Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15560 del 30/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 13/05/2010, dep. 30/06/2010), n.15560

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.S. DECEDUTO E PER ESSO EREDE C.S., in

persona dell’erede C.S. (figlio), elettivamente

domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato

LUCISANO CLAUDIO, che lo rappresenta e difende giusta delega in

calce;

– ricorrente –

contro

CITTA’ SAN SEBASTIANO DA PO’;

– intimato –

avverso la sentenza n. 19/2005 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 18/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/05/2010 dal Consigliere Dott. MARIAIDA PERSICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.P. proponeva appello avverso la sentenza resa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Torino che aveva respinto il ricorso con il quale egli aveva impugnato la cartella di pagamento portante l’iscrizione a ruolo per imposta, sanzioni, interessi e spese per l’ICI dal 1993 al 1997, liquidate a seguito di contenzioso con il comune di S. Sebastiano da Pò sulle rendite imponibili.

Motivava l’impugnazione deducendo l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo perchè tardiva e perchè sottoscritta da un soggetto privo della qualifica dirigenziale. Il Comune resisteva.

La Commissione tributaria regionale, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello confermando la decisione di primo grado.

Contro tale sentenza ricorre con duplice motivo il contribuente;

l’intimato non resiste.

Diritto

MOTIVAZIONE

Il contribuente, con il primo motivo, ha dedotto la violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 50, comma 2 e 3, dell’art. 107, comma 2 e 3 e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 4 e dell’art. 2697 c.c., oltre al vizio della motivazione, (art. 360 c.p.c., n. 3) per avere l’impugnata sentenza ritenuto l’irrilevanza della carenza della qualifica dirigenziale nel funzionario che ha sottoscritto l’iscrizione a ruolo ed avere altresì ritenuto esistente la delibera di giunta, mai acquisita agli atti, di nomina del funzionario responsabile previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 4.

La censura è fondata nella seconda parte ed infondata nella prima.

Questa Corte ha già affermato (Cass. n. 7905 del 2005) il principio, condiviso da questo collegio, secondo il quale: “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 11, comma 4, a tenore del quale “con delibera della giunta comunale è designato un funzionario cui sono conferiti le funzioni e i poteri per l’esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale dell’imposta; il predetto funzionario sottoscrive anche le richieste, gli avvisi e i provvedimenti, appone il visto di esecutività sui ruoli e dispone i rimborsi”, detta – al pari dell’art. 6, comma 1 – disposizioni in materia tributaria aventi natura di norma speciale rispetto alla previgente disciplina degli enti locali di cui alla L. 6 agosto 1990, n. 142, sicchè, con riguardo al successivo testo unico sull’ordinamento degli enti locali reso col D.Lgs. 12 agosto 2000, n. 267, che all’art. 109, prevede in via generale che, nei comuni privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, le funzioni siano attribuite ai responsabili degli uffici e dei servizi dal sindaco, il principio dell’applicazione della legge successiva deve necessariamente coniugarsi con quello secondo cui “lex posterior generalis non derogat priori speciali”, confortato, nella specie, dal fatto che l’art. 274 del testo unico del 2000, che pure ha disposto – alle lett. x) e y) – l’abrogazione espressa di numerose disposizioni del D.Lgs. n. 504 del 1992, non ne ha abrogato l’art. 11, comma 4.

Ne consegue che nel caso di specie correttamente l’impugnata sentenza, anche se con espressione poco chiara (“nessuna rilevanza ha poi il fatto che detto funzionario non abbia la qualifica di dirigente in senso di qualifica meramente sindacale), ha ritenuto l’irrilevanza della qualifica di dirigente nel funzionario preposto.

Fondata è invece la censura mossa al giudice di secondo grado di avere ritenuto esistente la delibera di giunta di nomina del funzionario responsabile previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 4. Sul punto si rileva che il ricorrente stesso ha con dovizia di richiami, così soddisfacendo il principio dell’autosufficienza del ricorso, specificato di aver censurato la sentenza di primo grado con il primo motivo d’appello sotto due profili: quello sopra esaminato e quello relativo alla mancanza agli atti della delibera di giunta D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 11, comma 4 “essendo stata quest’ultima “assimilata” dal collegio di prime cure al primo atto” (cioè la delibera di giunta di nomina del funzionario). L’esame degli atti del giudizio di merito, reso possibile dal fatto che è stato denunciato un vizio in procedendo, sembra denotare la mancanza di tale essenziale atto e ciò nonostante che la sentenza impugnata, decidendo sul punto, abbia motivato in tal modo: “Il funzionario responsabile del servizio tributi del comune appellato dichiarato,come previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 4, è stato designato a tale funzione con rituale delibera di giunta comunale, in tale provvedimento al funzionario sono stati conferiti le funzioni e i poteri per l’esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale dell’imposta ed in particolare in detta delibera è specificatamente detto che il predetto funzionario (h)a il potere di apporre il insto di esecutività sui ruoli.”. Tanto comporta la necessità del riesame da parte di una diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte che, esaminati gli atti, verificherà l’esistenza processuale di tale delibera decidendo di conseguenza, posto che il giudice dell’appello sembra non solo dare atto dell’esistenza di tale delibera, ma altresì aver esaminato il suo contenuto ritenendolo del tutto conforme al disposto della norma di legge (D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11).

Con il secondo motivo d’appello il ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione della D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 12, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, con vizi della motivazione (art. 360 c.p.c., n. 3) per avere l’impugnata sentenza ritenuta tempestiva l’iscrizione a ruolo e non verificata l’eccepita decadenza.

Tale censura è inammissibile per carenza di autosufficienza.

Questa Corte ha costantemente affermato (Cass. n. 15952/2007) “Il ricorso per Cassazione – per il principio di autosufficienza – deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito. Pertanto il ricorrente che denuncia l’omessa o erronea valutazione delle risultanze istruttorie ha l’onere di indicarne specificamente il contenuto. Ed ancora (Cass. n. 6542/2004). “Qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa”.

Nel caso di specie il ricorrente, in violazione dei principi sopra enunciati, non ha riportato testualmente gli atti processuali (in particolare l’atto impugnato, le controdeduzioni di costituzione in giudizio del comune e l’atto di appello) dai quali si dovrebbe ricavare quanto dallo stesso sostenuto e non ha così messo in grado questa Corte di svolgere il compito istituzionale che le è proprio, ovvero il controllo di legalità.

Tale motivo del ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il secondo motivo del ricorso;

rigetta la prima parte del primo motivo; accoglie la seconda parte del primo motivo ed, in questi limiti, cassa l’impugnata sentenza, con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria del Piemonte che provvederà anche sulle spese.

Così deciso in Roma, il 13 maggio 2010 e il 26 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010

 

 

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