Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1556 del 23/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 23/01/2020, (ud. 17/01/2019, dep. 23/01/2020), n.1556

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11447-2017 proposto da:

TRENITALIA S.P.A., (già FERROVIE DELLO STATO – SOCIETA’ DI TRASPORTI

E SERVIZI P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C MONTEVERDI 16,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CONSOLO, che la rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

S.S., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato LORENZO FRANCESCHINIS;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 211611/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 13/12/2016 R.G.N. 1351/2013.

Fatto

RILEVATO

che la Corte territoriale di Milano, con sentenza depositata in data 13.12.2016, accogliendo l’appello interposto da S.S., nei confronti di Trenitalia S.p.A., avverso la pronunzia del Tribunale della stessa sede n. 907/2013, ha accertato il diritto del dipendente all’inquadramento nell’Area Quadri Livello A) a far data dall’1.12.2011 ed ha condannato la società datrice al pagamento, in favore del primo, delle relative differenze retributive, oltre accessori, dalle singole scadenze al saldo;

che la Corte di merito ha osservato, per quanto ancora in questa sede rileva, che la reiterata assegnazione a mansioni superiori infratrimestrale non continuativa integra un illegittimo frazionamento del periodo di esercizio di tali mansioni, risultando per tabulas che tale assegnazione, frazionata, ma sistematica, “ed in assenza di una qualsivoglia allegazione da parte della società in ordine ad una ragionevole causa che l’avrebbe determinata, induce all’applicazione dell’art. 2103 c.c. testo previgente, ben potendosi ravvisare, se non un vero e proprio intento fraudolento del datore di lavoro di impedire la maturazione del diritto alla promozione automatica, comunque, una programmazione iniziale della molteplicità degli incarichi ed una predeterminazione utilitaristica di siffatto comportamento”;

che per la cassazione della sentenza ricorre Trenitalia S.p.A. articolando un motivo, cui resiste S.S. con controricorso;

che sono state depositate memorie nell’interesse del lavoratore; che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso, si deduce, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c. in relazione all’art. 2697 c.c., censurandosi, nella sostanza, il fatto che i giudici di merito avrebbero omesso di considerare che, a fronte della specifica contestazione della esistenza di una preordinata assegnazione a ripetute sostituzioni infratrimestrali, il dipendente era onerato della prova della volontà datoriale di impedire, attraverso una sistematica interruzione, il raggiungimento dei tre mesi di esercizio delle mansioni superiori; e ciò, in violazione dell’art. 2697 c.c.;

che il motivo non è fondato: ed invero, deve premettersi che i giudici di Appello, attraverso un percorso motivazionale condivisibile sotto il profilo logico-giuridico, sono pervenuti alla decisione oggetto del giudizio di legittimità, dopo aver analiticamente vagliato le risultanze istruttorie ed uniformandosi ai consolidati arresti giurisprudenziali di questa Corte, alla stregua dei quali il procedimento logico-giuridico che determina il corretto inquadramento di un lavoratore subordinato si compone, appunto, di tre fasi (cfr., ex plurlmis, Cass. nn. 9414/2018; 17163/2016): l’accertamento in fatto dell’attività lavorativa svolta in concreto; l’individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal CCNL di categoria; il raffronto dei risultati delle suddette fasi; deve, poi, sottolinearsi, che la sentenza oggetto del presente giudizio è del tutto in linea con gli ormai consolidati arresti giurisprudenziali di legittimità – pienamente condivisi da questo Collegio, non sussistendo ragioni per disattendere i medesimi (cfr., ex multis, Cass., nn. 27129/2018; 9303/2016; 17511/2015; 17870/2014; 1023/1995) -, le cui motivazioni si richiamano, ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.;

che, alla stregua di tali arresti, va ribadito che, perchè possa ravvisarsi “la sistematicità e la frequenza di reiterate assegnazioni di un lavoratore allo svolgimento di mansioni superiori il cui cumulo sia utile all’acquisizione del diritto alla promozione automatica in forza dell’art. 2103 c.c.”, occorre, almeno, una programmazione iniziale della molteplicità degli incarichi ed una predeterminazione utilitaristica di siffatto comportamento; tali elementi possono evincersi da circostanze obiettive ed in particolare, “oltre alla frequenza e sistematicità delle assegnazioni, la rispondenza delle stesse ad una esigenza strutturale del datore di lavoro, tale da rivelare la utilità per la organizzazione aziendale della professionalità superiore”;

che, nel caso di specie, i giudici di secondo grado hanno osservato che i documenti relativi al conferimento delle assegnazioni di cui si tratta fossero da ritenere idonei a provare le circostanze dedotte dal lavoratore, ed altresì significativi nel senso di avvalorare il conferimento di mansioni superiori con particolare frequenza e sistematicità, per fare fronte ad una esigenza strutturale del datore di lavoro;

che, infine, non si rileva alcuna violazione dell’art. 2697 c.c., poichè i giudici di seconda istanza hanno motivatamente ritenuto acquisita la prova positiva dei presupposti di diritto alla c.d. promozione automatica;

che, per tutto quanto innanzi esposto, il ricorso va rigettato;

che le spese – liquidate come in dispositivo e da distrarre, ai sensi dell’art. 93 c.p.c., in favore del difensore dello S., avv. Lorenzo Franceschinis, dichiaratosi antistatario – seguono la soccombenza;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, da distrarsi. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1.-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 17 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2020

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