Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1557 del 23/01/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 1557 Anno 2018
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

ORDINANZA
sul ricorso 1628-2014 proposto da:
MALICA SPA 01003051008 in persona dell’Amministratore Ing.
OTTAVIO MASI, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE G. MAZZINI
119, presso lo studio dell’avvocato MARIA GRAZIA BATTAGLIA, che lo
rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro
ROMA CAPITALE;
– intimata avverso la sentenza n. 514/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 28/01/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio in data
8/11/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

Data pubblicazione: 23/01/2018

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del
Sostituto Procuratore generale CORRADO MISTRI, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione, con particolare
riferimento al primo motivo di gravame.
FATTI DI CAUSA

motivi e illustrato da memoria, avverso la sentenza n. 514/2013,
depositata il 20 gennaio 2013, con la quale – pronunciando
sull’appello proposto dall’attuale ricorrente, nei confronti di Roma
Capitale e avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 587/12, di
rigetto delle domande proposte dalla predetta società nei confronti
del Comune di Roma (poi Roma Capitale), con compensazione delle
spese del primo grado di giudizio – la Corte di appello di Roma ha
accolto il gravame per quanto di ragione e, in parziale riforma della
sentenza impugnata, ritenuto il concorso di Roma Capitale nella
determinazione dell’evento dannoso nella misura del 50%, ha
condannato la parte appellata al risarcimento del danno pari ad euro
1.750,00, oltre interessi dalla data della domanda, ha compensato
per la metà le spese del doppio grado del giudizio di merito, ivi
comprese le spese di c.t.u., e ha condannato Roma Capitale al
pagamento della restante parte di dette spese.
Roma Capitale non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Il P.M. ha depositato le sue conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, lamentando «Violazione del principio di
corrispondenza tra chiesto e pronunziato art. 112 c.p.c., sotto il
profilo della omessa pronuncia sulla domanda principale formulata
dall’appellante … ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c.», la
ricorrente deduce che la Corte di merito, pur avendo riconosciuto, sia
pure parzialmente, la fondatezza del motivo di impugnazione, invece
di accogliere, per quanto di ragione, la domanda formulata dalla

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Malica S.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, basato su tre

Malica S.p.a., «omettendo qualsivoglia pronuncia sulla domanda
principale svolta dalla odierna ricorrente/ ha condannato Roma
Capitale (già Comune di Roma) al risarcimento, nella misura del 50%
del danno da infiltrazioni d’acqua verificatesi nel piano interrato
dell’immobile di proprietà della Malica .., così pronunciando su una

subite nei locali interrati dell’edificio”, che mai è stata formulata, né in
primo, né, men che mai, in grado di appello» (v. ricorso p. 13).
1.1. Il motivo è fondato.
Come pure evidenziato in ricorso, con atto di citazione notificato
nel 2007, la società ricorrente, proprietaria dell’edificio sito in Roma,
alla via Merulana nn. 281/282/283, espose che: 1) sin dall’ottobre del
2005, la Banca Toscana S.p.a., conduttrice del negozio ubicato al
piano terreno di detto edificio, aveva lamentato delle infiltrazioni di
acqua nell’annesso locale posto al piano primo interrato; 2) nel
predetto periodo il Comune di Roma stava eseguendo dei lavori di
rifacimento dei marciapiedi lungo via Merulana, sostituendo la
preesistente pavimentazione di asfalto con lastrine di basaltina; 3)
nel tratto di via Merulana antistante l’accesso del negozio in parola, la
nuova pavimentazione del marciapiede non era stata eseguita
secondo la regola dell’arte e ciò provocava in caso di pioggia, ristagni
d’acqua sulla superficie dei lucernari in vetrocemento ubicati
all’ingresso della Banca Toscana, con conseguenti infiltrazioni nei
locali interrati dell’attrice; in particolare, le lastre di basaltina
risultavano collocate ad una quota più alta rispetto ai preesistenti
lucernari e con un’errata pendenza verso tali lucernari anziché verso il
ciglio del marciapiede; 4) non avevano avuto esito positivo i solleciti
fatti dalla proprietaria (Santa Prassede S.r.l., incorporata, in data 23
gennaio 2005 da Malica S.p.a.).
Tanto premesso l’attrice convenne in giudizio il Comune di Roma,
dinanzi al Tribunale di Roma per, «in via principale, sentir condannare

