alla deducibilità delle quote di ammortamento del bene immateriale, la C.T.R. ha rilevato che gli ammortamenti del marchio (OMISSIS) in capo a (OMISSIS) s.r.l. sarebbero stati, comunque, deducibili anche qualora tale marchio fosse stato rivalutato con il versamento dell’imposta sostitutiva.

3. Per la cassazione della sentenza ricorre l’Agenzia delle Entrate, affidandosi a due motivi, cui resiste, con controricorso, la Società, oggi sottoposta a procedura di fallimento.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata in relazione al fatto, oggetto di discussione tra le parti e decisivo per il giudizio, costituito dalla connotazione elusiva delle operazioni societarie come descritte nella parte espositiva dei fatti processuali.

1.1. Il motivo, seppure rubricato secondo la previgente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è ammissibile risultando, dall’illustrazione del mezzo di impugnazione, che lo stesso è stato formulato secondo i dettami dell’attuale disposto della norma citata, applicabile al ricorso essendo stata, la sentenza impugnata, depositata il 28.1.2014. Secondo la prospettazione difensiva, infatti, la C.T.R. non avrebbe esaminato il fatto, decisivo al fine della configurabilità dell’intento elusivo, che l’assetto societario, al termine delle plurime operazioni poste in essere dalle due Società, era rimasto, sostanzialmente, uguale a quello esistente anteriormente.

2 Con il secondo motivo, la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, comma 1.

Deduce, in particolare, la ricorrente che la C.T.R. avrebbe erroneamente ritenuto insussistenti gli elementi costitutivi dell’elusione, rappresentati dal vantaggio fiscale, dalla sua connotazione asistematica e dall’assenza di valide ragioni economiche a base delle operazioni societarie di fusione e successivo conferimento del ramo di azienda riferibile alla (OMISSIS) S.p.A., comunque riferibili, ove sussistenti, solo a quest’ultima e non alla (OMISSIS) s.r.l.

3 I motivi, da esaminare congiuntamente perchè connessi, sono complessivamente fondati e vanno accolti.

3.1. Ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, comma 1, “sono inopponibili all’amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti”, a meno che l’operazione si dimostri – con onere a carico del contribuente – giustificata da “valide ragioni economiche”, sia pure in via concorrente al perseguito risparmio fiscale.

Occorre, però, che tali ragioni economiche siano “valide”, ossia di carattere “non meramente marginale o teorico”, perchè in tal caso risulterebbero “inidonee a fornire una spiegazione alternativa dell’operazione rispetto al mero risparmio fiscale, e tali quindi da potersi considerare manifestamente inattendibili o assolutamente irrilevanti rispetto alla predetta finalità” (cfr. Cass. n. 10257/2008; 21221/2006).

In tal senso, possono, dunque, definirsi elusive le operazioni compiute “essenzialmente” (anche se non esclusivamente) per il conseguimento di un vantaggio fiscale, con ciò intendendosi rimarcare che, al fine di negare il carattere elusivo dell’operazione, non può attribuirsi rilievo alla compresenza purchessia di ragioni extrafiscali indipendentemente dalla loro effettiva rilevanza.

Anche le pronunce più recenti di questa Corte hanno ribadito che “in materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione normativa, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, la cui ricorrenza deve essere provata dal contribuente” (Cass.Sez.5, n. 30404 del 23/11/2018; id nn. 24294 e 15321/2019; e, tra le più risalenti, Cass. n. 438/2015; n. 439/2015; n. 5155/2016).

3.2. L’interpretazione adottata appare, inoltre, in linea con gli esiti dei lavori della Commissione G. per la scrittura del nuovo Statuto del contribuente, art. 10-bis, introdotto dal D.Lgs. attuativo 5 agosto 2015, n. 128, art. 1, (conf. Relazione illustrativa) e recante la disciplina dell’abuso del diritto e dell’elusione fiscale, con riferimento alla Raccomandazione n. 2012/772/UE, sulla pianificazione fiscale aggressiva.

In estrema sintesi, due sono gli indici di mancanza di sostanza economica: la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato, mentre per vantaggi fiscali indebiti si considerano i benefici realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario.

