Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15569 del 30/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 18/05/2010, dep. 30/06/2010), n.15569

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Comune di Carrara, in persona del Sindaco p.t., domiciliato in Roma,

via Pierluigi da Palestrina, n. 63, presso l’Avvocato Contaldi Mario

che lo rappresenta e difende, con l’Avvocato Franco Batistoni

Ferrara, per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Cella Marmi s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t. Dr.

G.O., domiciliato in Roma, via E. Q. Visconti, n. 20,

presso l’Avvocato Petracca Nicola, che lo rappresenta e difende con

l’Avvocato Riccardo Diamanti per procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 46/36/06 della Commissione tributaria

regionale della Toscana, depositata il 16.12.2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

giorno 18 maggio 2010 dal relatore Cons. Dr. Giuseppe Vito Antonio

Magno;

Uditi, per il Comune ricorrente, l’Avvocato Franco Batistoni Ferrara

e, per la contro ricorrente, l’Avvocato Riccardo Diamanti;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LECCISI Giampaolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- Dati del processo.

1.1.- Il comune di Carrara ricorre, con cinque motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la commissione tributaria regionale della Toscana rigetta l’appello del medesimo comune e conferma, in contumacia di Cella Marmi s.r.l., la sentenza n. 188/1/05 della commissione tributaria provinciale di Massa Carrara, che aveva accolto – limitatamente al periodo 11.6.1999- 31.12.2000 e con interessi al 6% annuo – il ricorso della contribuente contro il silenzio rifiuto opposto dall’amministrazione comunale al rimborso della complessiva somma versata dal 1990 al 2000 a titolo di tassa per l’escavazione ed il trasporto di marmi fuori dal territorio comunale.

1.2.- La nominata Cella Marmi s.r.l. resiste mediante controricorso.

1.3.- Entrambe le parti hanno presentato memorie illustrative.

2.- Motivi del ricorso.

2.1.- Il comune ricorrente censura la sentenza impugnata per i seguenti cinque motivi, seguiti, quando contemplano presunte violazioni di legge, dai rituali quesiti:

2.1.1.- violazione e falsa applicazione della L. 29 dicembre 1990, n. 428, art. 29, comma 2; per avere erroneamente assunto che tale norma, dettata per consentire il rimborso dei diritti doganali all’importazione riscossi in applicazione di disposizioni nazionali incompatibili con norme comunitarie, non sarebbe applicabile al caso di specie, relativo ad un tributo assimilato a dazi doganali sull’esportazione; e che quindi il comune non potrebbe rifiutare il rimborso per asserito difetto di una condizione negativa prevista dalla norma stessa, cioè che l’onere tributario non fosse stato trasferito dalla contribuente su altri soggetti (acquirenti dei prodotti, nella specie marmi, gravati dal tributo);

2.1.2.- omessa o insufficiente motivazione, per avere escluso l’applicabilità al caso del citato art. 29, senza affatto esaminare “le specifiche deduzioni inerenti alla riconducibilità della fattispecie alla nozione di dazio all’importazione”;

2.1.3.- violazione e falsa applicazione di legge (artt. 3 e 53 Cost., comma 1; L. 11 marzo 1953, n. 87, artt. 23 e 24) e insufficiente e contraddittoria motivazione, per aver ritenuto irrilevante e manifestamente infondata – senza considerare l’irragionevolezza di un supposto diverso trattamento normativo fra diritti doganali all’importazione ed all’esportazione l’eccezione d’illegittimità costituzionale della L. n. 428 del 1990, cit., art. 29;

2.1.4.- omessa motivazione in ordine alla mancata ammissione dei mezzi di prova, dedotti dal comune per dimostrare l’inesistenza del diritto al rimborso del tributo, il cui onere sarebbe stato trasferito dalla contribuente su altri soggetti;

2.1.5.- violazione dell’art. 1224 c.c.; del D.P.R. 29 settembre 1973, art. 44, art. 602; del D.M. finanze pubblicato in G.U. n. 286 del 10.12.2003, per avere la commissione tributaria provinciale, con sentenza confermata in appello, condannato il comune a pagare gl’interessi del 6% sulla soma dovuta a rimborso con decorrenza dalle date dei versamenti, anzichè nella misura legale prevista dalle citate disposizioni e con decorrenza dalla domanda di rimborso.

