Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1556 del 26/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 26/01/2021, (ud. 22/10/2020, dep. 26/01/2021), n.1556

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 8253/2020 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te

domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

Acea S.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., in qualità di

mandataria di Acea Ambiente s.r.l., incorporante Kyklos S.r.l.,

rapp.to e difeso dall’avv. Michele Maranò, presso il cui indirizzo

PEC elett.te domicilia, come da procura in calce al controricorso,

domiciliata in Roma, p.zza Cavour, presso la Cancelleria della Corte

si Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4862/19/19 della Commissione Tributaria

Regionale del Lazio, sez. distaccata di Latina, depositata in data

16/8/2019, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22

ottobre 2020 dalla Dott.ssa Milena d’Oriano;

udito per la ricorrente l’avv. Chiappiniello Giovanni che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per la controricorrente l’avv. Maranò Michele che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Giacalone Giovanni che ha concluso per l’accoglimento.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 4862/19/19, depositata il 16 agosto 2019, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sez. distaccata di Latina, accoglieva l’appello proposto dalla società contribuente avverso la sentenza n. 469/5/18 della Commissione Tributaria Provinciale di Latina, con compensazione delle spese di lite.

Il giudice di appello, in riforma della decisione di primo grado, concludeva per l’accoglimento del gravame rilevando:

a) che il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento, notificato in data 12-5-17, con cui era stato disposto il recupero dell’indebita detrazione IVA relativa ad un contratto di leasing per un bene strumentale andato distrutto, ma per il quale la società aveva continuato a pagare i canoni sino al risarcimento del danno da parte della compagnia di assicurazione;

b) che la Commissione di primo grado aveva rigettato il ricorso senza pronunciarsi, tra l’altro, sul vizio di sottoscrizione dell’atto firmato digitalmente;

c) che tale eccezione era da ritenersi fondata, con assorbimento degli ulteriori motivi, in quanto l’apposizione di una firma digitale ad un avviso di accertamento notificato con modalità cartacea prima del 27-1-2018 era causa di nullità dell’atto per difetto di sottoscrizione.

2. Avverso la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, notificato a mezzo PEC il 24 febbraio 2020, affidato ad un unico motivo, e depositato memoria ex art. 378 c.p.c.; il contribuente ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con unico motivo l’Agenzia censura la sentenza impugnata denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 3, e art. 60, e dell’art. 2 e ss. CAD, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rilevando che le norme del Codice dell’Amministrazione Digitale vanno ritenute applicabili anche alle funzioni istituzionali di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, applicabilità esclusa, ai sensi dell’art. 2 suddetto codice, comma 6, come modificato, a decorrere dal 14 settembre 2016, dal D.Lgs. n. 179 del 2016, art. 2, comma 1, lett. c), solo per le “attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale”, da intendersi per quelle attività di controllo fiscale svolte dall’Agenzia e dalla Guardia di Finanza rappresentata dagli accessi, ispezioni e verifiche sulla cui base vengono emessi gli avvisi di accertamento, e che la notifica di un documento formato digitalmente con modalità diverse dalla PEC non solo non è vietato ma anzè previsto dall’art. 23 CAD.

2. Preliminarmente va rigettata l’eccezione di inammissibilità del motivo, per carenza di autosufficienza, formulata in controricorso, avendo l’Agenzia riprodotto il contenuto dell’atto da cui si evince la sottoscrizione a mezzo firma digitale ad opera del funzionario delegato, e risultando la circostanza della presenza della sola firma digitale nell’atto notificato non solo non contestata, ma addirittura posta dalla stessa contribuente a fondamento dell’eccezione accolta dalla sentenza impugnata.

Ai fini della materia del contendere, e quindi della verifica di autosufficienza del motivo di ricorso, non assume pertanto alcuna rilevanza la circostanza della presenza o meno di una ulteriore firma autografa nella minuta dell’atto prodotta dall’Agenzia.

