Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1558 del 19/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 19/01/2022, (ud. 29/10/2021, dep. 19/01/2022), n.1558

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

I.M., cittadino della Costa d’Avorio nato il (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour presso la

cancelleria della Corte di cassazione rappresentato e difeso dagli

Avv. Michele Pizzi, giusta procura speciale in calce al ricorso per

cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Milano emesso l’11 settembre 2019

nel procedimento n. R.G. 12472/2018;

sentita la relazione in Camera di consiglio del relatore cons.

Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, I.M., cittadino della Costa d’Avorio nato a (OMISSIS) il (OMISSIS), ha adito il Tribunale di Milano impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

2. Nel richiedere la protezione internazionale il ricorrente riferiva di aver lasciato il suo Paese a seguito di un conflitto sorto tra l’esercito del Mali e alcuni guerriglieri, che lo avevano sequestrato insieme agli abitanti del villaggio, torturandolo per costringerlo ad arruolarsi. Il ricorrente dichiarava, infatti, di avere la cittadinanza maliana, essendo nato da padre mallano e madre ivoriana ed essendosi trasferito in Mali, nel villaggio di (OMISSIS), sin da piccolo, quando la madre era venuta a mancare.

3. Il Tribunale ha ritenuto non credibile il racconto del ricorrente, in ordine sia alla provenienza dello stesso dalla zona di Gao sia alla vicenda del sequestro, considerandolo contraddittorio, confuso e privo di dettagli. Il Collegio ha, dunque, ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale, avuto riguardo anche alla situazione generale del Mali, descritta con l’indicazione delle fonti di conoscenza, e che la documentazione depositata in merito al percorso di integrazione intrapreso non fosse idonea al riconoscimento della protezione umanitaria, mancando altresì profili di vulnerabilità.

4. Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione I.M., svolgendo tre motivi.

5. L’intimata Amministrazione dell’Interno ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

6. Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in Camera di consiglio non partecipata del giorno 29 ottobre 2021, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

I motivi di ricorso sono così rubricati:

“1. Violazione della L. n. 46 del 2017, art. 35-bis, comma 11, lett. a), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonché artt. 6-13 CEDU, Dir. n. 2013/32/UE, art. 46: mancata audizione del ricorrente con conseguente violazione del principio del contraddittorio, violazione del principio del giusto processo e violazione del diritto di difesa”; “Violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, art. 27, comma 1-bis, c.p.c., nonché violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c); violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma l, nn. 3 e 4: illegittimità del mancato riconoscimento della protezione sussidiaria ovvero umanitaria per violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria nonché motivazione, omessa, apparente, generica ed insufficiente per mancata indicazione delle fonti aggiornate relative al paese di provenienza del ricorrente e violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perché il Tribunale non avrebbe valutato la condizione del (OMISSIS) ai fini della concessione della protezione umanitaria”; “Violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5: illegittimità del mancato riconoscimento della protezione umanitaria per difetto di motivazione, violazione di legge ed omesso esame di un fatto rilevante per il giudizio”.

1.Con il primo motivo si contesta la mancata audizione, riportando quanto richiesto nel ricorso introduttivo circa la necessità di “fornire chiarimenti ed informazioni inerenti la sua storia e i motivi che lo hanno spinto ad abbandonare il suo Paese di origine”.

2.Nel secondo motivo si contesta la motivazione del provvedimento impugnato in punto di credibilità, avendo il Tribunale basato la sua valutazione sulla decisione della Commissione Territoriale e non avendo approfondito – anche attraverso l’audizione – gli aspetti ritenuti lacunosi, come l’area di provenienza: il Tribunale non avrebbe ritenuto possibile che il ricorrente non sapesse riportare alcuna informazione sulla situazione di (OMISSIS) nel 2014/2015, caratterizzata da alti livelli di scontri, senza però, ulteriormente indagare né prendere in considerazione l’aspetto psicologico e il basso livello culturale del ricorrente;