2.2.- Chiede, in conclusione, la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio per l’ammissione e l’assunzione dei mezzi di prova dedotti e di consulenza tecnica; in subordine, l’accoglimento dell’eccezione, rilevante e non manifestamente infondata, d’incostituzionalità della L. n. 428 del 1990, art. 29, comma 2, per contrasto con l’art. 3 Cost., comma 1, e art. 53 Cost., comma 1, in quanto discriminerebbe, senza ragionevole motivo, l’ipotesi espressamente prevista di diritti doganali all’importazione, da quella, non prevista, di diritti, come la tassa sui marmi, assimilabili ai dazi doganali; con rigetto della domanda di restituzione; in ulteriore subordine, la cassazione della sentenza impugnata limitatamente alla determinazione degl’interessi sulla somma dovuta a rimborso, stabilendone la decorrenza dal giorno successivo a quello di presentazione della domanda di rimborso, e la misura secondo il tasso legale ovvero secondo quello stabilito dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44.

3.- Decisione.

3.1.- Il ricorso è infondato, per le ragioni di seguito espresse, e deve essere rigettato. Le spese del presente giudizio di cassazione debbono essere integralmente compensate fra le parti per giusti motivi, ravvisati nella specifica difficoltà di soluzione delle questioni controverse, riconducibili anche all’interpretazione di regolamenti comunitari e di statuizioni della corte europea di giustizia.

4.- Motivi della decisione.

4.1.- La soluzione della controversia dipende essenzialmente dall’interpretazione della L. 29 dicembre 1990, n. 428, art. 29, comma 2, disposizione dettata in materia di rimborso dei tributi riconosciuti incompatibili con norme comunitarie, il cui tenore è il seguente: “I diritti doganali all’importazione, le imposte di fabbricazione, le imposte di consumo, il sovrapprezzo dello zucchero e i diritti erariali riscossi in applicazione di disposizioni nazionali incompatibili con norme comunitarie sono rimborsati a meno che il relativo onere non sia stato trasferito su altri soggetti”.

4.2.- Tanto premesso, si deve rigettare il primo motivo di ricorso (par. 2.1.1), essendo negativa la risposta al quesito che lo conclude: se la norma citata sia applicabile in relazione “ad un tributo assimilato, dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, ad un dazio d’esportazione sul presupposto che i limiti di una frontiera interna compresa nel territorio di uno Stato (in particolare ai confini di un territorio comunale) siano assimilabili alle frontiere dello Stato medesimo”.

4.2.1.- Il “tributo assimilato” di cui si tratta è la cd. “tassa sui marmi”, istituita dalla L. 15 luglio 1911, n. 749, articolo unico (e successive modifiche ed integrazioni) che, per quanto interessa, così dispone al primo comma: “E’ istituita a favore del comune di Carrara una tassa sui marmi escavati nel suo territorio e trasportati fuori di esso. Detta tassa è applicata e riscossa dal comune all’uscita dei marmi dai suoi confini in base ad apposito regolamento, da deliberarsi dal consiglio comunale e da approvarsi con r. decreto in conformità dell’annessa tariffa”.

Con sentenza 9.9.2004 (in causa C-72/03 Carbonati Apuani s.r.l./Comune di Carrara), intervenuta nel corso di questo giudizio, la corte di giustizia delle Comunità europee ha statuito che un tributo come la tassa sui marmi, “commisurato al peso di una merce, riscosso soltanto in un comune di uno Stato membro e gravante su una categoria di merci a causa del loro trasporto oltre i confini comunali, costituisce una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale all’esportazione, ai sensi dell’art. 23 CE, malgrado essa gravi anche sulle merci la cui destinazione finale si trova all’interno dello Stato membro interessato” (par. 35; corsivo non presente nel testo); e che le richieste di rimborso di quanto pagato a tal titolo siano dunque ammissibili, quando si tratti “di importi riscossi anteriormente al 16 luglio 1992”, salvo che la richiesta di rimborso o l’impugnazione dell’atto impositivo siano precedenti a tale data (par. 42); ciò in base al principio di buona fede, poichè la stessa corte di giustizia, con sentenza del 16.7.1992 (in causa C 163/90, Legros e altri, in materia di cd. “dazio di mare”), aveva fissato un principio equivalente; sicchè, soltanto da quel giorno in poi, il comune di Carrara non poteva più ritenere, ragionevolmente, “che la tassa controversa fosse conforme a diritto comunitario” (par.

