Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15579 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. III, 04/06/2021, (ud. 16/11/2020, dep. 04/06/2021), n.15579

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18661/2018 proposto da:

SCHENKER ITALIANA SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

APRICALE 31, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO VITOLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRO ORSENIGO;

– ricorrenti –

contro

G. SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO DELLA GANCIA 5,

presso lo studio dell’avvocato RENATO MIELE, rappresentato e difeso

dall’avvocato LUIGINO MARIA MARTELLATO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 909/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 13/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/11/2020 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 25 luglio 2005 la S.r.l. G. evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Venezia, la S.p.A. Schenker Italiana per sentirla condannare al pagamento delle somme relative agli adeguamenti tariffari non riconosciuti dalla convenuta, in violazione dei minimi previsti dalle disposizioni in materia di contratti di autotrasporti di cose per conto terzi, con tariffe a forcella.

Si costituiva la convenuta, eccependo la tardività, inammissibilità e improcedibilità dell’azione, la prescrizione di ogni diritto e, nel merito l’infondatezza, attesa la nullità dei contratti di trasporto, oltre che l’inapplicabilità delle tariffe obbligatorie. Richiedeva la condanna dell’attrice al pagamento di quanto indebitamente corrispostole e trattenuto dall’attrice senza titolo.

Il Tribunale di Venezia, con sentenza del 1 ottobre 2010, dichiarava prescritto il diritto della S.r.l. G. riguardo alla somma di Euro 7.211, condannava la convenuta al pagamento della somma di Euro 80.755, oltre interessi, rigettava la domanda riconvenzionale e provvedeva sulle spese di lite.

La Corte di Appello di Venezia, con sentenza n. 909 del 13/04/2018, per quanto ancora qui rileva, rigettava l’impugnazione proposta dalla Schenker Italiana S.p.a. avverso la sentenza del Tribunale.

Avverso la sentenza d’appello la Schenker Italia S.p.a. ricorreva con atto affidato a un unico motivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 12 disp. gen., art. 2697 c.c., artt. 99 e 115 c.p.c. ed L. 6 giugno 1974, n. 298, art. 56, G. S.r.l. resisteva con controricorso, illustrato da memoria autorizzata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

La Sezione Sesta – 3 di questa Corte, con ordinanza interlocutoria n. 2573 del 4 febbraio 2020, rilevava che tra le stesse parti era stata pronunciata una sentenza di questa Corte (n. 14901 del 08/06/2018) che aveva accolto le prospettazioni della Schenker Italiana S.p.a. in punto di (in)applicabilità delle cd tariffe a forcella. Pertanto, al fine di evitare anche la sola possibilità di espressione di orientamenti difformi nello stesso ambito, rimetteva la trattazione della causa all’odierna pubblica udienza. G. S.r.l. deposita memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 12 disp. gen., art. 2697 c.c., artt. 99 e 115 c.p.c., ed della L. 6 giugno 1974, n. 298, art. 56, l’erroneità della decisione in quanto la Corte d’Appello avrebbe adottato una decisione opposta rispetto a quella emessa tra le medesime parti e sulla medesima questione, nel giudizio promosso dall’impresa individuale G.G. nei confronti della odierna ricorrente, stabilendo, tra l’altro, che la ditta di trasporti non aveva provveduto a redigere alcuna lettera di vettura e che ciò costituiva un requisito necessario per l’applicazione delle tariffe obbligatorie. Inoltre, in quel procedimento la Corte di Venezia avrebbe escluso l’assimilazione del container alla nozione di merce, tenuto conto del chiaro dettato normativo. Al contrario, nel presente procedimento il consulente d’ufficio sarebbe pervenuto alla determinazione delle differenze tariffarie assimilando la categoria dei containers a quella della merce oggetto della L. n. 298 del 1974, così violando la norma che non menziona tale categoria, ma solo quella degli imballaggi. Sotto tale profilo non risponderebbe al vero la circostanza che i containers sarebbero stati consegnati sigillati e che ciò avrebbe impedito al vettore di inserirvi altre merci. La decisione impugnata, in definitiva, perveniva ad una indebita sostituzione della descrizione delle merci, con quella del contenitore delle stesse.

Il ricorso è inammissibile per difetto di specificità. La censura, pur rintracciabile come indicazione a pag. 2 del ricorso, non contiene nella sua illustrazione una critica correlata alla motivazione della sentenza impugnata.