3. L’unico motivo di ricorso è meritevole di accoglimento.

3.1 Questione controversa è la legittimità degli atti impositivi emessi dall’Agenzia delle Entrate in formato elettronico, e sottoscritti con firma digitale, nel periodo di vigenza del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 2, comma 6 (cd CAD – Codice dell’Amministrazione digitale), come modificato dal D.Lgs. n. 179 del 2016, art. 2, comma 1, lett. c), entrato in vigore a decorrere dal 14 settembre 2016, sino alle ulteriori modifiche apportate allo stesso art. 2, comma 6, con l’aggiunta altresì del comma 6-bis, ad opera del D.Lgs. n. 217 del 2017, art. 2, lett. d) ed e), entrato in vigore dal 27 gennaio 2018.

Dalla ritenuta inapplicabilità del CAD, e quindi delle disposizioni in tema di firma digitale, la sentenza gravata ha fatto derivare la nullità dell’avviso di accertamento sottoscritto digitalmente per difetto di sottoscrizione.

3.2 Si pone, ai fini del decidere, la questione interpretativa dell’art. 2 CAD, comma 6, prima parte, nel testo vigente nel periodo dal 14 settembre 2016 al 26 gennaio 2018, secondo cui: “Le disposizioni del presente Codice non si applicano limitatamente all’esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, di ordine e sicurezza pubblica, difesa e sicurezza nazionale, polizia giudiziaria e polizia economico-finanziaria e consultazioni elettorali”

L’Agenzia ricorrente ritiene che nella limitazione di cui alla suindicata disposizione non vadano inclusi gli avvisi di accertamento che pertanto, a decorrere dal 14 settembre 2016, sarebbero stati legittimamente emessi con la forma del documento informatico e sottoscritti con firma digitale.

Va premesso che la normativa in tema di digitalizzazione della pubblica amministrazione, anche in conseguenza degli obblighi di adeguamento al Regolamento comunitario noto con l’acronimo e-IDAS, entrato in. vigore direttamente in tutti gli Stati Membri UE, senza necessità di atti di recepimento, il 17 settembre 2014, e divenuto applicabile a decorrere dal 1 luglio 2016, impone ormai come regola generale l’adozione dei documenti informatici, residuando ad eccezione il mantenimento dei documenti analogici.

Ai sensi dell’art. 40 CAD, le pubbliche amministrazioni formano gli originali dei. propri documenti con mezzi informatici secondo le regole tecniche fissate dal D.P.C.M. 13 novembre 2014.

Posto che la regola generale è divenuta il ricorso ai documenti informatici, e le limitazioni l’eccezione, l’interpretazione dell’art. 2 CAD, comma 6, ratione temporis vigente, proposta dall’Agenzia delle Entrate merita di essere condivisa sulla base di una serie di valutazioni ermeneutiche sia di tipo letterale che sistematico.

Rileva, innanzitutto, sul piano terminologico che gli atti impositivi non rientrano tra gli atti emessi “nell’esercizio” delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, a cui sono certamente riconducibili gli atti adottati in occasione di indagini e verifiche ispettive propedeutiche all’esercizio del potere di accertamento e di irrogazione di sanzioni, bensì tra gli atti eventualmente emessi “all’esito” delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, attività che potrebbero anche concludersi con un esito favorevole per il contribuente, e quindi senza l’emissione di un atto impositivo.

La distinzione tra l’attività accertativa e quella preliminare di verifica e controllo risulta poi immanente nella normativa fiscale vigente.

In tema di imposte dirette, la definizione in termini distintivi è presente già nella rubrica del titolo quarto del D.P.R. n. 600 del 1973, denominato “Accertamento e controllo”; le attività di controllo sono autonomamente regolate agli artt. 32 e 33 stesso decreto, si realizzano attraverso accessi, ispezioni e verifiche, inviti a comparire e richieste di documentazione che richiedono una diretta interlocuzione con il contribuente, prevedono la cooperazione della Guardia di Finanza nonchè di qualsiasi altro soggetto pubblico incaricato istituzionalmente di svolgere attività ispettive o di vigilanza.

Prerogativa esclusiva dell’Amministrazione finanziaria è invece l’adozione degli atti impositivi, di cui agli artt. 36-bis, 36-ter, 38, 39 ecc., che hanno ad oggetto la liquidazione delle imposte o delle maggiori imposte e delle eventuali sanzioni.

