Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15560 del 08/07/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 15560 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: BIANCHINI BRUNO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. r.g. 11111/12 proposto da:

Maria Velina TAGLIERI ( c.f.: TGL MVL 24C68 G142H)
anche quale erede di Maddalena TAGLIERI
rappresentata e difesa dall’avv. Filippo De Giovanni ; con domicilio eletto presso lo
studio del predetto in Roma, piazza Delle Iris n.18 , giusta procura a margine del
ricorso
-Ricorrente –

contro

– S Mario COLAVITA ( c.f.: CLV MRA 47L06 H501X);
– Elio COLAVITA ( c.f.: CLV LEI 50E11 H501T)
entrambi rappresentati e difesi dall’avv. Annalisa Giannetti, in unione all’avv. Riccardo
Chilosi; con domicilio eletto in Roma, via Giuseppe Mangili n. 36/a, come da procura a
margine del controricorso
– Controricorrenti —

nonché nei confronti di

A .-~1,,w4-s/1″—

Data pubblicazione: 08/07/2014

Anna BENELLI ved. TAGLIERI; David TAGLIERI; Elena TAGLIERI,
tutti coeredi di Pio TAGLIERI
Parti intimate-

contro la sentenza n. 447/2012 della Corte di Appello di Roma; pubblicata il 25

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 4 giugno 2014 dal
Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

Udito l’avv. Filippo De Giovanni per la ricorrente, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

Udito l’avv. Annalisa Giannetti per i controricorrenti, che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Maurizio Velardi che ha concluso per l’accoglimento del 10 motivo ed assorbiti gli altri.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1

Pio ; Maddalena e Maria Velina Taglieri convennero innanzi al Tribunale di Roma

Mario ed Elio Colavita esponendo di essere comproprietari di un immobile a civile
abitazione con ingresso dalla via privata , comune ai convenuti, larga 2,40 da sempre
utilizzata per il transito pedonale; che i predetti Colavita erano altresì comproprietari di
un’area destinata a giardino, delimitata, verso l’indicata via, da un muretto di confine, da
considerarsi comune anche alle parti attrici perché sul sedime della strada del pari in
comproprietà; che i convenuti, nei primi mesi del 1992 avevano demolito il muretto;
abbattuto gli alberi esistenti nel loro giardino e trasformato tutta l’area-giardino in un
parcheggio, previa sua asfaltatura: ciò avrebbe determinato l’inizio di un notevole
traffico veicolare, prima assente, con conseguente creazione di una servitù in danno
della proprietà delle parti attrici e comunque un illegittimo e peggiorativo mutamento di
destinazione della via. Su tali premesse chiesero che i Colavita fossero condannati al

A

mA2e24-er -s/—

gennaio 2012 e notificata il 9 marzo 2012.

ripristino dello stato dei luoghi, e che fosse inibito il traffico veicolare, oltre alla
condanna per risarcimento dei danni.

2 — I convenuti si costituirono contestando il fondamento delle domande dei Taglieri
con l’affermare che lo spazio una volta destinato a giardino, non aveva avuto solo quella

sottolinearono l’esistenza di un passo carrabile per accedervi e l’insistenza del muretto
demolito, su area di proprietà esclusiva, nonché il fatto che, attraverso i vari trapassi
immobiliari, sarebbe risultato che erano titolari del 90% della strada privata, residuando
solo il 10% di proprietà in capo ai Taglieri; svolsero domande riconvenzionali di
ripristino dello stato dei luoghi, immutato da diverse iniziative delle parti attrici.

3 — Il Tribunale di Roma accolse la domanda dei Taglieri, ritenendo l’abusività
urbanistica della trasformazione del giardino in parcheggi= ne ordinò il ripristino allo
stato anteatto, secondo le modalità indicate nell’espletata CTU, condannò inoltre i
Colavita al risarcimento dei danni da liquidarsi in separato giudizio; dichiarò altresì che
l’intera superficie della strada privata era di proprietà comune.

