Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15581 del 27/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 27/07/2016, (ud. 13/06/2016, dep. 27/07/2016), n.15581

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. IZZO Fausto – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – rel. Consigliere –

Dott. CATENA Rossella – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2335-2011 proposto da:

Q.E., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PRATI

FISCALI 221, presso lo studio dell’avvocato PIETRO ALESSANDRINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato PIERFRANCESCO MARASCIULO giusta

delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI BARI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 6/2010 della COMM.TRIB.REG. di BARI,

depositata il 19/01/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/06/2016 dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO;

udito per il ricorrente l’Avvocato MARASCIULO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato PUCCIARIELLO che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Q.E., esercente l’attività di vendita di prodotti alimentari surgelati, propone ricorso fondato su tre motivi contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Bari del 25 settembre 2009, depositata il 19 gennaio 2010, che, riformando la sentenza di primo grado, confermava l’avviso di accertamento dell’ 11 gennaio 2007 con il quale l’Agenzia delle Entrate di Bari, a seguito di invito al contraddittorio, non accolto, determinava ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), per il periodo di imposta 2004 il maggior reddito imponibile di Euro 101.339,00, a fronte della dichiarazione della perdita di Euro 965,00, con conseguente addebito delle maggiori imposte per Irpef, Irap, Iva e contributi previdenziali, con irrogazione delle connesse sanzioni.

1.1 Secondo la Commissione, valutati gli esiti della procedura basato sullo studio di settore, andava considerata la mancanza di valide giustificazioni dello scostamento.

2. Con primo motivo deduce la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 per omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità dell’appello per la mancanza di motivi specifici di impugnazione.

2.1 Con secondo motivo deduce il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 per la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies e della L. n. 146 del 1998, art. 30.

Sostanzialmente ritiene che la sentenza abbia mal applicato le norme in questione dovendosi necessariamente tenere conto della gravità dello scostamento e motivare sullo stesso; l’avviso di accertamento era basato semplicemente sui parametri senza tener conto delle argomentazioni svolte nella memoria difensiva presentata in sede di contraddittorio. Invece, a fronte di allegazioni specifiche, non sono sufficienti gli esiti degli studi di settore ma è necessario un accertamento specifico in contrasto con le deduzioni del ricorrente.

2.2 Con terzo motivo deduce il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 per la omessa e/o insufficiente motivazione della sentenza.

La sentenza omette la motivazione su punti decisivi alla controversia e non spiega perchè il contribuente non abbia fornito elementi utili nè motiva sulla deduzione di nullità dell’atto impositivo e comunque sui fatti e documenti addotti dal ricorrente; inoltre, ha valutato apoditticamente il dato dei redditi personali del ricorrente in rapporto a quelli delle sue tre dipendenti senza spiegare perchè abbia tratto determinate conclusioni.

3. Ha presentato controricorso la Agenzia delle Entrate osservando:

– l’appello era specifico e la Commissione Regionale ne ha tenuto conto.

– In assenza di attivazione di contraddittorio da parte del contribuente era pienamente ammissibile il riferimento agli studi di settore.

Il ricorrente ha depositato memoria con ulteriori argomenti a sostegno dei suoi motivi.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

1. Quanto al primo motivo, la CTR dà atto dell’ampio sviluppo dell’atto di impugnazione della Agenzia delle Entrate e, del resto, esamina le specifiche contestazioni rispetto alla decisione impugnata. E’ quindi infondata la contestazione della originaria inammissibilità dell’appello per cui è irrilevante la mancanza di una specifica risposta sul punto.

1.1 Il secondo motivo è infondato perchè si è proceduto in modo regolare a rilevare il forte scostamento dagli studi di settore, si è invitato il ricorrente al contraddittorio e, in conclusione, si dato atto della conferma delle condizioni anomale della assenza di giustificazioni. Si rammenta che “La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale fase, infatti, quest’ultimo ha la facoltà di contestare l’applicazione dei parametri provando le circostanze concrete che giustificano lo scostamento della propria posizione reddituale, con ciò costringendo l’ufficio – ove non ritenga attendibili le allegazioni di parte – ad integrare la motivazione dell’atto impositivo indicando le ragioni del suo convincimento. Tuttavia, ogni qual volta il contraddittorio sia stato regolarmente attivato ed il contribuente ometta di parteciparvi ovvero si astenga da qualsivoglia attività di allegazione, l’ufficio non è tenuto ad offrire alcuna ulteriore dimostrazione della pretesa esercitata in ragione del semplice disallineamento del reddito dichiarato rispetto ai menzionati parametri. (Sez. 5, Sentenza n. 17646′ del 06/08/2014, Rv. 631951)” e, a tali regole, si sono attenute la Agenzia delle Entrate nella fase di accertamento e la CTR nel valutarne la correttezza.

1.2 Infine, è infondato il terzo motivo. La CTR ha considerato gli argomenti del ricorrente; in questa sede il ricorrente richiede una rivalutazione di tali elementi di fatto che, però, non è attività di competenza del giudice di legittimità. Gli argomenti, comunque, sono palesemente generici, limitati ad una generica impossibilità di svolgere attività imprenditoriale in modo proficuo nel dato territorio. Alla stregua degli elementi raccolti, peraltro, era corretta e logica anche la valutazione sul dato anomalo di un maggiore reddito dei dipendenti rispetto a quello del titolare dell’impresa.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 7000 oltre spese liquidate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2016

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