39).

In applicazione della sentenza sommariamente riferita, questa suprema corte aveva escluso, in altra controversia, la debenza della tassa in questione, siccome incompatibile con la normativa contenuta nell’art. 23 del Trattato istitutivo della Comunità Europea (Cass. n. 3075/2005).

4.2.2.- Una volta stabilito che la tassa sui marmi non può essere riscossa dal comune di Carrara (in epoca posteriore al 16.7.1992), perchè si tratta di un tributo di effetto equivalente a un dazio doganale all’esportazione, incompatibile con la normativa europea, si tratta di decidere in questa causa, per rispondere al quesito riportato al par. 4.2, se dunque il rimborso di quanto indebitamente pagato, nelle due annualità indicate dalla commissione tributaria provinciale (non appellata sul punto), debba farsi secondo le regole stabilite dalla citata della L. n. 428 del 1990, art. 29.

4.2.3.- La risposta a tale quesito, come premesso, è negativa: non per la ragione addotta dalla sentenza impugnata la cui motivazione sul punto deve essere corretta, ai sensi dell’art. 384 c.p.c. -, secondo la quale la norma citata si riferirebbe esclusivamente ai “dazi all’importazione” laddove la tassa sui marmi graverebbe su una (pseudo-)esportazione; bensì perchè il menzionato art. 29, dettato in tema di diritti doganali, d’imposte di consumo e di diritti “erariali”, evidentemente non è applicabile ad un tributo che, pur essendo istituito da una norma nazionale, ha natura, contenuto e carattere di tributo locale speciale, siccome previsto “a favore del comune di Carrara”, gravante su materiali estratti dal territorio di detto comune e transitanti attraverso i suoi confini, nonchè disciplinato da “apposito regolamento” deliberato da quel consiglio comunale; sicchè esso non costituisce certamente un “diritto erariale”, anche se risulta tuttavia incompatibile con la normativa europea perchè assimilabile e di effetto equivalente ad un dazio doganale, senza essere sostanzialmente tale.

4.2.4.- D’altra parte, il potere che la L. n. 749 del 1911 conferiva al comune di Carrara, di disciplinare l’applicazione e la riscossione della tassa sui marmi -potere oggi sancito in generale dall’art. 119 Cost. (come sostituito dalla Legge Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, art. 5, comma 1) -, fu esercitato mediante l’adozione di successivi regolamenti comunali, contenenti disposizioni relative anche al rimborso delle somme indebitamente percette ed alla determinazione degli interessi passivi, come annota la sentenza impugnata; salva la normativa generale in materia di rimborso di tributi locali;

disposizioni specifiche che debbono trovare applicazione nel caso in esame, con esclusione di quelle contenute nella L. n. 428 del 1990, art. 29.

4.3.- La precedente conclusione rende irrilevanti le questioni che formano oggetto del secondo (par. 2.1.2), del terzo (par. 2.1.3) e del quarto (par. 2.1.4) motivo di ricorso, atteso che il citato art. 29 – e, in particolare, la disposizione contenuta nel secondo comma (non spettanza del rimborso al contribuente che abbia trasferito su altri soggetti l’onere del tributo indebitamente pagato) non trova applicazione in materia di tassa sui marmi; ragion per cui la stessa norma è insuscettibile dello scrutinio di legittimità costituzionale, per manifesta irrilevanza, nè deducibile a fondamento di lagnanze sul mancato esame di specifiche difese che la riguardano, o sulla mancata ammissione di prove, intese all’accertamento del dato (avvenuta traslazione su terzi del tributo pagato) cui essa fa riferimento.

Le censure in questione sono quindi assorbite.

4.4.- Il quinto motivo di ricorso (par. 2.1.5), concernente la misura degl’interessi sulle somme dovute a rimborso, è inammissibile giacchè non si riferisce ad alcuna espressa statuizione della sentenza impugnata, bensì ad un capo della sentenza di primo grado;

non avendo peraltro il ricorrente dedotto di avere impugnato tale capo con apposito motivo d’appello, al fine di evitarne il passaggio in giudicato, nè lamentato l’omissione di pronunzia su tale motivo (se proposto) da parte della commissione regionale (Cass. n. 12952/2007).

4.5.- Le conclusioni sono nel senso indicato al par. 3.1.

5 – Dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e compensa integralmente fra le parti le spese di questo giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile – Tributaria, il 18 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010

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