4 — Tale decisione venne impugnata dai Colavita; Maria Velina e Maddalena Taglieri si
costituirono, contrastando l’impugnazione; gli eredi di Pio Taglieri — la moglie Anna
Benelli e i figli Elena e David- rimasero contumaci ; la Corte di Appello di Roma,
pronunziando sentenza n. 447/2012, accolse il gravame dei predetti Colavita e,
riformando la gravata decisione, respinse le domande a suo tempo proposte dalle parti
appellate, assumendo: che le prove acquisite in primo grado non avrebbero dimostrato
che l’area poi trasformata in parcheggio — con conseguente modifica del traffico
veicolare- non sarebbe in origine stata destinata a giardino; che le norme tecniche di
attuazione della variante al PRG approvata dalla Regione Lazio nel 1992 avevano
consentito la realizzazione di parcheggi a raso su tutte le aree libere non ancora
utilizzate in conformità alla destinazione loro impressa dal PRG a verde; in ogni caso in
corso di causa — giugno 2003, era stata accolta la domanda di sanatoria ; che il muro di

destinazione essendo stato in passato utilizzato anche a deposito e parcheggio;

recinzione insisteva nella proprietà esclusiva dei Carovita; che sarebbe altresì mancata la
prova che le opere realizzate dai medesimi Colavita sull’area di proprietà, avessero
comportato la lamentata illegittima limitazione dell’uso della via.

5 — Tale decisione ha formato oggetto di ricorso per cassazione, da parte di Maria

valere dieci motivi di annullamento illustrati da successiva memoria; i Colavita hanno
risposto con controricorso; le altre parti non hanno svolto difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE
I — Con il primo motivo si denunzia la nullità dell’intero procedimento di secondo
grado e della sentenza terminativa dello stesso a causa della invalidità della notifica
dell’impugnazione, effettuata ai coeredi di Pio Taglieri presso il loro domicilio effettivo
e non già presso l’ avv. Filippo De Giovanni,procuratore delle altre parti Taglieri già
costituite, non considerando dunque che i primi avevano eletto domicilio presso il detto
procuratore in sede di notifica della sentenza del Tribunale e che si verteva in un’ipotesi
di litisconsorzio necessario.
I.a — Il motivo non può trovare accoglimento.

La.l. — Risulta dalla verifica degli atti — consentita in relazione alla natura del vizio
denunziato- che la sentenza del Tribunale fu notificata su richiesta di Maria Velina e
Maddalena Taglieri — già difese dall’avv. Filippo De Giovanni e presso lo stesso
domiciliate in Roma, piazza Delle Iris n.18/5 — nonché di Anna Benelli; Anna e David
Taglieri, eredi di Ivo Taglieri, deceduto: in occasione della notifica detti successori
elessero domicilio presso l’avv. De Giovanni, senza conferirgli mandato difensivo;
l’appello dei Colavita fu notificato a Maria Velina ed a Maddalena Taglieri presso lo
stesso procuratore, mentre per gli eredi di Pio Taglieri la notifica fu effettuata presso la
residenza dei medesimi in Roma, via Della Caffarelletta n.50; dal momento che era
evidente il collegamento che, per il tramite dell’elezione di domicilio — pur non
accompagnata dal conferimento del mandato professionale — si era costituito tra tutte le

Velina Taglieri, anche nella sua qualità di erede della sorella Maddalena; che ha fatto

parti Taglieri e l’avv. De Giovanni; considerato che la notifica dell’appello (per le parti
che avevano in precedenza conferito procura) al domiciliatario faceva comunque
sorgere per lo stesso l’obbligo di dar notizia a tutti soggetti che presso lo stesso
avevano eletto domicilio, dell’esistenza di un atto verso i medesimi rivolto; tenuto infine

