Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15570 del 30/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 18/05/2010, dep. 30/06/2010), n.15570

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Comune di Carrara, in persona del Sindaco p.t., domiciliato in Roma,

via Pierluigi da Palestrina, n. 63, presso l’Avvocato Contaldi Mario

che lo rappresenta e difende, con l’Avvocato Franco Batistoni

Ferrara, per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Tarca Marmi s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore e

legale rappresentante p.t. Signor T.M., domiciliato in Roma,

via E. Q. Visconti, n. 20, presso l’Avvocato Petracca Nicola, che lo

rappresenta e difende con l’Avvocato Riccardo Diamanti per procura

speciale a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente –

E sul ricorso incidentale n. 17580/08 R.G. proposto da:

Tarca Marmi s.r.l., come sopra rappresentata, domiciliata e difesa;

– ricorrente incidentale –

contro

Comune di Carrara, come sopra rappresentato, domiciliato e difeso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 7/17/07 della Commissione tributaria regionale

della Toscana, depositata il 28.3.2007.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

giorno 18 maggio 2010 dal relatore Cons. Dr. Giuseppe Vito Antonio

Magno;

Uditi, per il Comune ricorrente, l’Avvocato Franco Batistoni Ferrara

e, per la controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato

Riccardo Diamanti;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LECCISI Giampaolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- Dati del processo.

1.1.- Il comune di Carrara ricorre, con tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la commissione tributaria regionale della Toscana rigetta l’appello del medesimo comune e conferma, in contraddittorio con Tarca Marmi s.r.l. in liquidazione, la sentenza n. 162/2/05 della commissione tributaria provinciale di Massa Carrara, che aveva accolto il ricorso della contribuente contro il diniego opposto dall’amministrazione comunale al rimborso della somma di L. 9.148.697, versata nell’anno 2000 a titolo di tassa per l’escavazione ed il trasporto di marmi fuori dal territorio comunale.

1.2.- La nominata Tarca Marmi s.r.l. resiste mediante controricorso e presenta ricorso incidentale condizionato, articolato in due motivi, con replica da parte del comune.

1.3.- Entrambe le parti hanno presentato memorie illustrative.

1. – Motivi del ricorso.

2.1.- Il comune ricorrente principale censura la sentenza impugnata per i seguenti tre motivi, seguiti dai rituali quesiti di diritto:

2.1.1.- violazione dell’art. 210 c.p.c., per avere la commissione regionale erroneamente ritenuto di non poter disporre la chiesta esibizione di documentazione contabile della contribuente, a causa dell’avvenuta abrogazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, comma 3 (ad opera del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 3 bis, comma 5, convertito con modificazioni nella L. 2 dicembre 2005, n. 248);

2.1.2.- violazione degli artt. 2729, 2721 e ss. c.c., per avere erroneamente ritenuto che la prova dell’avvenuta traslazione su terzi, da parte della contribuente, dell’onere tributario specifico, non possa essere data mediante presunzioni, al fine di escludere la spettanza del chiesto rimborso;

2.1.3.- violazione dell’art. 194 c.p.c., per avere disatteso la richiesta di procedere a consulenza tecnica d’ufficio, onde stabilire l’esistenza e la misura della traslazione a terzi del carico tributario sopportato dalla contribuente, adducendo erroneamente che detta consulenza sarebbe impedita dall’impossibilità giuridica di acquisire agli atti la documentazione contabile della ditta.

2.2.- Chiede, in conclusione, la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice di merito perchè disponga l’ammissione e l’assunzione dei mezzi di prova dedotti, l’esibizione della documentazione contabile e la consulenza tecnica d’ufficio; con rigetto della domanda di restituzione.