Il motivo, infatti, è strutturato come violazione dell’art. 12 preleggi, comma 2, oltre che dell’art. 2697 c.c., artt. 99 e 115 c.p.c., prospettando una violazione della disposizione della L. 298 del 1974, che prevede che le spedizioni soggette al regime tariffario obbligatorio devono essere accompagnate dalla compilazione di un apposito documento, emesso dal vettore, contenente le indicazioni necessarie per consentire il controllo sulla effettiva osservanza delle norme che disciplinano quella tipologia di trasporto.

A prescindere da tale assoluta genericità della doglianza, parte ricorrente la sintesi riporta nel ricorso, a pag. 4-5 con i numeri da 1 a 4, le argomentazioni che, secondo la ricorrente, la Corte territoriale avrebbe posto a sostegno della decisione impugnata. Ma tali argomentazioni non esprimono l’effettivo intendimento della Corte territoriale.

Orbene, se si confronta la ricostruzione ad opera della ricorrente, con il reale tessuto motivazionale della sentenza, emerge che la sintesi non “fotografa” affatto le rationes decidendi della sentenza.

Il ragionamento della Corte territoriale si fonda su tre argomentazioni: la prima, relativa alla mancata produzione delle lettere di vetture, è nel senso che le risultanze di esse bene potevano essere acquisite, come lo sono state, tramite le prove testimoniali (terz’ultima pagina della sentenza).

Al contrario, secondo la ricostruzione riportata al punto 2 del ricorso, la Corte territoriale avrebbe sostenuto che le lettere di vettura potevano essere sostituite dalle fatture.

La Corte, invece, prende atto che le lettere di vettura non erano state esibite ma, con argomentazione ragionevole e sostanzialmente non impugnata, rileva che le risultanze processuali ed, in particolare, la prova testimoniale, hanno dimostrato che quei documenti esistevano, che erano stati compilati e conservati, così come richiede la legge. Aggiunge, che la mancata produzione in giudizio non costituisce un profilo di nullità della pretesa, atteso che la prova di quegli elementi era stata fornita con altri strumenti probatori.

La seconda argomentazione riguarda la circostanza che i trasporti documentati erano stati eseguiti con mezzi propri dell’attrice e gli spostamenti avevano spesso ad oggetto containers vuoti, che comunque occupavano l’intero veicolo messo a disposizione.

Infine, riteneva corretta la quantificazione dei costi operata dal consulente d’ufficio in primo grado. Con riferimento alla questione della assimilazione del trasporto dei containers al trasporto delle merci, argomentava sull’applicazione analogica della categoria degli imballaggi (terza classe merceologica) ai containers, trattandosi di categoria compresa nella tabella B allegata al D.M. 18 novembre 1982, che individua le merci sottoposte a tariffa a forcella, sulla base di un criterio analogico. Quindi, interpretando la legge escludeva la rilevanza della Legge Speciale n. 52 del 1997, che non include nella categoria degli imballaggi i containers, ma si riferisce al settore particolare dei rifiuti. Trattandosi di norma speciale la stessa non costituirebbe – per la Corte – un parametro di interpretazione della disciplina generale della tariffa a forcella.

Al contrario, secondo la ricostruzione della ricorrente, la seconda argomentazione centrale della decisione impugnata riguarderebbe il fatto che le lettere di vettura, secondo la corte d’appello, avrebbero potuto essere sostituite dalle fatture commerciali che, invece, descrivevano i containers. Infine, secondo il ricorrente, la corte avrebbe sostenuto che questi ultimi erano assimilabili alla merce, per cui in assenza di lettere di vettura, era corretto porre a base del carico del differenze tariffarie, i containers. E ciò in quanto non esisterebbe una disciplina che imponga al vettore di conservare le lettere di vettura per il periodo superiore al biennio.

L’errata prospettazione della motivazione criticanda rende complessivamente inammissibile la censura, alla stregua del principio di diritto di cui a Cass. n. 359 del 2005, secondo cui: “Il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4″. Principio ribadito, in motivazione non massimata, da Cass., Sez. Un., n. 7074 del 2017.

Tutte le argomentazioni successive, con le quali, anche in sede di discussione, si richiamano precedenti di questa Corte, restano irrilevanti, per la detta ragione.

Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo seguono la soccombenza. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315), evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 7200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 16 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

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