Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15576 del 30/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 18/05/2010, dep. 30/06/2010), n.15576

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11379/2008 proposto da:

COMUNE DI ANAGNI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA CATANZARO 2, presso lo studio dell’avvocato

LUCCI MARIO, rappresentato e difeso dall’avvocato NARDONE Michele,

giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

NUOVA SATI ATTIVITA’ INDUSTRIALI SPA;

– intimato –

sul ricorso 14671/2008 proposto da:

NUOVA SATI ATTIVITA’ INDUSTRIALI SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE

BASTIONI MICHELANGELO 5A, presso lo studio dell’avvocato SAVONI

MONICA, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;

– controricorrente e ricorrente incid. –

contro

COMUNE DI ANAGNI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 214/2007 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LATINA, depositata il 14/06/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

18/05/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DIDOMENICO;

udito per il ricorrente l’Avvocato NARDONE MICHELE, che si riporta;

udito per il resistente l’Avvocato SAVONI MONICA, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LECCISI Giampaolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito l’incidentale condizionato.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Nuova Sati Società attività Industriali impugnò avanti alla Commissione tributaria provinciale di Frosinone l’avviso di accertamento emesso dal Comune di Anagni in materia di tassa di smaltimento di rifiuti solidi urbani (TARSU) per l’anno 1998, in rettifica delle superfici dichiarate.

La Commissione provinciale accolse il ricorso. Il Comune propose appello e la Commissione regionale accolse l’appello.

Avverso detta sentenza la società propose ricorso per revocazione deducendo che la CTR non aveva considerato che la Videocolor S.p.a., che possedeva i locali, aveva comunque pagato la TARSU per mq.

10.000.

La CTR revocava la sentenza e confermava la sentenza di primo grado che aveva annullato l’accertamento, rigettando pertanto l’appello del Comune.

Ricorre per la cassazione della sentenza il Comune di Anagni con tre motivi.

La società ha resistito con controricorso e ha proposto ricorso incidentale subordinato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo di ricorso il Comune deduce la violazione dell’art. 395 c.p.c., commi 1 e 5, proponendo il seguente quesito: “sussiste o meno nella specie violazione e falsa applicazione dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 64, comma 1, posto che i giudici della CTR di Roma sez. Staccata di Latina n. 40 hanno revocato la sentenza n. 315/39/1992 della CTR di Roma sez. Staccata di Latina n. 39 ritenendola viziata da errore revocatorio?”.

Questa Corte (Cass. n. 7197/2009) ha affermato che “il quesito di diritto deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. Ne consegue che è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione sia del tutto inidonea ad assumere rilevanza ai fini della decisione del motivo e a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia”.

Orbene il quesito nei termini sopra posti è tautologico, chiedendosi in sostanza a questa Corte di dire se la sentenza in questione era revocabile o meno, non individuandosi il vizio interpretativo o applicativo che avrebbe dovuto essere esplicitato nel quesito.

Il motivo è, pertanto, inammissibile.

Col secondo motivo di ricorso il Comune deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1992, art. 62, per avere la CTR sostenuto che il Comune non aveva “in alcun modo dato sufficiente conto delle superfici tassabili” con ciò ponendo un onere a carico del Comune in contrasto con la presunzione di tassabilità di tutte le aree prevista dall’art. 62 predetto.

Col terzo motivo il Comune deduce vizio motivazionale per avere la CTR fatto acritico rinvio alla sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della contribuente.

I motivi che per la stretta connessione devono essere trattati congiuntamente.

Gli stessi sono fondati.

E’ consolidato indirizzo di questa Corte (Cass. n. 890/2006, n. 1756/2006, n. 2067/1998) che “ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il giudice di merito omette di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento”. Di poi ha ritenuto (Cass. n. 2268/2006, n. 1539/2003, n. 6233/2003, n. 11677/2002) che è “legittima la motivazione “per relationem” della sentenza pronunciata in sede di gravame, purchè il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto. Deve viceversa essere cassata la sentenza d’appello allorquando la laconicità della motivazione adottata, formulata in termini di mera adesione, non consenta in alcun modo di ritenere che alla affermazione di condivisione del giudizio di primo grado il giudice di appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame”.

Orbene la sentenza disattende il superiore insegnamento, giustificando la decisione con la apodittica affermazione “condivisa la sentenza dei primi giudici di nullità dell’atto per carenza di motivazione (omessa indicazione del criterio di tassazione adottato e del motivo di differenziazione delle tariffe) nonchè, comunque, perchè il Comune non ha in alcun modo dato sufficiente conto delle effettive superfici tassabili, conferma l’annullamento dell’avviso di accertamento”.

Principio questo ultimo inesatto avendo questa Corte (Cass. n. 25573/2009) con giurisprudenza ormai consolidata, osservato che “la ricorrenza di tali presupposti (cioè le circostanze di fatto che comportano l’intassabilità) va peraltro dimostrata dal contribuente che deve dar contezza della esenzione che costituisce eccezione alla regola generale di pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale in cui il servizio è istituito.

Nè l’intassabilità potrebbe riguardare le zone destinate all’immagazzinamento dei prodotti finiti che rientrano nella previsione di generale tassabilità delle aree a qualsiasi uso adibite.

Non assume rilievo, infatti, il collegamento funzionale con l’area produttiva, destinata alla lavorazione industriale, delle aree destinate a quello scopo come di tutte le altre aree di uno stabilimento industriale, quali quelle adibite a parcheggio, a mensa e ad uffici, non essendo stato previsto tale collegamento funzionale fra aree come causa di esclusione dalla tassazione neanche dalla legislazione precedente l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 507 di 1993 (Cass. 19461/03)”.

I motivi sono, pertanto, fondati.

Con il ricorso incidentale la società deduce violazione dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, per non avere accolto la CTR la revocazione anche per inesistenza o difetto della procura a margine dell’appello e per essere sottoscritto in maniera illeggibile e da soggetto non legittimato, rinunciando al motivo fondato sulla nullità della notifica. I motivi sono inammissibili in quanto, a parte il difetto di autosufficienza, la procura e la sottoscrizione dell’atto d’appello attengono all’introduzione del giudizi onde la loro valutazione deve considerarsi fatto controverso dovendo il giudice pronunziarsi necessariamente sulla loro validità e non possono pertanto considerarsi alla pari degli estemporanei documenti per cui è ipotizzabile un errore revocatorio.

La sentenza impugnata, in ordine ai motivi accolti, deve essere cassata con rinvio ad altra Sezione della CTR del Lazio che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Riunisce il ricorso principale e quello incidentale, dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso principale e il ricorso incidentale,accoglie gli altri motivi del ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese alla CTR del Lazio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 18 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010

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