3. Si censura, altresì, l’omesso utilizzo di COI aggiornate, evidenziando come il Tribunale avesse pubblicato la decisione un anno dopo la Camera di consiglio, lasso di tempo nel quale la situazione di sicurezza del (OMISSIS) era progressivamente peggiorata, tanto da coinvolgere tale peggioramento l’intero territorio nazionale. A tal riguardo, il ricorrente cita un documento (OMISSIS) sui rimpatri in (OMISSIS) del luglio 2019, nonché diversi articoli del 2019 pubblicati su (OMISSIS) e su altre riviste internazionali, incluse fonti UN, menzionando nel ricorso, inoltre, il focus sul (OMISSIS) del (OMISSIS) di (OMISSIS) e il report sui bisogni umanitari in (OMISSIS) dell'(OMISSIS) del 2020. Si cita, infine, il dato del (OMISSIS) 2019, che inserisce il (OMISSIS) al 13esimo posto tra i 163 Paesi di cui è stato analizzato l’impatto della minaccia terroristica. Viene, dunque, contestato da parte del ricorrente il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, come conseguenza dell’estensione del conflitto a tutto il (OMISSIS) con evidenti ripercussioni anche sulla ritenuta non credibilità dell’area di provenienza ((OMISSIS)) indicata dal ricorrente.

Il ricorrente lamenta, infine, l’omessa valutazione della domanda di protezione umanitaria in relazione alle condizioni del (OMISSIS), essendosi il Tribunale limitato ad escludere apoditticamente il rischio di compromissione di diritti fondamentali in caso di rimpatrio.

3.Con il terzo motivo si contesta la valutazione comparativa svolta dal Tribunale, non avendo adeguatamente considerato né i profili di vulnerabilità legati ad un eventuale rimpatrio, né il percorso di integrazione documentato, omettendo dunque il giudizio comparativo.

Il ricorso è manifestamente fondato.

3.1 I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente. 3.1.1 Quanto al primo motivo di doglianza, occorre ricordare, in termini generali e ricostruttivi dell’istituto di cui si invoca la tutela (audizione del richiedente asilo) che la giurisprudenza di questa Corte ha fissato il principio secondo cui “nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile” (Sez. 1, Sentenza n. 21584 del 07/10/2020; in senso conforme, anche Sez. 1, Sentenza n. 22049 del 13/10/2020, secondo cui verbatim “il corredo esplicativo dell’istanza di audizione deve risultare anche dal ricorso per cassazione, in prospettiva di autosufficienza; in particolare il ricorso, col quale si assuma violata l’istanza di audizione, implica che sia soddisfatto da parte del ricorrente l’onere di specificità della censura, con indicazione puntuale dei fatti a suo tempo dedotti a fondamento di quell’istanza”).

3.1.2 Ciò posto, occorre evidenziare come il Tribunale non abbia inteso fornire applicazione della richiesta tutela protettiva internazionale, e ciò con specifico riferimento a quella prevista e regolata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, sulla base di uno scrutinio di non credibilità del racconto quanto alla dichiarata zona di provenienza del richiedente (Goa), area indiscutibilmente interessata – sulla base degli stessi accertamenti istruttori condotti dal Tribunale sulla base delle c.o.i. consultate – da un conflitto armato generalizzato.

Tuttavia, nel provvedimento impugnato nulla viene specificato circa la possibilità di individuare la zona di provenienza del richiedente ritenuta plausibile, con ciò venendo meno, secondo i principi evidenziati dalla giurisprudenza di questa Corte (e già sopra ricordati), all’obbligo di audizione del ricorrente nelle ipotesi relative alla necessità di “acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente”. E ciò con maggiore evidenza nel caso – come quello in esame – nel quale il richiedente aveva richiesto tale audizione con riferimento alla questione già prospettata innanzi ai giudici del merito dell’esistenza di un conflitto armato il cui perimetro di diffusione sul territorio (OMISSIS)ano si stava allargando dalle regioni del nord del paese ad altre importanti porzioni del territorio nazionale, dovendosi ritenere imprescindibile, sulla base delle allegazioni contenute nel ricorso presentato nella fase di merito del giudizio, accertare l’effettiva area di provenienza del richiedente, per lo meno tramite il necessario interrogatorio di quest’ultimo nella fase giudiziale.

3.2 L’accoglimento dei primi due motivi assorbe l’esame della terza doglianza, articolata in riferimento al diniego della richiesta protezione umanitaria.

P.Q.M.

accoglie i primi due motivi di ricorso; dichiara assorbito il terzo; cassa il decreto impugnato, con rinvio al Tribunale di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022

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