sede di notifica della sentenza, avevano altresì avuto la conoscenza reale del gravame,
per il tramite della notifica presso la loro residenza effettiva, può dirsi realizzato il loro
diritto , da un lato, di aver piena contezza degli aspetti tecnici dell’impugnazione,
dall’altro di valutare se affidare al domiciliatario — che era anche procuratore e difensore
delle altre parti, consorti in lite- o a terzo difensore, il successivo proprio patrocinio.
II — Con i motivi da due a sette la ricorrente sottopone a censura, sotto diversi
profili, la ritenuta mancata dimostrazione che il muro a delimitazione dello spazio a
verde dei contro ricorrenti, dovesse essere considerato comune anche ad essa esponente
( nonché anche agli altri collaterali — zia e cugini-): con il secondo motivo si assume
l’esistenza del vizio di ultrapetizione per aver , la Corte di Appello, deciso su una
domanda di accertamento della proprietà esclusiva, avanzata per la prima volta in sede
di impugnazione da parte dei Colavita: la censura è infondata — oltre che inammissibile
per difetto di autosufficienza, non essendosi riportato il contenuto dell’appello
avversario- in quanto la Corte distrettuale non ha accolto una domanda di revindica del
Colavita bensì, sulla scorta delle emergenze di causa, ha riscontrato l’infondatezza della
pretesa sul punto dei Taglieri; strutturando la difesa oppositiva dei Colavita come mera
eccezione — che lasciava intatto l’onere della prova del contrario assunto delle parti
attrici, risulta altresì infondato il terzo motivo — con il quale si sostiene che , essendo
stata respinta la domanda di accertamento della proprietà esclusiva svolta in prime cure
dagli allora convenuti, la stessa avrebbe dovuto essere riproposta in grado di appello a’
sensi dell’art. 346 cpc- in disparte la logica contraddittorietà con il mezzo che precede
(che presupponeva mai avanzata una siffatta richiesta di accertamento); inammissibile

– 5 –

conto che coloro che avevano eletto domicilio presso il difensore delle altre parti in

perché non conforme alla dinamica delle difese dei Colavita appare il quarto motivo
con il quale si assume la erroneità dell’accoglimento della domanda di revindica dei
Colavita – come visto, mai avanzata — alla luce della ripartizione dell’onere della prova
incombente sull’attore in revindica; inammissibile è il quinto motivo , con il quale si

emersa la proprietà esclusiva del muro: ciò in quanto il richiamo all’elaborato
dell’ausiliare, in tanto poteva formare oggetto di censura, in quanto si fosse riportato il
contenuto completo della relazione e si fosse dimostrata la sua inidoneità ad esser
richiamata a regolazione dell’adottata pronunzia, a ciò non essendo sufficiente la
indicazione dei quesiti posti al consulente , posto che, come ricordato in sentenza ( v.
fol 11, primo paragrafo) il CTU aveva qualificato il manufatto “a confine” ; infondato è
il sesto motivo ( così numerato due volte: v. foll 18 e 20 del ricorso) con il quale si
denunzia la contraddittorietà della motivazione in cui sarebbe incorsa la Corte di
Appello, dapprima rigettando la richiesta dei Colavita di effettuazione della CTU per
dimostrare la proprietà esclusiva del muro in questione ( sulla base del rilievo che la
consulenza non poteva esonerare parte deducente dall’onere di provare i propri
assunti) per poi accogliere la stessa domanda: in contrario va messo in rilievo che la
sussistenza di un valido motivo per disattendere la domanda dei Taglieri — come sopra
ritenuto- rendeva ininfluente la,eventualmente riscontrabile, scarsa logicità di diversa
argomentazione ; inammissibile è il settimo motivo con il quale la ricorrente denunzia la
violazione dell’art. 880 cod. civ. per non aver , la Corte romana, applicato la
presunzione di comunione del muro, ritenuto divisorio: la questione invero non fu mai
posta in tali termini e comunque le parti allora attrici sarebbero state carenti di interesse
a farla valere, atteso che esse non miravano a ripristinare la funzione divisoria del
manufatto bensì a impedire, con la sua ricostruzione, il nuovo utilizzo del fondo di
proprietà esclusiva dei Colavita; in disparte la non applicabilità alla fattispecie della

