Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15572 del 22/06/2017
Cassazione civile, sez. VI, 22/06/2017, (ud. 10/05/2017, dep.22/06/2017), n. 15572
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9592/2015 proposto da:
COMUNE DI FIRENZE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA POLIBIO 15, presso lo studio dell’avvocato
GIUSEPPE LEPORE, rappresentato e difeso dall’avvocato SERGIO
PERUZZI;
– ricorrente –
contro
M.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE
MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato ENRICO LUBERTO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA CONTE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1327/2013 del TRIBUNALE di FIRENZE, depositata
il 4/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 10/5/2017 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
– con ordinanza resa in data 13/11/2014, la Corte di appello di Firenze, dichiarava l’inammissibilità ex artt. 348 bis e ter c.p.c., del gravame proposto dal Comune di Firenze avverso la sentenza del Tribunale di Firenze n. 1327/2013 del 4/12/2013 che aveva accolto il ricorso di M.F. e condannato il Comune resistente al pagamento in favore della ricorrente di quindici mensilità retributive dell’ultima globale di fatto. Riteneva la Corte territoriale che la proposta impugnazione non avesse ragionevoli probabilità di essere accolta risultando il decisum del Tribunale (secondo il quale: – i plurimi contratti stipulati tra le parti risultavano privi di causale; – l’abuso comportava, esclusa essendo la possibilità di conversione del rapporto, ostandovi il T.U. n. 165 del 2001, art. 36, il diritto del dipendente ad essere risarcito per effetto della violazione delle norme imperative in materia; – l’unica alternativa alla trasformazione del contratto era rappresentata, in coerenza con le indicazioni europee, dall’applicazione al datore di lavoro di una sanzione economica avente al contempo la funzione di ristorare il lavoratore dal pregiudizio subito per il solo fatto della reiterata violazione della legge e quella di dissuadere lo stesso dal ripetere l’operazione vietata; – la sanzione poteva ragionevolmente coincidere con le quindici mensilità che l’art. 18, comma 5 Statuto dei Lavoratori attribuiva al lavoratore per il caso in cui quest’ultimo, avendo diritto alla reintegra nel posto di lavoro a causa della illegittima privazione, vi rinunciasse) conforme a precedenti della medesima Corte territoriale resi in fattispecie analoghe;
– per la cassazione della decisione del Tribunale ricorre il Comune di Firenze, affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la M. che ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso (per tardività);
– la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio non partecipata;
– il Comune di Firenze ha depositato atto di rinuncia notificato alla controparte;
– il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
– la rinuncia non è stata accettata, ma tale circostanza, non applicandosi l’art. 306 c.p.c., al giudizio di cassazione, non rileva ai fini dell’estinzione del processo;
– la rinunzia al ricorso per cassazione infatti non ha carattere cosiddetto accettizio, che richiede, cioè, l’accettazione della controparte per essere produttivo di effetti processuali (Cass. 23 dicembre 2005, n. 28675; Cass. 15 ottobre 2009, n. 21894; Cass. 5 maggio 2011, n. 9857; Cass. 26 febbraio 2015, n. 3971) ma pur sempre carattere recettizio, esigendo l’art. 390 c.p.c., che essa sia notificata alle parti costituite o comunicata ai loro avvocati che vi appongono il visto (cfr. Cass., Sez. Un., 18 febbraio 2010, n. 3876; Cass. 31 gennaio 2013, n. 2259). Ciò deriva anche dell’art. 391, comma 4, secondo cui in caso di – rinuncia, non è pronunciata condanna alle spese “se alla rinuncia hanno aderito le altre parti personalmente, o i loro avvocati autorizzati con mandato speciale” L’accettazione della controparte rileva dunque unicamente quanto alla regolamentazione delle spese, stabilendo dell’art. 391 c.p.c., comma 2, che, in assenza di accettazione, la sentenza che dichiara l’estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese;
– va pertanto dichiarata l’estinzione del processo;
– sussistono i presupposti per farsi luogo alla compensazione delle spese attesa la necessità dell’intervento chiarificatore delle sezioni unite in merito alla questione relativa alla decorrenza del termine di impugnazione in ipotesi di ordinanza ex art. 348 bis c.p.c. (Cass., SU, 7 dicembre 2016 n. 25043);
– infine, il tenore della pronunzia, che è di estinzione e non di rigetto o di inammissibilità od improponibilità, esclude l’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, prevedente l’obbligo, per il ricorrente non vittorioso, di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione, trattandosi di norma lato sensu sanzionatoria e comunque eccezionale ed in quanto tale di stretta interpretazione (cfr. Cass. 30 settembre 2015, n. 19560).
PQM
La Corte dichiara l’estinzione del giudizio; compensa le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 10 maggio 2017.
Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2017