2.3.- La ditta contribuente, ricorrente incidentale, espone i seguenti due motivi di censura:

2.3.1.- violazione della L. 29 dicembre 1990, n. 428, art. 29, comma 2, per avere il giudicante a quo erroneamente assunto che tale norma, dettata per consentire il rimborso dei diritti doganali all’importazione riscossi in applicazione di disposizioni nazionali incompatibili con norme comunitarie, sarebbe applicabile al caso di specie, relativo alla diversa ipotesi di un tributo a favore di un comune, assimilato dalla giurisprudenza della corte europea di giustizia a dazi doganali sull’esportazione;

2.3.2.- insufficiente e contraddittoria motivazione, in ordine all’erronea interpretazione della norma oggetto del precedente motivo di censura. 2.4.- Conclude per il rigetto del ricorso principale e, in subordine, per l’accoglimento del ricorso incidentale condizionato, con decisione della causa nel merito mediante accoglimento della domanda di rimborso; in ulteriore subordine, per il rinvio al giudice di merito.

3.- Decisione.

3.1.- Entrambi i ricorsi – riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., perchè proposti contro la stessa sentenza – debbono essere dichiarati inammissibili. Le spese del presente giudizio di cassazione debbono essere integralmente compensate fra le parti, per la reciproca soccombenza.

4.- Motivi della decisione.

4.1.- La c.d. tassa sui marmi, di cui si discute in questo giudizio, fu istituita dalla L. 15 luglio 1911, n. 749, articolo unico (e successive modifiche ed integrazioni) che, per quanto interessa, così dispone al primo comma: “E’ istituita a favore del comune di Carrara una tassa sui marmi escavati nel suo territorio e trasportati fuori di esso. Detta tassa è applicata e riscossa dal comune all’uscita dei marmi dai suoi confini in base ad apposito regolamento, da deliberarsi dal consiglio comunale e da approvarsi con r. decreto in conformità dell’annessa tariffa”.

4.1.1.- Con sentenza 9.9.2004 (in causa C-72/03 Carbonati Apuani s.r.l./Comune di Carrara), intervenuta nel corso di questo giudizio, la corte di giustizia delle Comunità europee ha statuito che un tributo come la tassa sui marmi, “commisurato al peso di una merce, riscosso soltanto in un comune di uno Stato membro e gravante su una categoria di merci a causa del toro trasporto oltre i confini comunali, costituisce una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale all’esportazione, ai sensi dell’art. 23 CE, malgrado essa gravi anche sulle merci la cui destinazione finale si trova all’interno dello Stato membro interessato” (par, 35; corsivo non presente nel testo); e che le richieste di rimborso di quanto pagato a tal titolo siano dunque ammissibili, quando si tratti “di importi riscossi anteriormente al 16 luglio 1992”, salvo che la richiesta di rimborso o l’impugnazione dell’atto impositivo siano precedenti a tale data (par. 42); ciò in base al principio di buona fede, poichè la stessa corte di giustizia, con sentenza del 16.7.1992 (in causa CI63/90, Legros e altri, in materia di cd. “dazio di mare”), aveva fissato un principio equivalente; sicchè, soltanto da quel giorno in poi, il comune di Carrara non poteva più ritenere, ragionevolmente, “che la tassa controversa fosse conforme al diritto comunitario” (par. 39).

In applicazione della sentenza sommariamente riferita, questa suprema corte aveva escluso, in altra controversia, la debenza della tassa in questione, siccome incompatibile con la normativa contenuta nell’art. 23 del Trattato istitutivo della Comunità Europea (Cass. n. 3075/2005).

4.1.2.- La soluzione della controversia dipende quindi essenzialmente dall’interpretazione della L. 29 dicembre 1990, n. 428, art. 29, comma 2, disposizione dettata in materia di rimborso dei tributi riconosciuti incompatibili con norme comunitarie, il cui tenore è il seguente: “I diritti doganali all’importazione, le imposte di fabbricazione, le imposte di consumo, il sovrapprezzo dello zucchero e i diritti erariali riscossi in applicazione di disposizioni nazionali incompatibili con norme comunitarie sono rimborsati a meno che il relativo onere non sia stato trasferito su altri soggetti”.

