Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1558 del 27/01/2014
Civile Sent. Sez. 5 Num. 1558 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO
SENTENZA
sul ricorso 24935-2008 proposto da:
AGENZIA
DELLE
ENTRATE in
persona del
Direttore
pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
2013
3275
BANCA MONTE PASCHI DI SIENA SPA;
– intimato –
Nonché da:
BANCA MONTE PASCHI DI SIENA SPA in persona del Vice
Presidente e legale rappresentante pro tempore,
Data pubblicazione: 27/01/2014
elettivamente domiciliato in ROMA VIALE BRUNO BUOZZI
102, presso lo studio dell’avvocato FRANSONI
GUGLIELMO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato RUSSO PASQUALE con procura speciale
notarile del Dr. COPPINI RICCARDO in SIENA rep. n.
– controricorrente incidentale contro
AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimato –
avverso la sentenza n. 47/2007 della COMM.TRIB.REG.
di FIRENZE, depositata 1’11/07/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/11/2013 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato PICCIAREDDA
delega Avvocato RUSSO che ha chiesto il rigetto del
ricorso principale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’accoglimento per guanto di ragione del ricorso
principale, assorbito l’incidentale.
50383 del 17/11/2008;
24935-08
Svolgimento del processo
Il 3 dicembre 1991 la Monte dei paschi Leasing s.p.a.
acquistò la proprietà superficiaria di un compendio
immobiliare sito in Pistoia, al prezzo di lire
1.300.000.000 e lo concesse in locazione finanziaria alla
Utensil Ferramenta Pistoiese s.p.a. fino al 2 dicembre
1999, con diritto di opzione all’acquisto per il prezzo di
lire 390.000.000, da esercitarsi entro dieci giorni dalla
scadenza della locazione.
Il 6 dicembre 2000, avvalendosi del diritto di opzione, la
utilizzatrice acquistò la proprietà superficiaria
dell’immobile.
Nell’atto venne fatta richiesta di attribuzione di rendita
ai sensi dell’art. 12 del d.l. n. 70 del 1988, conv. in l.
n. 154 del 1988. E, ai fini dell’Invim, venne dichiarato
il valore finale del bene al 31 dicembre 1992 in lire
1.344.974.000.
L’ufficio, determinata la rendita, notificò un avviso di
liquidazione di maggiore Invim, derivante dalla
determinazione del valore finale suddetto di lire
3.446.680.000.
L’impugnazione proposta dalla Banca dei Monte dei paschi,
incorporante la Monte dei Paschi Leasing, venne accolta
dalla commissione tributaria provinciale di Pistoia sul
rilievo che il classamento dell’Ute non aveva tenuto conto
delle variazioni urbanistiche intervenute dal 1992 al 2000
e dei diversi criteri applicati alle due date. Tenuto
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conto delle risultanze di una perizia giurata prodotta
dalla contribuente, e del risultato della vendita del bene
all’incanto,
commissione
nell’anno 1990,
provinciale
in sede esecutiva,
determinava
il
valore
la
del
compendio al 31 dicembre 1992 in lire 1.782.000.000.
La sentenza
stata confermata dalla commissione
entrambi gli appelli, principale
tributaria regionale della Toscana previo rigetto di
(dell’agenzia delle
entrate) e incidentale (della contribuente).
La commissione regionale ha disatteso la doglianza
preliminare dell’ufficio riguardo all’omessa integrazione
del contraddittorio con l’Ute, giacché la contribuente non
aveva impugnato la rendita catastale, ma aveva
semplicemente contestato l’applicabilità del criterio
tabellare al caso di specie.
Ha quindi affermato:
(i)
che la tesi di merito
dell’ufficio medesimo era infondata in quanto il
trasferimento aveva avuto a oggetto non la piena
proprietà, ma il diritto di superficie per 99 anni, sicché
il valore di mercato del bene era da ritenere certamente
inferiore a quello determinato automaticamente con i
coefficienti tabellari previsti per il diritto di
proprietà; (ii) che pure infondata era la tesi di merito
della banca, secondo cui la volontà espressa nell’atto, di
volersi avvalere del criterio automatico di valutazione,
fosse diretta a vincolare l’accertamento della sola
imposta di registro, anziché dell’Invim, dal momento che
le parti avevano espressamente richiesto l’applicazione
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dell’imposta di registro in misura fissa, trattandosi di
cessione soggetta a Iva.
Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto
ricorso l’agenzia delle entrate, articolando tre motivi.
La banca si è costituita con controricorso, col quale ha
proposto ricorso incidentale sorretto da due motivi.
