Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15565 del 30/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 14/05/2010, dep. 30/06/2010), n.15565

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Comune di Castel Volturno, in persona del sindaco pro tempore,

rappresentalo e difeso come da procura alle liti a margine del

ricorso dagli Avvocati Porcù Fausto e Michele Pazienza,

elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, p.zza

Cesare Nerazzini n. 5.

– ricorrente –

contro

M.S., residente in (OMISSIS), rappresentato e

difeso come da procura alle liti in calce al controricorso dagli

Avvocati Misto Francesco e Antonio Bologna, elettivamente domiciliato

presso lo studio del secondo in Roma, via San Martino della Battaglia

n. 15.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 107/28/05 della Commissione tributaria

regionale della Campania, depositata il 6 giugno 2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 14

maggio 2010 dal consigliere relatore Dott. Mario Bertuzzi;

Viste le conclusioni de P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. MATERA Marcello, che ha chiesto il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 17.7.2006, il Comune di Castel Volturno ricorre, sulla base di un solo motivo, per la cassazione della sentenza n. 107/28/05 della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata il 6 giugno 2005, che, in riforma della pronuncia di primo grado, aveva accolto il ricorso proposto da M.S. per l’annullamento dell’avviso di accertamento che gli chiedeva il pagamento di una maggior somma a titolo di ici per l’anno 1998 in inalazione a 16 unità abitative, avendo ritenuto il giudice di secondo grado che, come dimostrato da una perizia, gli immobili si trovavano allo stato di rustico e non erano abitabili e che, pertanto, essi non erano soggetti ad imposta ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a), – che, ai fini dell’imposizione, richiede che i fabbricati di nuova costruzione siano ultimati o comunque utilizzati -, giudicando inoltre irrilevante la circostanza che essi fossero stati iscritti in catasto edilizio urbano già nel 1987, per avere il contribuente avanzato richiesta di rettifica dell’iscrizione deducendo che essa era avvenuta per mero errore materiale.

L’intimato M.S. si è costituito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’unico motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 3, 2, lett. a) e art. 5, commi 1 e 2, e della L. n. 342 del 2000, art. 74, censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto gli immobili de quibus sottratti all’imposta nonostante che si fosse verificato il presupposto della stessa, costituito dall’iscrizione in catasto dei beni medesimi, eseguita in forza della dichiarazione del contribuente di ultimazione dei lavori, e per avere inoltre attribuito efficacia retroattiva alla domanda di variazione catastale presentata soltanto nel 2004, in violazione del principio stabilito dall’art. 74 citato, secondo cui gli atti di variazione delle rendite sono efficaci soltanto a decorrere dalla loro notificazione.

Il motivo è inammissibile in quanto esso non investe nè censura tutte le argomentazioni addotte dalla Commissione tributaria regionale a sostegno della conclusione accolta.

In particolare, dalla lettura della sentenza impugnata emerge chiaramente che il giudice a qua ha ritenuto fondate le ragioni del contribuente in forza di due distinte argomentazioni: la prima individuabile nella circostanza che le opere di costruzione dei fabbricati non erano state ultimale, con l’effetto che gli immobili tassati si trovavano allo stato di rustico e non erano abitabili: la seconda fondata sul rilievo della ininfluenza dell’iscrizione catastale, per essere essa avvenuta sulla base di un mero errore materiale della relativa denunzia, riportante il dato errato della ultimazione delle opere, e per avere il contribuente presentato domanda di rettifica al Catasto: su questo punto la sentenza aggiunge anche che, trattandosi di correzione di errore materiale, al conseguente provvedimento di rettifica catastale vanno riconosciuti effetti retroattivi, con l’effetto che, nel caso di specie, non può trovare applicazione L. n. 342 del 2000, art. 74 – secondo cui le variazioni catastali esplicano efficacia soltanto dalla data della loro notificazione – avendo esso riguardo all’ipotesi affatto diversa in cui la modificazione della rendita è determinata da cambiamenti dei fabbricati.

Questa ultima argomentazione non risulta oggetto di diretta critica da parte del ricorso, che, sul punto, si limita ad insistere sulla tesi dell’applicabilità dell’art. 74 della legge citata, ma invero senza interessarsi, e quindi contrastare in alcun modo, l’argomentazione della Commissione regionale sopra riportata, laddove essa qualifica l’avvenuta iscrizione in catasto degli immobili in questione come frutto di un errore materiale e, per questa ragione, dichiara efficace con effetto retroattivo, e quindi ab origine, la relativa correzione.

Merita aggiungere che l’argomentazione sopra riportata riveste, nell’impianto motivazionale della decisione impugnata, un ruolo non solo indipendente rispetto all’affermazione della sentenza che individua il presupposto impositivo, per i fabbricati di nuova costruzione, nella ultimazione dei lavori di costruzione o nella loro utilizzazione – argomento questo investito dal ricorso – ma altresì del tutto autonomo, apparendo in grado di sorreggere da sola la statuizione di accoglimento del ricorso del contribuente. Ciò solo che si rifletta sul fatto che la Commissione regionale con essa ha inteso affermare l’irrilevanza, nel caso di specie, del dato relativo alla iscrizione degli immobili in catasto per ragioni attinenti all’iscrizione medesima, cioè per essere essa avvenuta in forza dell’erronea indicazione della avvenuta ultimazione delle costruzioni, conclusione che si traduce nell’affermazione circa l’inesistenza dello stesso presupposto impositivo (rappresentato, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, lett. a), dalla iscrizione in catasto: Cass. n. 14924 del 2008).

Sulla base di tali considerazioni il ricorso va dichiarato inammissibile in applicazione dell’orientamento consolidato di questa Corte, secondo cui ove una sentenza si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario – per giungere alla cassazione della pronunzia – non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinchè si realizzi lo scopo stesso dell’impugnazione, atteso che essa è intesa alla cassazione della sentenza in toto, o in un suo singolo capo, id est di tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano, con l’effetto che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non formi oggetto di censura, ovvero che sia respinta la censura relativa anche ad una sola delle dette ragioni, perchè il motivo di impugnazione debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni (Cass. 18 maggio 2005, n. 10420; Cass. 4 febbraio 2005, n. 2274; Cass. 26 maggio 2004. n. 10134).

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza del ricorrente.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il Comune ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in complessivi Euro 1.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e contributi di legge.

Così deciso in Roma, il 14 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010

 

 

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