4.1.3.- La commissione regionale perviene alla pronunzia di rigetto dell’appello del comune – e quindi, sostanzialmente, all’accoglimento della domanda di rimborso presentata dalla contribuente – in base ad un ragionamento fondato su tre principali argomenti:

a) il citato articolo 29 sarebbe applicabile, teoricamente, al caso di specie, non essendo logicamente e giuridicamente autorizzata la distinzione fra “diritti doganali all’importazione” e “tassa di effetto equivalente a un dazio doganale all’esportazione”, qua è la tassa sui marmi;

b) la (seconda parte della) stessa norma, però, rimarrebbe “inoperante nel caso concreto” – nel senso che il comune non potrebbe esimersi dal rimborsare il tributo percepito, adducendo che la contribuente ne avrebbe trasferito l’onere su altri soggetti – a causa dei “drastici criteri… desumibili dal diritto comunitario per i quali … non è sufficiente la traslazione della imposta ma occorre al contempo la adeguata dimostrazione di un arricchimento senza causa”, non desumibile puramente e semplicemente dal mero fatto, quand’anche dimostrato, dell’avvenuto trasferimento su altri soggetti del tributo pagato; ciò perchè, “A ben vedere”, anche la “annotazione del tributo in fattura mediante apposita voce” sarebbe insufficiente a fornire dimostrazione dell’avvenuta traslatio, essendo tale voce solo uno dei tanti “fattori diversi da caso a caso i quali impedirebbero o renderebbero arduo l’accertamento nelle singole fattispecie della influenza avuta dalla tassa marmi sull’importo pattuito come corrispettivo della vendita”;

c) inoltre, “la necessità di verificare la apposita annotazione in fattura della voce relativa alla imposta” sarebbe destinata a rimanere insoddisfatta, dal momento che l’esibizione delle fatture non potrebbe essere ordinata dal giudice tributario, (ormai) carente di tale potere; il che vanificherebbe anche l’opportunità di disporre consulenza tecnica d’ufficio, mezzo non utilizzabile “per acquisire documenti diversamente indisponibili”.

4.2.- Tanto premesso, si osserva che i tre motivi del ricorso principale, riferendosi rispettivamente (par. 2.1.1, 2.1.2, 2.1.3) al mancato accoglimento della richiesta dell’ordine di esibizione delle scritture contabili e delle fatture, al mancato uso di presunzioni ed alla mancata ammissione di consulenza tecnica d’ufficio, sottopongono a critica soltanto la rado indicata sopra, al par. 4.1.3, lett. c), che è addirittura secondaria rispetto a quella, esposta alla lettera b) e rimasta incensurata, capace di reggere da sola la decisione di rigetto dell’appello, in quanto assume che l’art. 29, comma 2, u.p., cit., conterrebbe una norma praticamente inattuabile, il cui funzionamento, condizionato dalla probatio diabolica imposta dai “drastici criteri” comunitari, sarebbe generalmente impedito.

Pertanto, non essendo censurata la sentenza, da parte del ricorrente principale, per ipotetica violazione della L. n. 428 del 1990, art. 29, comma 2, u.p., – nella parte in cui il giudicante a qua assume l’impossibilità, anche sul piano teorico, di provare la traslatio (per l’ammissibilità invece di tale prova, pur entro rigorosi limiti: Cass. nn. 11224/2007, 13054/2004; ormai, però, senza possibilità di ricorrere a presunzioni, positivamente escluse in materia dalla L. 6 febbraio 2007, n. 13, art. 21) -, i singoli motivi del ricorso sono inammissibili (Cass. nn. 389/2007, 20118/2006, 1658/2005).

4.3.- La dichiarazione d’inammissibilità del ricorso principale comporta, di conseguenza (S.U. n. 5456/2009), l’inammissibilità di quello incidentale condizionato, per difetto d’interesse della parte totalmente vittoriosa nel giudizio di secondo grado.

4.4.- Le conclusioni sono nel senso indicato al par. 3.1.

5.- Dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibili. Compensa integralmente fra le parti le spese di questo giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Civile – Tributaria, il 18 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010

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