Motivi della decisione
I. – Nel ricorso principale sono dedotti i seguenti
motivi.
Col primo mezzo, rubricato come violazione e falsa
applicazione dell’art. 112 e dell’art. 99 c.p.c., sì
eccepisce l’ultrapetizione per avere la commissione
tributaria regionale incentrato la decisione su un
argomento che la contribuente non aveva posto alla base
delle proprie difese, tale essendo quello secondo cui
oggetto del trasferimento
era stata la proprietà
superficiaria e non la proprietà piena del compendio.
Col
secondo motivo,
deducendo violazione e falsa
applicazione dell’art. 12 del d.l. n. 70 del 1988 e
dell’art. 17 del d.lgs. n. 504 del 1999, l’amministrazione
sostiene che il calcolo del valore finale dell’Invim
mediante il sistema dei coefficienti era nella specie
legittimo, in quanto i coefficienti di determinazione non
erano mutati dal 1992 (anno rilevante ai fini dell’Invim)
al 2000 (anno in cui era avvenuto il trasferimento con
contestuale richiesta di attribuzione di rendita).
Infine
col
l’insufficiente
terzo
e
mezzo
l’amministrazione
contraddittoria
motivazione
denunzia
della
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sentenza in ordine al punto decisivo concernente il
criterio di determinazione del valore finale del bene ai
fini dell’Invim, avendo la commissione dapprima affermato
l’infondatezza della tesi della contribuente diretta a
sottrarsi alla determinazione del valore finale con
criterio automatico, e poi rinnegato l’assunto alla luce
impossibilità di rilevare
delle risultanze di una perizia giurata. Con conseguente
l’iter logico-giuridico che ha
condotto alla formazione del convincimento finale.
– Il ricorso principale, i cui motivi possono essere
esaminati congiuntamente per la stretta loro connessione,
è da disattendere per le seguenti ragioni.
Non sussiste ultrapetizione a misura dell’avere la
commissione tributaria regionale evidenziato che
trattavasi – nella specie – di cessione della proprietà
superficiaria, posto che è pacifico – in quanto emergente
dalle stesse difese dell’agenzia – che proprio questo era
stato l’oggetto del contratto di compravendita del 6
luglio 2000 cui correlare l’obbligazione tributaria.
Quanto ai restanti motivi, è sufficiente osservare che sebbene con motivazione in molte parti evasiva e lacunosa
la commissione ha respinto l’appello
dell’amministrazione prioritariamente rilevando che la
tesi della contribuente era stata affidata
all’affermazione che non si applicasse al caso di specie
la valutazione automatica ex art. 12 cit.
Questa tesi la commissione ha condiviso in ragione
dell’argomento che il trasferimento aveva avuto a oggetto
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il diritto di superficie, “per cui il bene [aveva]
certamente un valore di mercato inferiore a quello
determinato automaticamente con i coefficienti tabellari
previsti per il diritto di proprietà”.
La ratio decidendi postula la soluzione di una questione
giuridica, cui non si attaglia il vizio di motivazione
dedotto col terzo motivo, in quanto è pacifico che la
categoria logica dell’art. 360, n. 5, c.p.c. può afferire
alla sola motivazione in fatto.
Ebbene quella
ratio non è adeguatamente censurata dalla
ricorrente, in quanto il secondo motivo, movendo dalla
considerazione che i coefficienti moltiplicatori delle
rendite erano rimasti invariati tra il 1992 e il 2000, non
appare pertinente.
Invero
la
commissione
l’applicabilità
del
tributaria
criterio
non ha
tabellare
escluso
perché
coefficienti erano variati, ma perché dovevasi considerare
prioritaria la rilevanza del più basso valore di mercato.
Vero è che una simile inferenza è giuridicamente errata,
dal momento che, ove il contribuente abbia chiesto
l’applicazione della valutazione automatica avvalendosi
della procedura di cui all’art. 12 del d.l. n. 70 del 1988
(conv. nella legge n. 154 del 1988), non può, una volta
conosciuta tale valutazione, esercitare una sorta di
ius
poenitendi e richiedere la valutazione diretta in funzione
dell’accertamento di un valore inferiore, poiché la
procedura dell’art. 12 è prevista proprio per evitare la
valutazione di mercato e la ricerca del prezzo effettivo,
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al fine specifico di prevenire liti fiscali (v., in tema
di imposta di successioni, ma sulla base di un principio
generale valevole anche per l’Invim, Cass. n. 10320-05).
Ma resta il fatto che la stessa, non essendo censurata nei
termini consoni, resta intangibile in questa sede.
