Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15573 del 22/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 22/06/2017, (ud. 10/05/2017, dep.22/06/2017),  n. 15573

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4082/2016 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

GIUSEPPINO BOSSO e CARLO BOSSO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCURA GENERALE DELLO

STATO, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, MAURO

RICCI, EMANUELA CAPANNOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 720/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 7/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 10/5/2017 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Torino confermava la decisione del locale Tribunale che aveva ritenuto vanamente decorso il termine di decadenza D.L. n. 269 del 2003, ex art. 42, comma 3, conv. nella L. n. 326 del 2003, dal provvedimento di diniego della domanda proposta da S.M. al fine di ottenere il riconoscimento della pensione di invalidità, diniego motivato dalla mancata presentazione dei documenti dimostrativi della sussistenza dei requisiti reddituali;

– avverso detta sentenza S.M. ricorre per cassazione con due motivi;

– l’I.N.P.S. resiste con controricorso;

– la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio non partecipata;

– il ricorrente ha depositato memoria;

– il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 42 del D.L. cit., dell’art. 12 preleggi, della L. n. 118 del 1971, art. 13. Lamenta che la Corte territoriale ha ritenuto applicabile la decadenza semestrale prevista dalla norma citata, sull’erroneo presupposto eh e essa riguardi anche i casi di rigetto della domanda di invalidità civile per ragioni extrasanitarie e non, dunque, solo l’ipotesi in cui tale rigetto sia dipeso da motivi sanitarie;

– il secondo motivo riguarda il passaggio motivazionale (ritenuto apodittico ed insuscettibile di interpretazione come accertamento di intervenuta prescrizione) in cui la Corte territoriale ha escluso comunque la possibilità per il ricorrente di ottenere il riconoscimento del diritto alla prestazione assistenziale dal 2009 giacchè la documentazione attestante il requisito reddituale era stata inviata solo nel 2014;

– il primo motivo è manifestamente infondato e determina l’assorbimento del secondo;

– questa Corte ha di recente affermato il seguente principio di diritto: “il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 3, convertito in legge, con modificazioni, nella L. 24 novembre 2003, n. 326, nella parte in cui dispone che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto (poi differita al 31 dicembre 2004 in forza del D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, convertito con modificazioni dalla L. 27 febbraio 2004, n. 47, art. 23, comma 2) “non trovano applicazione le disposizioni in materia di ricorso amministrativo avverso i provvedimenti emanati in esito alle procedure in materia di riconoscimento dei benefici di cui al presente articolo”, si riferisce ai ricorsi amministrativi precedentemente previsti sia contro i provvedimenti di mancato riconoscimento dei requisiti sanitari sia contro i provvedimenti di rigetto o revoca dei benefici economici attinenti a requisiti non sanitari, quali quelli cosiddetti socioeconomici. Di conseguenza, il termine di decadenza per la proposizione dell’azione giudiziaria previsto dalla seconda parte dello stesso comma 3 opera sia con riguardo all’ipotesi in cui il diniego in sede amministrativa sia conseguente a ragioni sanitarie sia all’ipotesi in cui il diniego dipenda da ragioni diverse” (Cass. 9 dicembre 2016, n. 25268);

– affinchè possa maturare la decadenza prevista dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, è necessario che il provvedimento di rigetto sia esplicito e venga comunicato all’interessato, poichè il dies a quo del termine semestrale di decadenza è individuato dalla legge nella data di tale comunicazione;

– nella specie è indiscusso che la comunicazione della reiezione della domanda di pensione sia avvenuta in data 27/11/2009;

– nè può ritenersi, contrariamente a quanto opina il ricorrente, che la suddetta reiezione abbia natura di provvedimento meramente interlocutorio con la caratteristica della non definitività, emergendo dalla stessa sentenza impugnata che l’I.N.P.S. con tale comunicazione aveva notiziato l’interessato circa il rigetto della sua domanda di pensione per la mancata presentazione dei documenti relativi ai requisiti reddituali già in precedenza richiesti;

– del tutto irrilevante è, poi, l’intervenuto successivo riconoscimento in sede amministrativa della prestazione con decorrenza dall’1/2/2014 (si veda quanto evidenziato in sentenza circa l’individuazione di tale esatta decorrenza ed i riferimenti operati alle comunicazioni I.N.P.S. del 6/2/2014 e del 10/3/2014) che non fa venire meno gli effetti decadenziali già verificatisi;

– correttamente, dunque, la Corte di appello ha ritenuto che dall’indicata comunicazione del 27/11/2009 decorresse il termine di decadenza;

– ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375 c.p.c., n. 5, per la definizione camerale del processo;

– in conclusione, la proposta va condivisa e il ricorso va rigettato;

– il solo recente formarsi dell’orientamento di legittimità sull’ambito di applicazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 3, consente di compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità;

– va dato atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in quanto l’obbligo del previsto pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del ricorso (così Cass., Sez. Un., n. 22035/2014).

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2017

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