Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1558 del 23/01/2018


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Cassazione civile, sez. III, 23/01/2018, (ud. 08/11/2017, dep.23/01/2018),  n. 1558

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2009 S.C. convenne dinanzi al Tribunale di Trieste la società Generali Italia S.p.A., esponendo di avere stipulato con la stessa un’assicurazione contro gli infortuni; di essere rimasto vittima di un sinistro stradale che gli provocò gravi lesioni personali; che la società non aveva corrisposto l’indennizzo contrattualmente pattuito.

Chiese pertanto la condanna della società convenuta all’adempimento della propria obbligazione contrattuale.

La Generali si costituì contestando sia l’efficacia della copertura assicurativa, sia la dinamica dell’infortunio così come descritta dall’attore.

2. Con sentenza 24 aprile 2013 n. 372 il Tribunale di Trieste accolse la domanda.

La Corte d’appello di Trieste, con sentenza 6 agosto 2014 n. 499, accolse il gravame dell’assicuratore e rigettò la domanda.

La Corte d’appello ritenne che, pur essendo incontestabile che l’assicurato avesse patito lesioni personali, la domanda andava comunque rigettata, perchè l’assicurato non aveva dimostrato in modo chiaro e netto la concreta dinamica dell’infortunio. Soggiunse che la polizza escludeva dalla garanzia gli infortuni derivanti da “partecipazioni a corse e gare comportanti l’uso di veicoli a motore”; e le contraddittorie prove raccolte nel corso del giudizio non consentivano di escludere che l’infortunio non potesse essere derivato da una di queste attività.

3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da S.C., con ricorso fondato su quattro motivi ed illustrato da memoria.

Ha resistito con controricorso la Generali Italia, anch’essa depositando memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, che la Corte d’appello avrebbe violato gli artt. 1362 e 2697 c.c..

Deduce che il contratto prevedeva l’obbligo dell’assicuratore di pagare l’indennizzo al verificarsi di un infortunio, e che la polizza definiva tale “ogni evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna che produca lesioni corporali obiettivamente constatabili”.

Il contratto inoltre soggiungeva che la copertura era valida per gli infortuni subiti sia nello svolgimento delle attività professionali dell’assicurato, sia nello svolgimento “di ogni altra normale attività”.

Dinanzi a tali pattuizioni, l’attore aveva dunque l’onere soltanto di provare che si era verificato un infortunio e che questo aveva provocato una invalidità permanente, ma non avrebbe anche dovuto dimostrare l’insussistenza delle cause di esclusione della copertura assicurativa.

1.2. Il motivo è fondato.

Fatto costitutivo della pretesa dell’assicurato, nel giudizio promosso nei confronti dell’assicuratore ed avente ad oggetto il pagamento dell’indennizzo pattuito, è l’avverarsi di un rischio corrispondente a quello descritto nella polizza.

L’assicurato, dunque, ha l’onere di dimostrare che si è verificato il fatto avverso previsto nella polizza, che sia derivato dalle cause previste dalla polizza, e che abbia prodotto gli effetti previsti dalla polizza.

1.3. E’ noto tuttavia come il rischio previsto nel contratto di assicurazione sia di norma un rischio delimitato, attraverso patti di vario genere che circoscrivono, a seconda delle volontà delle parti e del premio pagato, l’indennizzabilità ai sinistri derivanti da determinate cause, ovvero ai sinistri consistiti in determinati eventi, od ancora ai sinistri che abbiano prodotto determinati effetti.

Per effetto dell’inserimento nel contratto di assicurazione di queste clausole di delimitazione del rischio, gli effetti avversi cui l’assicurato è teoricamente esposto possono essere classificati in tre categorie:

(a) i rischi inclusi;

(b) i rischi esclusi;

(c) i rischi non compresi.

I rischi inclusi sono quelli per i quali il contratto accorda all’assicurato il pagamento dell’indennizzo.

I rischi esclusi sono quelli del tutto estranei al contratto (ad es., il rischio di infortuni rispetto ad una polizza che copra la responsabilità civile).

I rischi non compresi sono invece quelli che astrattamente rientrerebbero nella generale previsione contrattuale, ma l’indennizzabilità dei quali è esclusa con un patto espresso di delimitazione del rischio (ad esempio, in un contratto di assicurazione contro i danni da incendio, si esclude l’indennizzabilità degli incendi provocati dal fulmine).

1.4. La distinzione appena riassunta, risalente e condivisa da sapiente dottrina, riverbera effetti sul piano del riparto dell’onere della prova.

La circostanza che l’evento dannoso rientri tra i “rischi inclusi” è fatto costitutivo della pretesa, e va provata dall’assicurato.

La circostanza che l’evento verificatosi rientri fra i rischi “non compresi” costituisce invece un fatto impeditivo della pretesa attorea, e va provato dall’assicuratore.

Tale circostanza infatti non rappresenta un fatto costitutivo della domanda, ma un fatto costitutivo dell’eccezione di non indennizzabilità, e come tale deve essere dimostrato da chi quell’eccezione intenda sollevare.

1.5. Nel caso di specie è pacifico che la polizza stipulata da S.C. coprisse qualunque tipo di infortunio derivante da attività lavorative o non lavorative.

Onere dell’assicurato era dunque soltanto quello di provare l’esistenza dell’infortunio.

Era, invece, onere dell’assicuratore dimostrare che, pur essendosi verificato il rischio contrattualmente pattuito (l’infortunio), questo rientrava tra i rischi “non compresi”, a causa dell’esistenza di una delle circostanze di non indennizzabilità previste dal contratto.

Nel caso di specie, l’esistenza dell’infortunio non è mai stata in discussione.

L’assicuratore, per contro, non ha mai provato che questo fosse derivato da una corsa automobilistica clandestina, o da altre cause delimitative dell’indennizzabilità previste dal contratto.

Sicchè, essendo stato provato il fatto costitutivo della domanda, ma non quello costitutivo dell’eccezione, la Corte d’appello non avrebbe potuto rigettare la prima ed accogliere la seconda.

1.6. La sentenza va dunque cassata con rinvio alla corte d’appello di Trieste, la quale nel riesaminare il gravame proposto dalla società Generali Italia si atterrà al seguente principio di diritto:

nel giudizio promosso dall’assicurato nei confronti dell’assicuratore, ed avente ad oggetto il pagamento dell’indennizzo assicurativo, è onere dell’attore provare che il rischio avveratosi rientri nei “rischi inclusi”, ovvero nella categoria generale di rischi oggetto di copertura assicurativa. Se il contratto contiene clausole di delimitazione del rischio indennizzabile (soggettive, oggettive, causali, spaziali, temporali), la sussistenza dei presupposti di fatto per l’applicazione di tali clausole costituisce un fatto impeditivo della pretesa attorea, e va provato dall’assicuratore”.

2. Gli ulteriori motivi di ricorso.

2.1. Gli altri motivi di ricorso restano assorbiti dell’accoglimento del primo.

3. Le spese.

Le spese del presente grado di giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio.

PQM

la Corte di cassazione:

(-) accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 8 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2018

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