Difatti il ricorso per cassazione, non sostanziandosi, a
dell’appello,
in
semplici
censure
di
differenza
ingiustizia della decisione impugnata, implicami’, che la
cognizione
della
corte
conformemente
alle
caratteristiche del mezzo, quale impugnazione a critica
vincolata – si esaurisce nei soli motivi prospettati.
Questi identificano i limiti dell’impugnazione, con la
fondamentale conseguenza che non è consentito alla corte
rilevare d’ufficio errori dell’impugnata sentenza non
dedotti nei motivi, finanche ove concernenti l’operatività
di principi giuridici. Invero l’errore di diritto non
dedotto col ricorso per cassazione può essere dalla corte
corretto solo quando, per suo tramite, si debba correggere
la motivazione in diritto di una sentenza il cui
dispositivo si palesi conforme a legge; e quindi, in
sostanza, solo in funzione della conservazione della
statuizione finale, non anche in funzione della cassazione
di essa.
III. – Col ricorso incidentale sono dedotti i seguenti
motivi.
Col primo mezzo, si denunzia la nullità della sentenza per
violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto
e il pronunciato
(art.
112 c.p.c.), non avendo la
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commissione tributaria regionale speso considerazioni in
merito alla illegittimità dell’avviso di liquidazione in
quanto notificato al posto del dovuto avviso di
accertamento.
Col secondo motivo si deduce l’insufficiente motivazione
in ordine alle ragioni che hanno condotto
all’applicabilità del criterio automatico ai fini del
valore finale del bene, a fronte delle eccepite risultanze
della clausola contrattuale specificamente riferita
all’Invim.
IV. – Anche il ricorso incidentale va disatteso.
In ordine al primo motivo è assorbente considerare che la
questione con riguardo alla quale è dedotta l’omissione di
pronuncia non risulta, almeno in prospettiva di
autosufficienza, prospettata col ricorso introduttivo del
giudizio.
La contribuente deduce di aver impugnato l’avviso di
liquidazione dell’Invim eccependo: (i) la “macroscopica
inverosimiglianza del plusvalore accertato dall’ufficio
(..) maturato in appena un anno”; (ii) che il classamento
non aveva tenuto conto di una “pratica catastale di
variazione (..) presentata nel 2000, con planimetria
diversa da quella di accampiona mento presentata il
19.04.91”; (iii) che la situazione dei beni “era
indubbiamente migliorata a seguito di lavori di miglioria
e ristrutturazione eseguiti direttamente dall’utilizzatore
nel 1998, e dei quali, pertanto, l’ufficio non poteva
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tenere conto ai fini della determinazione della rendita
che (..) doveva essere calcolata al 31.12.92”.
Se ne desume che la questione afferente la presunta
illegittimità
dell’avviso
di
liquidazione,
siccome
notificato in vece dell’avviso di accertamento, non era
stata sollevata tra i motivi originari di ricorso. Donde
non può affermarsi l’esistenza di un vizio di omessa
pronuncia sulla stessa a opera del giudice d’appello.
Il processo tributario, modellato sull’impugnazione di un
atto rientrante in un ben definito elenco (art. 19 del d.
lgs. n. 546-92), investe il profilo impositivo nei limiti
dei motivi sottoposti dal contribuente all’esame del
giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 18, 2 ° co.,
lett. e), del d. lgs. cit. Il principio regolatore di tale
processo è che esso abbia un oggetto rigidamente
delimitato dal tipo di atto impugnabile e dalle
contestazioni comprese nei motivi dedotti col ricorso
introduttivo (artt. 18 e 24 d. lgs. n. 546-92). I quali
motivi, invero, costituiscono la
causa petendi rispetto
all’invocato annullamento dell’atto impugnato,
con
la
conseguente inammissibilità di un mutamento delle
deduzioni avanti al giudice di secondo grado
(ex plurimis
Cass. n. 22010-06; Cass. n. 7766-06) ovvero del successivo
inserimento di temi d’indagine nuovi (cfr. Cass. n. 1682907, nonché Cass. n. 19337-11; n. 13934-11).
Quanto al secondo motivo, ne è palese l’inconferenza, dal
momento che il motivo non coglie che la commissione ha
stabilito il valore del bene in base a quanto desunto
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dalla perizia di stima prodotta dalla stessa parte
contribuente.
V. – Conclusivamente, pertanto, vanno rigettati entrambi i
ricorsi, principale e incidentale.
L’esito della lite è motivo di compensazione delle spese
p.q.m.
La Corte rigetta i ricorsi e compensa le spese.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta
sezione civile, addì 21 novembre 2013.
processuali.