Precisa la Raccomandazione che “una costruzione o una serie di costruzioni è artificiosa se manca di sostanza commerciale” (4.4), o più esattamente di “sostanza economica” (4.2), e “consiste nell’eludere l’imposizione quando, a prescindere da eventuali intenzioni personali, contrasta con l’obiettivo, lo spirito e la finalità delle disposizioni fiscali”.

Peraltro, la stessa raccomandazione UE (4.4, lett. d), precisa che “per determinare se la costruzione o la serie di costruzioni è artificiosa, le autorità nazionali sono invitate a valutare… se… le operazioni concluse sono di natura circolare” (pertanto è evidente che persino nel nuovo assetto normativo restano abusive le costruzioni artificiose e circolari – conf. CGUE, 10/11/2011, in causa C-126/10, punto 34).

3.3. Nel caso di specie, i Giudici di appello, trascurando l’esame dell’insieme delle operazioni poste in essere dalle Società, si sono discostati dalle esposte direttrici. La C.T.R., infatti, riconducendo lo schema operativo a decisioni dei vertici del Gruppo, motivate da particolari strategie imprenditoriali, ha omesso di esaminare l’assetto sociale del gruppo, prima e dopo le complesse operazioni poste in essere, quale fattore potenzialmente determinante ai fini della valutazione dell’elusività della condotta.

3.4. Al contrario appare evidente il carattere anomalo e “circolare” dell’operazione, atteso che vi sarebbe stato, da parte dei vertici del gruppo, un repentino mutamento dello schema operativo, motivato da diverse strategie imprenditoriali, che avrebbe portato, pochi mesi dopo la fusione per incorporazione di (OMISSIS) S.p.A. in Sanitec Italia S.p.A., al conferimento del ramo di azienda ad una società veicolo, costituita lo stesso giorno della fusione, con un capitale sociale irrisorio, successivamente denominata (OMISSIS) s.r.l., con l’evidente risultato che l’assetto sociale del gruppo, prima e dopo le complesse operazioni poste in essere, fosse sostanzialmente coincidente, con la sola differenza che alla (OMISSIS) S.p.A. si sostituiva la (OMISSIS) s.r.l..

La concatenazione negoziale (la fusione per incorporazione di (OMISSIS) S.p.A., già interamente detenuta da Sanitec Italia, in Sanitec Italia S.p.A., la costituzione nello stesso giorno di Wellness Europe s.r.l., poi denominata (OMISSIS) s.r.l., il conferimento a quest’ultima del ramo di azienda facente originariamente capo a (OMISSIS) S.p.A), alla luce dei principi sopra esposti, appare sicuramente privare di rilevanza le giustificazioni frapposte dalla Società e ritenute dal Giudice di appello valide ragioni economiche.

Le operazioni suddette hanno, invece, comportato evidenti vantaggi fiscali, altrimenti non conseguibili con la semplice trasformazione della (OMISSIS) S.p.A. in (OMISSIS) s.r.l., consistenti nella rivalutazione del marchio (OMISSIS) a costo zero, attraverso il disavanzo di fusione, affrancato gratuitamente (D.Lgs. n. 358 del 1997, ex art. 6, comma 2, che si riferisce alle operazioni di fusione deliberate prima del 30 aprile 2004) e con un corrispondente ammortamento, interamente dedotto. Sul punto, inoltre, in merito al ritenuto errore nell’individuazione di (OMISSIS) s.r.l. quale possibile destinatario del sindacato antielusivo di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, la C.T.R. non ha considerato che il vantaggio fiscale della fusione non si identificava nel mancato pagamento dell’imposta sostitutiva per la rivalutazione del marchio (OMISSIS), ma nella deducibilità da parte della (OMISSIS) s.r.l. delle quote di ammortamento, altrimenti indeducibili.

4. Alla luce delle considerazioni svolte e conclusivamente il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio al Giudice di merito che provvederà, con motivazione congrua, ad adeguarsi ai superiori principi e a regolare le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia-sezione di Trieste, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 6 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2020

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