Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1557 del 23/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 23/01/2020, (ud. 24/10/2019, dep. 23/01/2020), n.1557

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17529/2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale

mandatario della S.C.C.I. S.P.A. società di cartolarizzazione dei

crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati EMANUELE DE ROSE, ANTONINO

SGROI, CARLA D’ALOISIO e LELIO MARITATO;

– ricorrenti –

contro

V.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE CIMINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 80/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 31/12/2013, R.G.N. 2111/2010.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di Appello di Milano confermava la decisione di primo grado, di accoglimento dell’opposizione, proposta da V.F., avverso la cartella esattoriale con la quale l’INPS aveva chiesto il pagamento della somma di Euro 7.152,23 per omesso versamento dei contributi previdenziali e somme aggiuntive eccedenti il minimale dei redditi per la gestione commercianti, relativi all’anno 2003;

2. ad avviso della Corte territoriale correttamente il primo giudice aveva accolto l’eccezione di prescrizione del credito contributivo di cui alla impugnata cartella in quanto il termine quinquennale di prescrizione decorreva dal giorno in cui il diritto poteva essere fatto valere, vale a dire dal momento in cui il maggior reddito, che ne costituisce il presupposto, si era verificato e gli impedimenti di mero fatto, quale l’ignoranza dell’esistenza del predetto presupposto, erano irrilevanti agli effetti del decorso della prescrizione e neanche poteva giovarsi l’INPS dell’efficacia interruttiva degli atti posti in essere dall’Agenzia delle Entrate nel corso del 2006;

3. per la Corte di merito costituiva, inoltre, eccezione nuova, non dedotta in primo grado, la pretesa sospensione del termine di prescrizione per doloso occultamento del reddito;

4. per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso l’INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a. affidato a due motivi, cui resiste V.F. con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., L. n. 233 del 1990, artt. 1 e 2 e D.L. n. 384 del 1992, art. 3-bis, conv., con modificazioni, nella L. n. 438 del 1992, assumendosi che con riferimento al momento di decorrenza della prescrizione della contribuzione a percentuale il dies a quo non possa che essere individuato con l’atto di accertamento dell’Agenzia delle Entrate che accerta il reddito il quale non costituiva atto interruttivo della prescrizione, ma il fatto determinante il sorgere del diritto dell’istituto;

con il secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 2941 c.c., n. 8 e reiterando le plurime violazioni enunciate nel primo mezzo, si assume che, nella denegata ipotesi di un esito interpretativo nel senso del decorso del termine di prescrizione dei contributi cosiddetti a percentuale, relativi ad un dato periodo, dalla data prevista per il pagamento, detto termine debba ritenersi sospeso, ex art. 2941 c.c., n. 8, per i diritti di credito sorti dopo un atto di accertamento dell’Agenzia delle Entrate e allorchè tale atto non sia stato preceduto dalla presentazione della dichiarazione dei redditi, stante il doloso occultamento, da parte del debitore, dell’avvenuto conseguimento di un reddito superiore a quello imponibile;

6. il ricorso è da rigettare;

7. in tema di contributi “a percentuale”, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è dato dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito L. n. 233 del 1990, ex art. 1, comma 4, quand’anche l’efficacia del predetto fatto sia collegata ad un atto amministrativo di ricognizione del suo avveramento (v., fra le tante, Cass. n. 27950 del 2018 alla cui più ampia motivazione si rinvia);

8. pur sorgendo il credito sulla base della produzione del reddito, la decorrenza del termine di prescrizione dipende dall’ulteriore momento in cui la corrispondente contribuzione è dovuta e quindi dal momento in cui scadono i relativi termini di pagamento, in armonia con il principio generale nell’ambito delle assicurazioni obbligatorie secondo cui la prescrizione corre, appunto, dal momento in cui i singoli contributi dovevano essere versati (R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 55).

9. in proposito vale la regola, fissata dal D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 18, comma 4, secondo cui “i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi”;

10. la dichiarazione dei redditi, quale dichiarazione di scienza (cfr., tra le altre, Cass. n. 2725 del 2011) non è presupposto del credito contributivo, così come non lo è rispetto all’obbligazione tributaria, in quanto il fatto costitutivo è dato dalla produzione di redditi rilevante ai sensi di legge;

11. semmai ad essa, quale atto giuridico successivo all’esigibilità del credito, può riconoscersi effetto interruttivo della prescrizione, se ed in quanto dalla medesima consti la ricognizione dell’esistenza del debito contributivo (per i principi, pur se in diversa fattispecie contributiva, v. Cass. n. 2620 del 2012; Cass. n. 9054 del 2004);

12. non diversamente, anche i successivi atti con cui l’Agenzia delle Entrate abbia accertato, D.Lgs. n. 462 del 1997, ex art. 1, un determinato reddito dapprima non emerso, non individuano fatti costitutivi del riconnesso diritto contributivo dell’ente previdenziale, ma dispiegano soltanto efficacia interruttiva della prescrizione, anche a beneficio dell’I.N.P.S. (v. Cass. n. 13463 del 2017 cit. e numerose successive conformi);

13. il momento di decorrenza della prescrizione dei contributi in questione, ai sensi della L. n. 335 del 1995, art. 3, deve quindi identificarsi con la scadenza del termine per il pagamento e non con l’atto, eventualmente successivo – avente solo, come appena detto, efficacia interruttiva della prescrizione anche a beneficio dell’Inps – con cui l’Agenzia delle Entrate abbia accertato un maggior reddito (v., da ultimo, Cass. n. 14410 del 2019 e i precedenti ivi richiamati);

14. il primo motivo è, pertanto, da rigettare perchè la sentenza impugnata, in parte corretta ed integrata nella motivazione ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non è suscettibile di cassazione perchè nel suo nucleo essenziale si è attenuta agli esposti principi nell’individuare il momento al quale ancorare il decorso della prescrizione, mentre va sottolineato come nessuna censura ha svolto l’INPS avverso la negata efficacia interruttiva dell’atto di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, come statuito dalla Corte del gravame;

15. lo stesso Istituto ha piuttosto escluso l’idoneità di tale accertamento ad interrompere la prescrizione nei riguardi dell’ente previdenziale diffondendosi, nell’illustrazione della censura, esclusivamente sul valore dell’accertamento agli effetti dell’azionabilità del diritto di credito e del decorso della prescrizione;

16. ne consegue che la statuizione dei giudici del gravame, che ha negato che gli atti di accertamento dell’agenzia delle entrate potessero dispiegare efficacia interruttiva della prescrizione anche a beneficio dell’I.N.P.S., non è stata attinta da alcun motivo di censura ed è, pertanto, divenuta irretrattabile;

17. il secondo motivo, che involge il tema della sospensione della prescrizione, è inammissibile giacchè non si confronta con la decisione impugnata che non ha svolto alcuna disamina sul presupposto dell’improponibilità per novità della questione;

18. le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

19. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna l’INPS al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2020

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