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6

censura una deficiente esposizione in sentenza dei passi della CTU dai quali sarebbe

norma in scrutinio, per non omogeneità dei fondi separati dal manufatto( vedi sul
punto: Cass. Sez.II n. 14609/2007)
III — Con l’ottavo motivo viene denunziata l’insufficiente motivazione in merito
all’esclusione della destinazione originaria a giardino dell’area di proprietà esclusiva dei

caso di impossibilità di ricostruire l’ iter argomentativo giudiziale seguito per giungere a
certe conclusioni : nella fattispecie la stessa ricorrente contesta la non concludenza del
riferimento alle risultanze catastali, e quindi identifica perfettamente la fonte del
convincimento giudiziale; parte ricorrente , per altro verso, è carente di interesse nel far
emergere l’originaria destinazione ortiva del lotto, non solo per la sopravvenuta
regolarizzazione amministrativa, in virtù di sanatoria, del mutamento di destinazione,
quanto soprattutto perché la lesione al proprio diritto che essa lamentava era quella di
un uso non consentito della strada comune , rispetto al quale la destinazione a
parcheggio costituiva la ragione economica e fattuale del lamentato maggior utilizzo ma
sfuggiva , in quanto tale, al potere di sindacato della ricorrente, svolgendosi, detto
nuovo utilizzo, interamente sul fondo di proprietà esclusiva dei controricorrenti ( sul
punto peraltro vedi quanto infra argomentato in relazione al decimo motivo).
IV — Con il nono motivo si assume che la Corte di Appello, senza che ve ne fosse
domanda o impugnazione, avesse riformato anche il capo di decisione relativo alla
condanna dei Colavita al risarcimento del danno ( da liquidarsi in separato giudizio): il
mezzo è innanzi tutto inammissibile per difetto di autosufficienza per non aver
riportato le conclusioni dei Colavita in appello; sarebbe poi in ogni caso infondato
perché venendo meno il presupposto della condotta contra jus addebitata al vicino, ne
conseguiva il venir meno della giustificazione al risarcimento del danno
V — Con il decimo motivo parte ricorrente censura di insufficienza argomentativa la
motivazione posta dalla Corte romana alla base del rigetto della domanda, secondo cui
non sarebbe stato dimostrato che le opere eseguite dai Colavita nella proprietà esclusiva

Caravita: il motivo è infondato perché l’insufficienza della motivazione ricorre solo in

I

— essenzialmente: la demolizione del muretto a confine con la via privata e la
trasformazione dello spazio a verde in un posteggio- avessero determinato una
limitazione dell’uso della via privata o, anche, un utilizzo da cui sarebbe potuto
emergere un pregiudizio per la stessa attuale ricorrente.

territoriale sarebbe pervenuta isolando la valenza significativa delle immutazioni
compiute sulla proprietà esclusiva dai Colavita dall’aumento di traffico e dal mutamento
di utilizzo della strada, mentre tutte le emergenze istruttorie avrebbero condotto a
ritenere una stretta relazione causale tra i due fatti.

V.a.1 — Il motivo non è fondato perché la Corte romana non ha condotto una
siffatta operazione interpretativa ma, con motivazione congrua, ha affermato che , in sé,
nella nuova situazione venutasi a creare a seguito delle legittime attività dei Colavita,
non sarebbe emerso il lamentato pregiudizio: dunque incidendo non sulla causalità tra
condotta immutativa della proprietà esclusiva ed evento lamentato — relativo al diverso
uso della strada comune-, quanto piuttosto sulla sussistenza di quest’ultimo: del tutto
inammissibile inoltre appare la riproposizione delle richieste istruttorie dirette a
dimostrare la sussistenza di effetti modificativi, in pejus, della condizione personale della
ricorrente — sempre dipendente all’uso della strada che si assumeva modificato- , atteso
che era rimesso al giudizio di merito, non ripetibile in quanto tale in questa sede , il
decidere l’entità del nuovo uso della strada privata in relazione alla lamentata violazione
del pari uso da parte dei comproprietari. Infondato infine è l’assunto secondo il quale
l’utilizzo della strada, aumentato per effetto della destinazione del piccolo posteggio al
termine della stessa, determinasse un danno in re ipsa .

VI. Il rigetta del ricorso comporta la condanna al pagamento delle spese nella
misura indicata in dispositivo

P.Q.M.
La Corte

V.a — Sostiene in proposito la ricorrente che a tale risultato interpretativo la Corte

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in
euro 3.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma il 3’giugno 2014, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile
della Corte di Cassazione.

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