Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15558 del 30/06/2010
Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 13/05/2010, dep. 30/06/2010), n.15558
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –
Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –
Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –
Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
LA TORRE DI BASSANO SRL , in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CARLO MIRABELLO 26,
presso lo studio dell’avvocato IANNUCCILLI PASQUALE, che lo
rappresenta e difende giusta delega a margine;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI TORRE DEL GRECO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 155/2005 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,
depositata il 20/09/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
13/05/2010 dal Consigliere Dott. MARIAIDA PERSICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Torre di Bassano s.r.l. propose ricorso avverso l’avviso di liquidazione e di irrogazione di sanzioni con il quale il Comune di Torre del Greco, relativamente all’anno 2000, richiedeva l’imposta ICI con riferimento ad immobili della società, chiedendone l’annullamento o, in subordine, la compensazione con l’eccedenza d’imposta dell’anno precedente; eccepiva inoltre l’illegittimità dell’avviso di liquidazione dovendo il Comune emettere avviso di accertamento.
La Commissione Tributaria Provinciale dichiarava inammissibile il ricorso in quanto la copia autentica era stata spedita e non depositata presso la sua segreteria.
La relativa sentenza veniva impugnata dalla contribuente che, richiamata la sentenza della Corte Costituzionale n. 520 del 2002, chiedeva la remissione al primo giudice. Il Comune resisteva sottolineando di essersi attenuto alla denuncia ICI effettuata dalla società ed ai dati catastali.
La Commissione tributaria regionale, con la sentenza indicata in epigrafe, pronunciando nel merito, rigettava l’appello.
Contro tale sentenza ricorre con duplice motivo il contribuente;
l’intimato non resiste.
Diritto
MOTIVAZIONE
La contribuente, con il primo motivo, ha dedotto la violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, della L. n. 212 del 2000, art. 7, del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, con vizi della motivazione (art. 360 c.p.c., n. 3 e 5) per non avere l’impugnata sentenza nulla dedotto sia in ordine alla necessità della notifica di un avviso di accertamento, in luogo di quello di liquidazione, sia in relazione alla carenza di motivazione dell’avviso di liquidazione.
Con il secondo motivo ha censurato l’impugnata sentenza perchè, in violazione dell’art. 2697 c.c., dell’art. 115 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1 e 7 e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, con omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, non ha rilevato che il Comune non ha mai provato gli elementi posti a fondamento dei ritenuti maggiori valori imponibili, nonostante il fatto che gli stessi fossero contestati dalla contribuente sulla scorta degli elementi da lei stessa forniti (dichiarazione ICI e visure catastali).
Appare opportuno in via logica, oltre che per motivi di per economia processuale, esaminare il secondo motivo del ricorso.
La relativa doglianza è fondata con riferimento ad un vizio della motivazione che appare anche più grave rispetto alla censura svolta risolvendosi in un vizio di violazione di legge. La sentenza impugnata, invero,con motivazione meramente apparente testualmente afferma: “In relazione a tale esame (del merito della controversia), verificati i motivi di doglianza della società e le note difensive dell’ente, ritiene che le doglianze della società sono da rigettare in quanto il comune di Torre del Greco nel procedere alla determinazione dell’ICI si è attenuto alla denuncia effettuata dallo stesso dichiarante ed ai rilievi catastali, relativi agli immobili oggetto dell’imposta”. Tale stringata motivazione, totalmente scollegata dalla contestazione effettuata dalla contribuente proprio con riferimento ai dati assunti, deve essere ritenuta carente in coerenza con il consolidato orientamento di questa Corte che ha affermato (Cass. n. 8771 del 2009 in motiv.ne): “Si ha motivazione omessa o apparente quando il giudice di merito omette di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (v. tra le altre Cass. n. 6762 del 2006); più in particolare, si sottrae all’obbligo della motivazione, o vi fa fronte in modo del tutto apparente, il giudice di merito che apoditticamente neghi che sia stata data la prova di un fatto (o, evidentemente, come nella specie, affermi, al contrario, che tale prova sia stata fornita) omettendo un qualsiasi riferimento sia al mezzo di prova che ha avuto a specifico oggetto la circostanza in questione, sia al relativo risultato (v. tra le altre Cass. n. 987 del 1980)”.
Nel caso di specie la mera lettura della motivazione consente di cogliere che il giudice di merito ha proceduto ad affermazioni assiomatiche, senza dare alcun conto del percorso logico-giuridico seguito per giungere alle stesse, in particolare per affermare, nonostante le precise contestazioni della contribuente, come e perchè fosse possibili affermare che l’ente impositore si era attenuto alle dichiarazioni di parte ed ai dati catastali.
D’altra parte questa Suprema Corte, con orientamento consolidato e costante, ha affermato (Cass. n. 4891 del 2000; n. 13990 del 2003; n. 6883 del 2009; n. 868 del 2010) che anche nel processo tributario trova applicazione il principio costituzionale secondo cui “tutti i provvedimenti giurisdizionale devono essere motivati” (art. 111 Cost.) e che quindi sia la mancata esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, sia l’estrema concisione della motivazione in diritto determinano la nullità della sentenza, allorchè rendono impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni che stanno a fondamento del dispositivo.
Sulla base delle svolte argomentazioni, rimanendo assorbito il primo motivo di ricorso, l’impugnata decisione deve essere annullata e la relativa causa rinviata ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania, che, oltre ad eliminare il vizio rilevato, provvedere anche a regolare le spese del presente grado di giudizio.
PQM
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania.
Così deciso in Roma, il 13 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010