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domanda, quella di “risarcimento dei danni da infiltrazioni d’acqua

il Comune convenuto a procedere, a propria cura e spese, al
posizionamento delle lastre di basaltina della pavimentazione del
marciapiede in Roma alla via Merulana n. 281/283, nella parte
antistante i locali di proprietà della Malica s.p.a., in modo che esse
risultassero alla medesima quota dei lucernari in vetrocemento,

stesso, in via subordinata, sentir condannare il Comune di Roma al
risarcimento dei danni, da quantificarsi nell’importo occorrente per
l’innalzamento dei lucernari al fine di evitare i fenomeni lamentati pari
ad C 6.000,00, ovvero nel maggiore o minore importo accertato in
corso di causa, anche a mezzo C.T.U., o ritenuto di giustizia; con
vittoria delle spese, competenze ed onorari di lite».
Tale domanda veniva reiterata in sede di precisazione delle
conclusioni in primo grado e ribadita nelle conclusioni dell’atto di
appello, conclusioni tutte integralmente trascritte nell’illustrazione del
motivo all’esame.
La Corte di appello, nel ritenere parzialmente fondata la censura
di erronea interpretazione delle risultanze istruttorie da parte del
Tribunale, proposta dall’appellante avverso la sentenza di primo
grado, ha affermato, alla luce delle risultanze della consulenza tecnica
d’ufficio e della prova testimoniale, che le infiltrazioni di cui si discute
in causa sono «addebitabili sia alla realizzazione della pavimentazione
non in linea con il vetrocemento preesistente, sia ai difetti strutturali
del vetrocemento e che, quindi, la responsabilità dell’evento dannoso
è «ascrivibile in pari misura ad entrambe le parti del giudizio, e
segnatamente all’appellante per il difetto di manutenzione della lastra
di vetrocemento, e alla parte appellata in quanto proprietaria della
strada, per le anomalie sul fondo stradale, che creano uno scalino che
favorisce il ristagno di acqua. Sussiste infatti la responsabilità del
Comune ex art. 2051 c.c. in quanto proprietario della strada dalla cui
inadeguata pavimentazione il danno è derivato … ».
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nonché con la corretta pendenza verso l’esterno del marciapiede

La Corte di appello ha quindi – come indicato nel dispositivo della
sentenza impugnata – accolto l’appello per quanto di ragione e, in
parziale riforma della sentenza impugnata, ritenuto il concorso di
Roma Capitale nella determinazione dell’evento dannoso nella misura
del 50%, ha condannato la parte appellata al risarcimento del danno

Va evidenziato che, nei motivi della decisione, la medesima Corte
ha qualificato la domanda proposta dall’attuale appellante quale
«domanda di risarcimento dei danni da infiltrazioni di acqua, subite
nei locali interrati dell’edificio di sua proprietà», sicché l’operato
accoglimento per quanto di ragione dell’appello non può che essere
riferito alla domanda così come indicata dalla medesima Corte ma, in
realtà, non proposta dalla Malica S.p.a., non risultando significativo,
ai fini che qui rilevano, il riferimento al «costo delle opere necessarie
per l’eliminazione delle infiltrazioni» e l’esclusione dai danni
riconosciuti della somma per il ripristino della funzionalità della lastra
di vetrocemento di proprietà dell’appellante e di cui a p. 4 della
sentenza impugnata, e dovendosi, pertanto, ritenere che è stata del
tutto omessa, peraltro immotivatamente, ogni decisione, anche
implicita, sulla domanda principale proposta.
Ed invero, alla luce della motivazione della sentenza e stante la
non inconcilibilità del decisum con detta domanda, non può ritenersi
che vi sia stato implicito rigetto della domanda principale proposta,
2. Dall’accoglimento del primo motivo resta assorbito l’esame del
secondo e del terzo motivo di ricorso, con i quali la ricorrente lamenta
rispettivamente «Violazione del principio della corrispondenza tra
chiesto e pronunciato art. 112 c.p.c., sotto il profilo della erronea
individuazione del “chiesto” con riguardo alla domanda subordinata
formulata dalla Malica s.p.a.» e «Incoerenza e insufficienza della
motivazione».

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pari ad euro 1.750,00, oltre interessi dalla data della domanda.

3. Conclusivamente va accolto il primo motivo, assorbiti il
secondo e il terzo motivo; la sentenza impugnata va cassata in
relazione al motivo accolto e la causa va rinviata, anche per le spese
del presente giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Roma in
diversa composizione.

La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti il secondo e il terzo
motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e
rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio

di

cassazione, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terz

P.Q.M.

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