Anche il D.P.R. n. 633 del 1972, in tema di IVA, regola separatamente all’art. 52 gli accessi, ispezioni e verifiche ed all’art. 54 e ss le rettifiche e gli accertamenti.

Lo Statuto del contribuente, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, all’art. 12, comma 7, conferma la distinzione delle due attività imponendo, a pena di illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, l’osservanza di un termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al soggetto nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni.

3.3 Correttamente la ratio dell’esclusione degli atti propedeutici all’esercizio del potere di accertamento è stata rinvenuta nel fatto che nell’ambito di tali attività di verifica si impone la partecipazione del contribuente che potrebbe non essere munito di firma digitale, sicchè l’applicazione del CAD determinerebbe un aggravio dei suoi diritti di difesa ed un ostacolo al rapporto di collaborazione che dovrebbe sempre ispirare tali incombenti.

Non da ultimo va evidenziato che l’interpretazione contraria proposta dalla CTR si porrebbe in disarmonia con la volontà del legislatore come manifestata negli interventi normativi successivi. La modifica apportata al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, ad opera del D.L. n. 193 del 2016, art. 7-quater, comma 6, con l’inserimento del comma 6 che ha introdotto la possibilità della notifica a mezzo PEC degli avvisi di accertamento, tende ad una implementazione dell’utilizzo dei documenti informatici.

L’art. 2 CAD, comma 6-bis, aggiunto dal D.Lgs. n. 217 del 2017, art. 2, lett. e), ne sancisce espressamente l’applicabilità “agli atti di liquidazione, rettifica, accertamento e di irrogazione delle sanzioni di natura tributaria” e rimette ad un successivo decreto l’adozione delle modalità e dei termini per l’applicazione anche alle “attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale”.

Seppure non si voglia attribuire a tale ultima disposizione la natura di norma di interpretazione autentica con portata retroattiva, è indubbio che da essa non può che trarne conferma l’impostazione esegetica che distingue l’attività di accertamento da quella di controllo fiscale.

4. Alla ritenuta applicabilità del CAD consegue la legittimità della notifica di una copia analogica conforme ad un documento informatico.

4.1 Ai sensi dell’art. 23 CAD “Le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”.

Nella specie risulta incontestato, e comunque provato, che l’atto impositivo notificato in copia cartacea presentava l’attestazione di conformità all’originale e tanto è sufficiente a dimostrare l’avvenuta sottoscrizione dell’atto ed a conferirgli un valore probatorio equiparato all’originale informatico (in tema di sentenze sottoscritte digitalmente vedi Cass. n. 15074 del 2017).

Non sussistendo alcun indispensabile o necessario collegamento tra documento informatico e notifica a mezzo PEC, nulla impedisce che una copia analogica di un documento informatico conforme all’originale venga notificata secondo le regole ordinarie della notifica a mezzo posta.

Si ricorda che la possibilità di una notifica a mezzo PEC per gli atti impositivi è stata introdotta solo a decorrere dall’1. luglio 2017, a seguito dell’aggiunta al D.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 60, comma 6, ad opera del D.L. n. 193 del 2016, art. 7-quater, comma 6; l’Agenzia ricorrente, non potendo utilizzare la notifica a mezzo PEC prima di tale data, ha correttamente proceduto alla notifica ordinaria di una copia analogica dell’atto informatico, munita della prescritta attestazione di conformità.

4.2 Si aggiunga che risulta agli atti che l’atto sia comunque giunto della sfera di conoscibilità del destinatario: trova pertanto applicazione il principio consolidato secondo cui, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 3, ove l’atto, malgrado l’irritualità della notifica, sia venuto a conoscenza del destinatario, la nullità non può essere dichiarata per il raggiungimento dello scopo. (Vedi tra le tante Cass. SU n. 7665 del 2016; n. 27561 e n. 24568 del 2018)

5. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla C.T.R. del Lazio, sez. distaccata di Latina, in diversa composizione, che procederà all’esame degli ulteriori motivi di ricorso, ed anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, rinvia per l’ulteriore esame, e anche per le spese, alla C.T.R del Lazio, sez. distaccata di Latina, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2021

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